Cosa significa crescere nella disabilità. “Melody” di Sharon M. Draper
Arriva in Italia Melody (Feltrinelli, 2016) della scrittrice americana Sharon M. Draper, che con questo romanzo YA è stata presente nella prestigiosa classifica dei libri più venduti del «New York Times» per ben due anni.
La protagonista, che dà il suo nome al titolo, è una bambina di undici anni, che ci racconta in prima persona la sua vita condizionata da una grave disabilità, che la costringe a passare le sue giornate in carrozzina, priva di ogni tipo di autonomia.
Melody, però, ha una memoria fotografica eccezionale. La sua mente è come una videocamera costantemente in modalità "registrazione". E non c'è il tasto "Cancella". È l'alunna più intelligente della scuola, ma nessuno lo sa. Quasi tutti - compresi i suoi insegnanti e i medici - ritengono che lei non abbia alcuna capacità di apprendimento, e fino a oggi le sue giornate a scuola sono state scandite da noiosissime ripetizioni dell'alfabeto. Cose da prima elementare. Se solo lei potesse parlare, se solo potesse dire che cosa pensa e che cosa sa... Ma non può. Perché Melody non può parlare. Non può camminare. Non può scrivere. Melody sente scoppiare la propria voce dentro la sua testa: questo bisogno di comunicare la farà impazzire, ne è certa. Finché un giorno non scopre qualcosa che le permetterà di esprimersi. Dopo undici anni, finalmente Melody avrà una voce. Però non tutti intorno a lei sono pronti per quello che dirà.
Non è facile raccontare la disabilità in un modo realistico, ma soprattutto che non risulti troppo compassionevole e, in qualche modo, razzista, nel senso di relegare chi ne è affetto in un mondo “a parte”, escludendo a priori la possibilità che possa provare gli stessi sentimenti o avere in sé le stesse capacità intellettuali di chi viene classificato come “normale”.
Sharon Draper, mamma di una bambina disabile, deve aver vissuto sul campo buona parte delle problematiche che affliggono la famiglia di Melody, anche se, nella sua postfazione, ci tiene a precisare che «Melody non è mia figlia. Melody è un personaggio di pura invenzione: una bambina eccezionale nata da un miscuglio di amore e comprensione. […] Una ragazzina che dentro di sé è vitale, determinata, intelligente e spiritosa all’insaputa di tutti».
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In ogni caso, è difficile pensare che chi non abbia mai avuto esperienze di vita a stretto contatto con un disabile possa essere in grado di raccontare una vicenda come questa con la bravura e la sensibilità dimostrate dall’autrice.
Illinguaggioè il mezzo di comunicazione fondamentale tra gli esseri umani. Incontrare una persona che è impossibilitata a usarlo ci pone sempre in una posizione difficile, perché non solo non siamo in grado di comprendere i suoi pensieri, ma soprattutto perché veniamo spinti a collocarla in automatico in una posizione inferiore alla nostra.
Questo accade a tutti coloro che vivono intorno a Melody, compresi i suoi genitori che, pur volendole immensamente bene e intuendo che la disabilità della figlia non ha compromesso il suo cervello, sono comunque frustrati dall’impossibilità di comunicare con lei in modo soddisfacente.
Il giorno in cui, grazie alla tecnologia, Melody trova il modo di “parlare” al mondo, la sua vita inizia a cambiare in meglio, anche se la seconda parte del libro è destinata a riservare qualche sorpresa al lettore.
Questo romanzo, scritto per gli adolescenti, è in realtà una lettura che consigliamo caldamente anche agli adulti, soprattutto se genitori, perché può offrire numerosi spunti di riflessione sia sul mondo della disabilità, sia su come essa viene vista dalla maggior parte della popolazione “sana”, anche se non mancherebbero le testimonianze viventi di quanto possano essere errati certi stereotipi: non a caso, dovendo scrivere per la scuola la biografia di un personaggio famoso, la dolce Melody sceglie quella dello scienziato Stephen Hawking.
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