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Cosa può fare la Cultura contro la mafia? Intervista a Gaetano Savatteri

Cosa può fare la Cultura contro la mafia? Intervista a Gaetano SavatteriAlla sottocultura mafiosa si risponde con la cultura dell'impegno e della consapevolezza. Di ciò ne è convinto Gaetano Savatteri, giornalista e direttore artistico del Trame Festival (a Lamezia Terme dal 15 al 19 giugno), che ripone molta fiducia nella parola scritta e nella comunicazione.

Cultura, impegno, consapevolezza, comunicazione possono essere il modo per affrancarsi dalle catene dell'assoggettamento mafioso, in tutte le sue forme, e per Savatteri le centinaia di giovani che ogni anno scelgono di partecipare alla manifestazione di Lamezia Terme, in Calabria, sono la testimonianza reale e tangibile dell'utilità di questo percorso.

Ne abbiamo parlato in un'intervista.

 

Il Trame Festival giunge quest'anno alla sesta edizione. L'Open Trame.6 Contemporary Art avrà come tema la libertà da ogni forma di costrizione. Un'opera d'arte ha un impatto maggiore e più incisività di un testo scritto?

Da alcuni anni Trame, in ogni sua edizione, ha avuto una sorta di “totem” artistico che occupa gli spazi in cui si svolge il festival. Abbiamo avuto le opere di Chiara Rapaccini e Renzo Bellanca. Sicuramente un’opera d’arte, soprattutto se all’esterno, quando occupa uno spazio o lo valorizza, ha un’evidenza speciale. Parla un linguaggio diretto e immediato. Per questo abbiamo voluto rinnovare l’esperienza, ma con il coinvolgimento di giovani artisti disposti a confrontarsi sui temi del nostro festival. Da questa idea nasce il bando per un’opera diffusa nei luoghi di Trame e sui suoi temi.

 

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Come si conquista la libertà dallemafie?

Con il lavoro di tutti. Magistrati e forze dell’ordine, in primo luogo, hanno il compito repressivo. Ma ciascun cittadino, nel suo lavoro e nelle sue attività, può dare il suo contributo per il diritto e la civiltà del vivere democratico, condizioni che impediscono l’affiorare delle mafie. Dove c’è democrazia reale e libertà sostanziale non ci sono mafie.

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In che misura la cultura può contribuire, in maniera concreta, alla lotta alle mafie?

Trame è un festival di libri. Di libri sulle mafie. Ma soprattutto di libri. Ecco, crediamo che la conoscenza e l’informazione siano i presupposti per impedire l’attecchire delle mafie. Prima ancora che un fenomeno criminale, le mafie sono fenomeni culturali. E alla sottocultura mafiosa si risponde con la cultura dell’impegno e della consapevolezza.

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I giovani, la scrittura e le mafie. Al di là della retorica, cosa sognano veramente i ragazzi calabresi per il futuro della loro terra?

È difficile dire cosa sognano i ragazzi calabresi. Molti di loro sognano di poter vivere nella loro terra senza la schiavitù dell’emigrazione forzata, della clientela come unico modo per procacciarsi un guadagno, dell’assoggettamento alla ‘ndrangheta come mezzo di sopravvivenza o di mobilità sociale. Certo è che i cento tra ragazze e ragazzi che ogni anno partecipano come volontari a Trame, provenienti dalla Calabria o da altre parti d’Italia, sognano di far parte di una grande comunità libera e allegra. E con le loro magliette colorate danno visibilmente questo messaggio.

 

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Fin da giovanissimo, ha votato il suo percorso professionale a una scrittura che raccontasse il lato oscuro della società italiana, quello attraversato dai tentacoli delle mafie. Quali sono le difficoltà maggiori legate a una simile scelta?

Ho raccontato storie di mafia perché sono cresciuto in Sicilia, e non potevo ignorare cosa vedevo, anche col mio mestiere di giornalista, negli anni della mia formazione. Erano gli anni in cui Cosa Nostra uccideva giornalisti, poliziotti, carabinieri, magistrati, medici e chiunque altro ostacolasse i suoi progetti. Mi chiedo se era possibile raccontare altro, in quegli anni e in quei posti. Mi arrovello da anni sulle ragioni per cui una terra che ha prodotto raffinatissime opere, uomini di grande coraggio, pensieri e cultura europei, potesse allo stesso tempo convivere con il piombo di Totò Riina e Bernardo Provenzano. È questa parte oscura, appunto, che vorrei indagare.

 

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Quali erano i suoi sogni quando è ritornato in Sicilia e ha fondato, insieme ad altri giovani ragazzi, il periodico «Malgrado Tutto»?

Sono fortunato. Sognavo allora di diventare un giornalista. Ci sono riuscito, anche grazie a quell’esperienza giovanile in un giornale fondato da ragazzi in un piccolo paese del sud della Sicilia. Su quei pochi fogli ho sbrigato il mio apprendistato, un po’ da autodidatta. Allora è nata la fiducia e la passione per la parola, scritta o detta, per la comunicazione, per il piacere di raccontare storia che spero non mi lasci mai.

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