Cosa c'entra Kafka con Stalin? Ce lo spiega Márquez
Un episodio poco noto della vita di Gabriel García Márquez riguarda il suo viaggio in Russia nel 1957 per partecipare, insieme a centinaia di personaggi provenienti dal mondo occidentale, al VI Festival universale della gioventù e degli studenti.
Il futuro Premio Nobel per la Letteratura, già affermato scrittore e giornalista, raccolse le sue impressioni in un articolo intitolato:
L’URSS: 22.400.000 chilometri quadrati e non una sola pubblicità della Coca Cola
Nell’articolo, Márquez, oltre a mettere insieme Kafka e Stalin come vedremo, riportava una serie di commenti e osservazioni sull’Unione Sovietica che sintetizziamo qui di seguito:
1. «Sembra di viaggiare verso un orizzonte irraggiungibile in un mondo molto particolare, dove tutto eccede le proporzioni umane, e tu sei costretto a cambiare del tutto la tua percezione della normalità per cercare di capire questo Paese».
2. «I sovietici, purtroppo, non bevono il caffè e chiudono il pranzo con una tazza di tè. Ne bevono a qualsiasi ora del giorno. I migliori hotel di Mosca servono tè cinese di una tale poetica qualità, di un tale sottile aroma, che vorresti versartelo sulla testa».
3. «L’alfabeto russo è tale che sembrava quasi che le lettere stessero cadendo a pezzi, e questo ha generato un’impressione di decadenza».
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4. «Mosca è il più grande villaggio al mondo. Non corrisponde alle proporzioni umane a cui siamo abituati. Non avendo spazi verdi, ti esaurisce, ti opprime. Gli edifici di Mosca sono le stesse piccole abitazioni dell’Ucraina ma moltiplicate per dimensioni titaniche. È come se qualcuno avesse lasciato ai muratori tutto lo spazio, il denaro e il tempo di cui avevano bisogno per dare sfogo alla loro passione per le decorazioni che finì per travolgerli».
5. «Ho un certo interesse professionale per le persone e penso che ovunque s’incontrerebbero persone più interessanti di quelle che ho incontrato in Unione Sovietica».
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6. «Questa è gente che vuole disperatamente avere amici».
7. «La vecchia battuta americana secondo cui i sovietici credono di aver inventato molte semplici cose, dalla forchetta al telefono, è veramente incomprensibile. Mentre la civiltà occidentale del XX secolo è diretta verso un impressionante progresso tecnologico, i sovietici che vivono dietro la Cortina di Ferro hanno cercato di risolvere molti problemi di base. Se a un turista straniero a Mosca capita di imbattersi in un baldo giovanotto convinto di aver inventato il refrigeratore, non dovrebbe pensare che è pazzo. Potrebbe anche darsi che egli abbia inventato il refrigeratore molti anni dopo che era diventato di uso comune in Occidente».
8. «I sovietici tendono a comunicare i loro sentimenti in modo veramente esaltato. Esprimono la loro felicità in un modo così fiero come se stessero ballando una danza cosacca. Sono pronti a dare via la loro ultima camicia. E quando si separano dagli amici piangono lacrime reali. Ma diventano molto cauti e reticenti se la conversazione cade sulla politica».
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9. «Mentre le donne sono impegnate ai lavori stradali, in 40 anni l’industria pesante dell’Unione Sovietica ha trasformato il Paese in una delle due superpotenze. Comunque, la produzione dei beni di consumo è rimasta indietro. Quelli che hanno visto le vetrine vuote dei negozi di Mosca troveranno difficile credere che i sovietici abbiano le armi nucleari. Ma sono le stesse vetrine a confermare la veridicità di questo fatto: le armi nucleari sovietiche, i razzi spaziali, l’agricoltura meccanica, gli impianti elettrici e gli sforzi titanici per trasformare il deserto in terreno agricolo sono un risultato del fatto che negli ultimi 40 anni i Sovietici hanno indossato scarpe brutte e abiti poveri e per quasi un secolo hanno sopportato gravi disagi».
10. «Nell’Unione Sovietica non troverai i libri di Franz Kafka. Dicono che sia l’apostolo della funesta metafisica. Comunque, penso che avrebbe potuto essere il migliore biografo di Stalin».
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