Dal self publishing a una casa editrice, la rivincita del romanzo rosa?
Si sa, i romanzi rosa incontrano poco riscontro presso la critica letteraria, eppure continuano a riscuotere molto successo presso un buon numero di lettrici e, talvolta, lettori.
È anche il caso di Naike Ror che ha iniziato a pubblicare i suoi romanzi grazie al self publishing per poi passare con Petali e spine a una casa editrice tradizionale, la Always Publishing, qui alla sua prima pubblicazione di un’autrice italiana.
Per Naike Ror il self publishing però non è stato un ripiego, ma una scelta consapevole che si è tradotta in un lavoro strutturato, come lei stessa ci ha dichiarato, parlando di sé, della sua scrittura e del romanzo rosa.
Prima di Petali e spine lei ha autopubblicato molti libri utilizzando soprattutto Amazon. Cos’è per lei il self publishing e cosa l’ha spinta questa volta a pubblicare con un editore?
Il self publishing è stata l’unica risposta (economica e di crescita) a quelle che erano le mie esigenze di pubblicazione. Ci tengo a precisare che per me il self non significa fare tutto da soli, ma comportarmi proprio come se fossi l’editrice di me stessa in ogni passaggio di lavorazione di un manoscritto. Attorno a Naike Ror gira un indotto di almeno tre professionisti del settore.
Per quanto riguarda la Always Publishing, è stata l’unica realtà editoriale con cui è stato possibile esprimere al massimo le mie libertà di scrittura. Una casa editrice che ha rispettato a pieno il romanzo, la sua veste e la sua promozione. E poi parliamo di una casa editrice che ha portato in Italia le mie scrittrici preferite quindi non potevo che accettare.
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Lei è italiana, eppure – come alcune sue colleghe e colleghi – ha optato per uno pseudonimo che fa pensare a un’autrice straniera. Quali sono le ragioni che l’hanno orientata verso questa scelta?
In realtà è stata una scelta “sonora” perché il mio nome e il mio cognome sono poco affascinanti da leggere su una copertina.
Per quanto riguarda il volersi nascondere dietro uno pseudonimo, non giudico chi lo fa, ognuno deve sentirsi libero di scrivere e pubblicare firmandosi come preferisce.
Petali e spine è un romanzo rosa, come larga parte della sua produzione. Perché questo genere letterario in Italia sembra accogliere poco i favori della critica mentre, in alcuni casi, incontra molto quelli dei lettori?
Secondo la mia opinione è una questione di patriarcato intrinseco che denigra, limita e giudica tutto quello che è di successo e prettamente femminile. Il genere rosa, romantico o di evasione occupa da anni le classifiche delle vendite, eppure ancora oggi si fa fatica a considerarlo degno di nota. Inoltre esiste anche una sorta di giudizio denigratorio sulle sue lettrici: se una donna legge rosa è una casalinga sentimentale, poco colta, se un uomo legge un thriller è una persona cerebrale e impegnata.
Una delle prime pagine del libro è una playlist. Qual è il suo rapporto con la musica? E quando scrive è solita tenerla in sottofondo?
Quando penso a cosa scrivere è fondamentale l’emozione che solo la musica può ispirare. Ho playlist in base a ogni situazione emozionale. Quando scrivo o revisiono necessito di silenzio assoluto.
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Se dovesse indicare una serie di scrittori e/o scrittrici che l’hanno maggiormente ispirata o influenzata quali sceglierebbe e perché?
Tiffany Reisz per l’uso che fa dello show don’t tell.
Daniel Pennac per la vena cinica e disincantata.
Wilbur Smith per l’uso magistrale degli aggettivi.
Qual è la sua routine di scrittura? Ha delle abitudini particolari, segue un rituale?
La mia routine di scrittura cerca di mantenere sempre la stessa costanza: scrivere è la mia principale occupazione quindi la tratto, al di là della spinta di ispirazione, come una professione con orari e tempistiche ben precise. Aggiungo che seguo uno dei consigli dettati da Stephen King; mai passare un giorno senza scrivere.
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Per la prima foto, copyright: Emmanuel Phaeton su Unsplash.
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