Cosa accade quando manca la misericordia? “Anna Édes” di Dezső Kosztolányi
La tragicità e la complessità del male, dell'ingiustizia, nel suo farsi e nelle sue origini.
Così potremmo sintetizzare, se si volesse, quel che rimane al lettore al termine del romanzo Anna Édes, il più celebre tra le opere narrative dello scrittore poeta e giornalista ungherese Dezső Kosztolányi.
Il libro scritto nel 1926 è stato editato, in maniera pregevole, dalla casa editrice Anfora a cura di M. Szilàgyi e nella traduzione di Andrea Rényi. Un'accuratezza scandita da note storiche e linguistiche dettagliate e particolareggiate.
La narrazione, segnata da uno stile profondamente realistico e da descrizioni di luoghi, personaggi, contesti dalla forte impronta, si staglia nella Budapest all'indomani della prima guerra mondiale, dopo la caduta del regime rosso di Bela Kun e l'instaurarsi di un governo reazionario.
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Qui in un palazzo del rione Kristina vive la famiglia Vizy, che durante il regime bolscevico ha conosciuto stenti e privazioni così come tutta la borghesia nobiliare.
La fine di questo periodo e l'instaurarsi di una nuova classe dirigente ridà fiducia a questo ceto sociale che nonostante il complesso quadro storico non ha rinunciato ai suoi schemi di vita. Qui tra le nobildonne che vivono nel palazzo di via Attila, tra gli argomenti di discussione prediletti, quello sulla servitù occupa un posto di primo piano.
Le serve sono proprietà dei padroni, sono dei “soldatini” agli ordini e ai capricci dei signori illustrissimi, senza personalità, segnati dal proprio destino ineluttabile, scandito dal ripetersi giornaliero di una routine faticosa ed usurante.
La signora Vizy è alla ricerca di una nuova governante. Qui fa il suo ingresso Anna, la nostra protagonista tanto ricercata e attesa e tanto decantata per la sua dedizione al lavoro.
La casa rinasce, Anna è instancabile, Anna appare perfetta ai suoi padroni: serva obbediente, senza grilli per la testa, che sta al suo posto nei suoi miseri stracci che stridono con il tenore di vita dei suoi padroni.
Anna la potremmo definire una “vinta” prendendo in prestito il realismo dei romanzi verghiani ma ecco che la tragicità di quella condizione a cui è costretta, a cui la vita l'ha consegnata, si fa strada. Il male cede il passo ad altro male. L'ingiustizia e l'abuso della dignità che sembra non lasciare spazio oltre alla rassegnazione muta fa invece lentamente crescere quel gesto inconsulto, figlio di una vita che non accoglie, che lascia ai margini che non offre nessun gesto di misericordia.
Da una parte i servi dall'altra i padroni, un ordine che logora e si ripete fino a quando qualcuno come Anna, la ragazza più obbediente di tutte, si macchia del crimine più grande: l'omicidio dei suoi datori di lavoro.
Una tragedia che si potrebbe evitare secondo il dottor Moviszter, vicino e amico dei Vizy che proprio in una discussione da salotto su questo tema a chi gli ribatte che non è pensabile altra soluzione che questa contrapposizione tra ricchi e poveri risponde:
«– La misericordia.
– La misericordia? – ripeté Tatár contento della nuova linfa che avrebbe alimentato il dibattito.
– Esiste un paese dove tutti sono padroni e servitori insieme. E uguali. Sempre, ogni giorno dell’anno.
– Quale paese è?
– Quello di Cristo.
– Ma sta su, sopra le nuvole.
– È nell’anima.
– Ci provi pure a realizzarlo qui. Con i bolscevichi, con i compagni.
– Non bisogna realizzarlo – rispose Moviszter irritato, perché la sua malattia lo rendeva nervoso. – Non occorre. Era questo l’errore anche dei comunisti che volevano realizzare un ideale. Nessun ideale deve essere realizzato. Altrimenti fallisce. Che rimanga su, sopra e nuvole. In questo modo resta efficace e sopravvive».
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Il nostro autore cattura il lettore con uno stile limpido, che riesce a dipingere con maestria paesaggi, umori, contesti, personaggi senza mai lasciare spazio ad alcuna sbavatura. Un narratore preciso e puntiglioso che rimane terzo allo svolgersi degli eventi in un ritmo perfetto. Un libro assolutamente da leggere e gustare soprattutto in questa edizione così accurata.
Per la prima foto, copyright: Matt Collamer.
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