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Cosa si scrive nella prefazione di un libro?

Prefazione«Cosa si scrive nella prefazione di un libro?». Ecco una domandina fatta su misura per voi, cari scrittori esordienti (ma ritengo se la pongano anche i “prosivendoli” più navigati). Procediamo con ordine e vediamo, prima di tutto, di definire meglio cosa s’intende per prefazione. La prefazione è un testo che viene posto, dal punto di vista tipografico, all’inizio del vostro libro, dopo la copertina e le pagine (solitamente bianche) che la dividono dal frontespizio, la pagina in cui compare a lettere cubitali il titolo, il nome del suo autore e l’editore. Dopo il frontespizio può esserci o meno una pagina con una dedica da parte dell’autore, o con una citazione pertinente al contenuto del testo. Se si tratta di un saggio o di una tesi di laurea è una “rovinosa” caduta di tono omaggiare di una dedica il proprio relatore o anche solo tessere le sue lodi. Lo stesso vale per la fidanzata, il papà eccetera. Meglio omettere, in questo caso, la dedica e porre piuttosto a fine libro una pagina di note e ringraziamenti.

La prefazione è una parte fondamentale nell’economia e nella comprensione di un’opera, sia che si parli di uno studio critico, di un romanzo o di una silloge poetica. Va considerata come una parte distinta ma incide in maniera non indifferente sul libro: nello studio critico o nella tesi di laurea è una sorta di “introduzione” ed è preceduta dall’indice. Ha la funzione di illustrare il profilo dell’opera, di fornire un’idea generale o dei ragguagli al lettore sul contenuto del libro, sulla metodologia adottata dal suo autore, sul suo lavoro e quelli che potrebbero essere dei criteri di analisi dei temi e delle argomentazioni proposte.

 

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La prefazione inizia in genere in pagina dispari e, come se si trattasse di una lettera, la convenzione vuole che il suo autore firmi e dati il suo scritto. Va redatta in corsivo (italic nei programmi di videoscrittura) e conserva lo stesso font e formattazione del testo. Il mio consiglio è di realizzare una prefazione efficace ma breve per quanto attiene alla lunghezza. Ci piace essere introdotti, per esempio, nell’ufficio di un notaio dalla sua segretaria ma preferiamo – senza nulla togliere a questa amabile figura – incontrare quanto prima il professionista, al quale siamo venuti per chiedere i servigi, più del trascorrere delle ore con lei, per quanto zelante, loquace e preparata.

«Chi è che scrive la prefazione al vostro libro?» Potreste essere voi autori a compilarla. In questo caso potreste raccontare qualche aneddoto ai vostri lettori: com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo, quali ricerche avete condotto, in quali singolari eventi vi siete imbattuti, gli incontri fortuiti che avete fatto. Il registro potrebbe essere ironico, o volutamente solenne, parodistico o iperbolico («Scrivere questo libro è stato come erigere la muraglia cinese!»). Potreste anche fornire, quasi indirettamente e/o velatamente, una possibile chiave di lettura del vostro lavoro, o fare dei raffronti con autori o titoli che hanno influenzato la vostra scrittura.

 

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La prefazione potrebbe anche essere, come si dice in gergo tecnico, attoriale. Chi scrive potrebbe essere, infatti, uno dei personaggi del vostro romanzo. Un esempio per tutti: la prefazione a La coscienza di Zeno di Italo Svevo, dove un sedicente Dottor S. dichiara di voler pubblicare “per vendetta” le memorie del suo paziente, il protagonista del romanzo. È importante, però, avere la paternità del personaggio che dovrebbe scrivervi la prefazione. Che non vi venga in mente di realizzare una prefazione siglata da Paolino Paperino o Tony Stark. La Disney e la Marvel Comics potrebbero farvi causa. Bene è invece, come autori, che sappiate calarvi nei panni del personaggio che vi scriverà la prefazione. Ne adotterete il punto di vista, alcune peculiari espressioni e lo stile, con riferimenti al suo vissuto nella fiction, sfidando il lettore a cogliere nel testo, successivamente, gli opportuni rimandi e collegamenti.

Si dice invece allografa una prefazione scritta da terzi. In questo caso, se l’opera è uno studio critico, è bene che vi troviate un prefatore che sia competente, e goda di un certo prestigio nella disciplina per la quale intendete varare la vostra pubblicazione o preparare la vostra tesi. Se vi state per laureare in Storia del Cinema, una prefazione di Ermanno Olmi potrebbe essere accolta con grande favore e farvi guadagnare un buon imprimatur. E cosa dire di una prefazione di Umberto Eco a un saggio sullo strutturalismo? Scegliete bene chi può occuparsi della prefazione al vostro romanzo. È un rischio affidare una prefazione a un autore che, pure involontariamente, abbia la tentazione di porsi in competizione con voi. La prefazione non deve sostituirsi al libro; ne deve suggerire i motivi e caldeggiare la lettura, non osannare in modo sperticato o ingaggiare col libro una tenzone; né, tantomeno, costruirci un apparato critico/esegetico di “stampo alessandrino” e far fuggire a gambe levate ogni aspirante lettore. Piuttosto affidate la prefazione a chi ha sinceramente apprezzato il vostro lavoro e ne può consigliare la lettura con franchezza e semplicità.

Una prefazione può cambiare da un’edizione all’altra, man mano che il testo ha avuto fortuna critica e ampliato il raggio dei lettori, guadagnandosi un pubblico di lettori eterogeneo. Lo scopo è quello di garantire una maggiore leggibilità e unità al testo, esplorando anche aspetti specifici come un singolo racconto o un personaggio in particolare. Le curatele potrebbero essere molteplici (altri commentatori e altri scrittori), con lo scopo di ampliare il ventaglio degli strumenti critici da porre a disposizione del lettore.

Vi è più chiaro, ora, cosa si scrive nella prefazione di un libro?Confido di sì. Mi raccomando: affilati ed essenziali. Buona prefazione a tutti.

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