“Cos'è un falso e altre conversazioni sull'arte” di Federico Zeri
Federico Zeri, stroncato oramai sedici anni fa da un infarto nella sua casa-museo di Mentana, è stato uno dei massimi critici d’arte italiani. Fu il primo a smascherare la beffa delle false teste di Amedeo Modigliani, le due sculture ritrovate a Livorno nell’estate del 1984 e realizzate, invece, da tre studenti locali che si erano improvvisati artisti con un trapano Black & Decker, ingannando molti tra i più celebri critici d'arte. In accordo con un docente americano, sostenne, inoltre, che una delle opere più celebri dell'archeologia, Il Trono Ludovisi, considerato un capolavoro della Magna Grecia risalente al V secolo a. C, fosse in realtà un falso, episodio questo che lo portò a scontrarsi con molti accademici del tempo. A dir poco curioso il motivo per cuiindicò la scultura in questione come un pastiche ottocentesco: nell'opera erano presenti una donna con le gambe accavallate e una donna nuda, elementi inconcepibili nelle consuete rappresentazioni di epoca arcaica.
In vita ha sempre preferito la semplicità di linguaggio, una caratteristica che purtroppo manca a molti cultori contemporanei della materia. La sua franchezza, il suo essere fuori dagli schemi, la meticolosità nello svolgere la sua attività lo hanno portato a scontrarsi spesso con i colleghi, tanto che lo stesso Vittorio Sgarbi, la cui “raffinatezza” è ben nota ai molti, durante una puntata del Maurizio Costanzo Show espresse l’odio che provava nei suoi confronti e il desiderio di vederlo morto. Il suo non essere come molti baroni universitari lo ha reso un personaggioscomodo e tante sono state le critiche mosse alle istituzioni italiane, al punto daindurlo a trasferirsi negli Stati Uniti nel 1963 per lavorare non solo come docente presso laHarvard e la Columbia University, ma anche come consulente per il Paul Getty Museum di Malibù, unico membro dello staff a essere nominato per via testamentaria dal miliardario John Paul Getty in persona. L’esperienza al Paul Getty Museum si protrasse fino al 1984, anno in cui ebbe luogo una accesa discussione con il comitato scientifico del museo. Il critico si oppose, infatti, all'acquisto della statua di un kouros dal valore di 7 milioni di dollari, considerata un originale greco del 530 a. C., ma che agli occhi attenti dello studioso appariva un falso. Curioso l'aneddoto secondo cui Zeri, per dimostrare la sua non autenticità, “assaggiò” la statua del giovane greco, dichiarando che gli acidi, i solventi e i coloranti restavano nelle sculture per decenni; quindi, leccando il marmo, era possibile scoprire l'eventuale utilizzo di sostanze che davano quella “patina antica” tanto amata dai falsari di tutto il mondo.
Alcune sue lezioni sono state accuratamente riunite in Cos'è un falso e altre conversazioni sull'arte, edito da Longanesi, a cura del docente universitario Marco Bona Castellotti. Il libro raccoglie cinque conferenze tenute dal critico tra il 1989 e il 1993 presso l'Università Bocconi di Milano e il Collegio Nuovo di Pavia, oltre a due conversazioni inedite per la Radiotelevisione della Svizzera italiana. Si apprendono molte informazioni da questo volume, per esempio che lo stesso Michelangelo a suo tempo aveva realizzato un falso: si tratta di un Cupido dormiente che, opportunamente patinato, fu acquistato come scultura antica dal cardinale di San Giorgio. A dir poco interessanti le interviste rilasciate alla radio di Lugano, in cui Zeri risponde alle domande degli ascoltatori. Le discussioni spaziano dalla nascita della natura morta a come riconoscere un falso, dai cattivi restauri eseguiti nelle varie epoche alle considerazioni relative a una possibile pulitura della Gioconda. Alla domanda su quali sono gli ingredienti necessari per diventare uno storico dell'arte ideale, Zeri risponde senza mezze misure: «Molti soldi, molto tempo e molta pazienza». Contrariamente a quanto molti credono, fare questo mestiere richiede costanza nello studio e una preparazione interdisciplinare che spazia dalla letteratura alla storia, dalla chimica alla religione. E le università in questo, come afferma lo stesso Zeri, non sono efficaci: «Non insegnano niente, accecano. Perché generalmente fanno delle lezioni sulle diapositive […] poi sono troppe le persone che vanno a lezione perché per insegnare bene ci vogliono al massimo dieci persone […]. Io sono contro l'università, così come è oggi. Il vero insegnamento dev'essere formativo, non informativo […] bisogna formare la mente, non informarla e riempirla di date».
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Prima della sua scomparsa, il critico decise di lasciare all'Università di Bologna, che lo aveva insignito della laurea honoris causa, quella che oggi è considerata la più importante biblioteca del mondo per la storia dell'arte italiana e una fototeca contenente 290mila pezzi, tutti custoditi nella cosiddetta Fondazione Zeri. Oggi le università italiane sfornano giovani storici dell'arte con lode che conoscono a memoria vita e opere di un artista, ma hanno difficoltà a contestualizzare un determinato oggetto artistico. L'abilità di uno storico dell'arte si riconosce anche nel saper distinguere un falso da una opera autentica e, nell’ottica di Zeri, per fare ciò lo strumento necessario non si identifica solo con l'ordinaria analisi chimica, quanto piuttosto con la vista dell'attento conoscitore. Attraverso un esercizio quotidiano si riesce a smascherare un falso artistico, a stabilire che una particolare espressione, un certo modo di vestire o un pigmento di colore sono figli di determinate epoche.
Cos'è un falso e altre conversazioni sull’arte è un colloquio con un critico d’arte italiano a cui molti cultori della materia oggi dovrebbero ispirarsi. Unico inconveniente del testo: la mancanza di alcune immagini a cui lo studioso fa riferimento durante le sue lezioni. Ma si sa, il critico non apprezzava la “diapositiva” e per tale motivo dovremmo attenerci al suo illuminante insegnamento. Federico Zeri ha lasciato un segno nella storia del nostro Paese e mai come in questo periodo avremmo bisogno di un suo consiglio. Per ora ci limitiamo a riportare un suo pensiero che forse molti condivideranno: «Meno male che c’è stato Napoleone che ha portato via un bel po’ di opere d’arte, sennò qui distruggevano pure quelle che stanno al Louvre».
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