Cristò Chiapparino e l’insaziabile fame di “Carne”
Uscito per la prima volta nel 2015 per l'editore Intermezzi, La carne di Cristò Chiapparino è tornato in libreria con una nuova veste, e una postfazione di Paolo Zardi, nel novembre del 2020 per i tipi di Neo. Edizioni.
In un anno sospeso come quello che si sta per concludere mentre scrivo queste righe, capisco la scelta editoriale di riproporre ai lettori e alle lettrici questo romanzo. In barba a chi chiede letture leggere e allegre per allontanarsi dalle preoccupazioni da pandemia, La carne è una storia di zombie e tempo sospeso dove il mondo non è più come quando il protagonista aveva otto anni ma si è fermato a quando ne aveva dieci. Immobile e identico a se stesso per settant'anni, riuscite a immaginarlo?
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La fotocopiatrice è la stessa usata da vostro padre, rotta e sostituita innumerevoli volte ma mai migliorata, mai cambiata, così come la macchina e la televisione e qualsiasi altra cosa in un loop in cui il sole sorge e tramonta sempre sulla stessa giornata. Solo che il tempo passa, gli anni si accumulano e puoi solo sperare di morire, a un certo punto.
«Nel mondo com’era quando avevo otto anni c’era un giocattolo nuovo da desiderare ogni giorno. La pubblicità mostrava che oggi era possibile ciò che ieri sembrava impensabile e un pezzettino di magia diventava scienza. Ma la magia era infinita. Immaginavo il futuro simile ai cartoni animati di robot e non potevo sapere che tutto si sarebbe fermato così improvvisamente.
Non so cosa immaginino i bambini adesso. Guardano gli stessi cartoni animati che guardavo io e giocano con gli stessi giocattoli. Sembrano felici ma non parlano mai del futuro.»
Fuori, intanto, vedi file sempre più lunghe di esseri umani in attesa di un pezzo di carne cruda. Sono i malati, gli infetti o zombie, come hanno il coraggio di chiamarli i più giovani; persone che di punto in bianco hanno perso qualsiasi stimolo che non sia quello della fame, fame di carne in particolare. Non sono aggressivi, hanno perso perfino l’istinto della caccia e forse della sopravvivenza, attendono ciascuno il proprio turno ai magazzini del comune per ricevere la razione designata e poi rimettersi in coda, ancora e ancora e ancora. Loro sì, in un loop senza fine dal momento che non muoiono in alcun modo.
Il protagonista di questa storia ci racconta il mondo com’è e il mondo com’era, ci rende partecipi della sua collezione di vite che avrebbero potuto essere la sua, come quella di Giulio che lo chiama zio e che è uguale al protagonista quando aveva la sua età. Ma ci racconta anche un’altra storia, quella di Tancredi, un medico che un giorno riceve un paziente con uno strano biglietto scritto durante un episodio di sonnambulismo, il giorno dopo si presenta un altro paziente con lo stesso problema e un altro ancora e un altro e un altro, finché Tancredi non capisce che uniti i biglietti compongono un misterioso manifesto.
«Succede che il mondo si sgretola e non sai se ti sgretolerai con lui o cambierai tutto per rimanere intero. Il modo di parlare, il modo di vestire, la musica che ascolti, i pensieri, le azioni, le certezze, le paure.»
La carne è un gioco di rimandi, di situazioni che ritornano e cerchi che si chiudono. Tutto è immobile e allo stesso tempo non lo è, così se gli zombie di Chiapparino non sono le creature spaventose a cui siamo abituati, a creare angoscia è l’essere prigionieri di una vita sempre uguale a se stessa e l’attesa di un morbo che potrebbe colpirti oppure no (vi ricorda qualcosa?) e di una fame insaziabile presagio di un’orrenda immortalità.
Paolo Zardi, nella postfazione che chiude l’edizione Neo. di La carne, scrive:
«La carne, come spesso accade ai romanzi coraggiosi (o audaci, come è questo romanzo), potrebbe disturbare qualche lettore, perché non fornisce punti di riferimento noti, approdi sicuri; ma andrebbe letto comunque, anche se dovessimo avvertire l’assenza di una risonanza profonda con i nostri gusti, perché sotto la sua apparente semplicità nasconde cose grandissime».
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Motivo per cui non voglio svelare troppo, una parola in più potrebbe guastare il piacere che deriva da una storia capace di spiazzare, disturbante e pure avvincente. Da tempo non leggevo un romanzo come quello di Cristò Chiapparino e sono rimasta piacevolmente colpita, mi sono immersa nell’immobilità e sono stata trascinata in un modo che non è il mio eppure, in un certo senso, oggi quasi lo è.
Per la prima foto, copyright: Ihor Malytskyi su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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