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Dal romanzo alla sceneggiatura: lezioni di Céline H. - II parte

Museo d'Orsay, ParigiCosì, come abbiamo concordato la volta precedente, mi dirigo verso il museo d'Orsay. Céline H. è già lì con un paio dei suoi allievi. Li scorgo dal lungosenna. Sono vicini al grande Rinoceronte, la scultura in ferro di Henri Alfred Jacquemart, posta in quella piazza quando il museo d'Orsay era ancora il capolinea del treno Parigi-Orleans.

Ci salutiamo e dopo poco mi accorgo che ci siamo tutti: la nuova lezione della sceneggiatrice Céline H. ha inizio.
Ciascuno legge agli altri il proprio esercizio, la propria storia e commenta il rispettivo grafico. Céline ascolta intenta i cinque racconti. Poi osserva con scrupolo i grafici, serra le labbra, non è convinta di come sono state disposte le tappe di Cristopher Vogler che ha illustrato nell'incontro precedente.

Allora, per approfondire il discorso delle 12 tappe, decide di passare per un'altra strada, quella che porta all'incontro con l'antagonista.

Céline H. ritorna sul modo di lavorare di Émile Zola e, guardando la scultura del Rinoceronte, commenta:
“Il temperamento di un rinoceronte non è necessariamente un rinoceronte. I manuali di sceneggiatura di solito parlano di 'personaggio', o meglio della costruzione o creazione di un personaggio, invece Zola parlava di un temperamento che entra in contatto con una realtà, una
situazione o un ambiente preesistenti.”

Un temperamento ha bisogno di una realtà contro cui scontrarsi per manifestare i suoi aspetti. Quindi la creazione, l'individuazione di un valido antagonista è fondamentale per creare un buon protagonista e imprimere un funzionamento adeguato alla storia. Per assurdo -dice Céline- prendersi cura dell'antagonista è più importante che pensare al protagonista.

La sceneggiatrice chiede ai suoi allievi chi sia il protagonista di “Angeline ou la Maison Hantée” di Émile Zola, il racconto che questi, come sappiamo, dovranno sceneggiare. “Il protagonista è l'io narrante, perché guida l'azione.” Risponde un allievo, mentre un altro aggiunge: “sì, ed è un alter-ego di Zola. È un intellettuale positivista con qualche 'residuo' di epoca romantica.”

In generale l'intreccio vero e proprio nasce poco prima del punto 5 delle tappe di Vogler e quindi nel nostro caso coincide col momento in cui il protagonista, uomo razionale ma estremamente sensibile, viene a conoscenza del misfatto oscuro e violento perpetrato dal padre e dalla matrigna di Angeline. E in quel momento egli comprende pure che la casa infestata è capace da sola di comunicare ancora quell'antica angoscia e dolore.

È logico che qui una mente razionale abbia un cortocircuito ed entri in conflitto. Così l'antico misfatto diviene una forza opposta alla quale il protagonista risponde con una crescente ossessione di conoscenza. Quando l'ossessione inizia si è appena superato il punto 5.
C'è stato un crescendo: nel punto 2 il protagonista è colpito dalla “stranezza selvatica che stringe il cuore e dall'orribile abbandono della casa”, poi poco prima del punto 5 egli scopre il motivo per cui la casa stringe ancora il cuore. Però allo stesso tempo comprende che non è spiegabile razionalmente. Allora prende il via il conflitto e poi la complicazione della storia. Anche un buon antagonista deve vivere questo crescendo: naturalmente da un altro punto di vista e con fini opposti.

Ma una casa, chiede un allievo, può essere un antagonista in un racconto per immagini? Oppure è necessaria una figura antropomorfa contro cui il protagonista si scontra e combatte? In realtà per trasporre questo racconto letterario in una narrazione cinematografica c'è bisogno di
un antagonista più forte e più chiaro, che dia luogo all'azione e nello stesso tempo faccia scendere nell'intimità del protagonista.

Per quanto riguarda la casa, essa ha una funzione da antagonista in quanto sistema chiuso, oscuro ed egocentrico. È immobile ma questa sua immobilità può essere sfruttata. Tiene vivo il passato, allontanando tutti da sé. Ha conservato il corpo della piccola Angeline per mantenere un segreto e per difendere la reputazione dei suoi proprietari.

“Acque torbide”, per esempio, ha una storia simile a quella di “Angeline ou la Maison Hantée”, perché l'edificio custodisce il corpo di una bambina morta e ospita il suo fantasma. Nel film il regista, Hideo Nakata, dà spazio al dramma interiore della protagonista. Non crea il brivido o la paura con l'apparizione del fantasma spaventoso, ma piuttosto con l'incontro del lato oscuro della protagonista e del suo stato depressivo.

In “Acque torbide” il fantasma della bambina è l'antagonista. Ma nel nostro caso è meglio che Angeline non sia l'antagonista. È meglio che sia il padre, la matrigna, la madre o un'altra persona. Bisogna però aggiungere qualcosa alla storia perché uno di questi personaggi divenga un
antagonista.

Quindi tenendo presente che ogni allievo ha sostituito il protagonista di Zola con uno di sua scelta e lo ha fatto entrare nella storia. Adesso deve trovare l'antagonista più adatto tra il padre di Angeline, la matrigna, la madre, la barista, ecc.

L'antagonista più adatto sarà quello che più si avvicina al gemello oscuro del protagonista. Céline H. ci suggerisce di riflettere bene su questo punto, scegliere l'antagonista e mettere per scritto il motivo di tale scelta.

Ci rincontreremo tra due settimane ai Jardin Marco Polo per discutere insieme.

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