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Fantasy, Nella pancia del drago[Puntata nove e tre quarti della Rubrica Nella pancia del drago]

Blank page. Immaginate? Così doveva essere in principio questa puntata di Nella pancia del drago, in un dadaismo web 2.0 doveva presentare una pagina bianca. Contenuto invisibile alla comunità non magica. Farlo, però, avrebbe significato scaraventare impunemente voi fedeli lettori tra la calca della comunità non magica e, probabilmente, vedermi licenziato da Sul Romanzo. Però sarebbe stato figo, no?

Vi sto mesmerizzando? Yes, benvenuti, perché in una rubrica (gastrica) di approfondimento fantasy non poteva mancare una puntata dedicata alla magia. Nelle precedenti puntate, abbiamo avuto modo di parlare di magia in relazione all’incanto letterario che in sé, partendo dal linguaggio e dal world building, sta alla base del fantasy come genere letterario, e l’abbiamo fatto in questi termini:

[…] La forza delle istanze del mito, la potenza archetipale dell’epica e dell’“hero journey”, era la stessa dell’intrattenimento a bocca aperta attorno ai fuochi primordiali e non poteva a lungo essere costretta nelle anguste finestrelle di evasione all’interno delle novelle realiste. Aveva bisogno di uno spazio proprio, di un mondo, un pianeta, una dimensione a parte dove potersi esprimere; spazi in cui esplorare il noto sino ai suoi limiti e oltre, senza costrizioni, dove il nostro stesso sentirci umani avrebbe potuto essere messo alla prova senza ritegno perché posto di fronte al mostruoso, all’essenza della paura, all’idea della perfezione, alle infinite materializzazioni di come possiamo immaginare noi stessi, il modo in cui viviamo e sentiamo di vivere, reale nell’essenza proprio perché non più limitato nel vestito. Mimesi: magia. […]

Se la narrazione fantastica, per i suoi artifizi stilistici e il modo in cui si rapporta al lettore, si potrebbe definire magia in sé e per sé, a maggior ragione lo è quando la magia si presenta anche come nucleo tematico della storia che si racconta. Il fantasy parla di magia, lo ha sempre fatto, sempre lo farà, perché è difficile poter anche solo concepire la fantasia, l’immaginazione, senza associare a esse l’incanto, il magico. Sono la stessa cosa.

A questo punto un buon redattore di una rubrica di approfondimento critico sul fantasy vi dovrebbe parlare della differenza fondamentale che intercorre tra il sottogenere high-fantasy e quello low-fantasy. Non lo farò, sicuro che una breve escursione su Wikipedia possa soddisfare la vostra sete di conoscenza con illuminanti massime come la seguente:

[…] caratteristico di questi generi [high fantasy] è il fatto che la vittoria finale non si ottiene con le armi, esse sono un aiuto ma non si può sconfiggere il Male con esse, altrimenti, se un personaggio uccide con un colpo di spada (o di un'altra arma) il principale cattivo questo diventa Heroic Fantasy, invece nell'High Fantasy si sconfigge il nemico con la magia.

Ndr: estratto da “Seminario magico sui sottogeneri della letteratura fantastica, a cura di Gigio il Topo, compendium del saggio “come far sparire le virgole nel nulla”, raccolto posteriormente in “come uccidere un nemico con uno sputo: lo spit-fantasy.”

Fantasy e magia, maghi e stregoni, eroi guerrieri con artefatti o armi magiche, antichi incantesimi destinati a sconfiggere il “male”, profezie che investono un prescelto tra le schiere del “bene” e via discorrendo. C’è un paradosso che, quando si tratta di magia, sembra accomunare la letteratura fantastica dalla novità fresca di stampa sino ai classici illustri, e per un amante del genere il rendersene conto non è facile. La magia appare niente più che come utensile. Ci avete mai fatto caso? Il protagonista, nelle varie fasi del suo viaggio, per riuscire a portare a compimento la propria “quest” – che sia questa sconfiggere un drago o affrontare i demoni del proprio passato – quasi sempre si serve di espedienti magici; essi però raramente sono il fulcro della storia.

Paradossalmente, che il protagonista salvi il mondo con l’incantesimo supremo del bene assoluto o con un punteruolo arrugginito, da un punto di vista prettamente strutturale della narrazione, il risultato è il medesimo. Personaggio A ha bisogno di componente B per risolvere la situazione C. È un po’ triste rileggere la gran parte dei nostri romanzi preferiti sotto quest’ottica, ma essa di rado è incrinata. Cosa rimane di magico alla magia in questo modo? Poco, e la differenza, come sempre, la fa la sensibilità dello scrittore.

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Francesco Dimitri, L'età sottileArrivo al punto. Ciò che mi ha portato ad affrontare questo argomento è la lettura appena conclusa di un libro che porto alla vostra attenzione, il primo testo “contemporaneo” che si affaccia a questa rubrica che ha sempre trattato di teoria e classici del genere. No, non conosco di persona l’autore e no, l’editore non mi ha pagato. Si tratta soltanto di aver letto un libro, e di esserne stato travolto. Si tratta de L’età sottile, di Francesco Dimitri, edito da Salani (2013).

Ora, l’Italia forse ancora non lo sa, e forse mai lo saprà, ma L’età sottile è uno dei romanzi più belli che abbia avuto la fortuna di ospitare nella sua lingua. Chi sono io per dire questo? Mr. Nessuno, e tanto basta. In questo libro, Francesco Dimitri, classe 1981, ha portato a compimento qualcosa che la letteratura italiana non ha mai visto e che raramente si è visto nella letteratura in sé: la magia come protagonista in un romanzo realista.

Un paradosso? Sì, e come tutti i paradossi sussiste nonostante la contraddizione interna, e abbaglia, e atterrisce, ed esalta. In un delicato romanzo di formazione, un romanzo di adolescenza e di crescita tra le vacanze estive e una Roma invernale e cruda, la realtà si sfalda in brecce e ci lascia terrificati in attesa della prossima pagina. Niente draghi, niente Hogwarts – magico e non-magico separati in due mondi che si toccano appena –, ma soltanto persone, maghi come soltanto le persone possono diventare, and in this very reality. Dimitri attinge dalla millenaria tradizione magica, misterico-esoterica europea e la riversa sulle vite del suo protagonista sedicenne Gregorio e dei suoi amici, che ne verranno travolti come lo sono stati e lo saranno tutti coloro che affrontano il cammino di questa “arte”, ancor più se in un’”età sottile” come l’adolescenza.

Nessuna fantasia nell’accezione “irreale” del termine, ma reali conoscenze tramandate, esperienze. Infrangendo tabù di presunta segretezza occulta e il fraintendimento della “comunità non-magica”, Dimitri prende la realtà in una mano, nell’altra la magia, e le schianta l’una contro l’altra. E diamine se trema la terra sotto i piedi e i peli sulle braccia si rizzano. La nostra visione del mondo è turbata nel profondo e non vi è più l’appello alla “fantasia” come evasione salvifica, no, vi è solo terrore e tremore e meraviglia di fronte all’ignoto, che pur non-conoscibile è assolutamente reale nei suoi abissi.

Non mi credete? Leggetelo. Ne L’età sottile, al pari di “realtà” e “magia” anche due modi di concepire la letteratura, il realismo e il fantastico, si scontrano come placche tettoniche, e l’universo per un momento trattiene il respiro. E Dimitri è assolutamente consapevole di ciò che ha realizzato. Nessuno scrive un libro di questa portata per caso. Egli non potrebbe, però, che essere modesto e prudente, ed è perciò questo redattore entusiasta che fa il passo successivo. Nelle parole di Dimitri, nella sua opera miliare, voglio leggere un monito e una consapevolezza che questa rubrica ha cercato di portare alla luce più volte: il potere della letteratura fantastica, come della magia, è quello di salvare la realtà da se stessa.

“Lo vedi, cosa succede nel mondo? Intere specie si estinguono; l’Occidente sprofonda, l’Oriente lo segue; i boschi scompaiono, le città perdono bellezza. È l’inizio di un’era terribile.”
Levi fece una pausa. “Tu non hai idea di che cosa sia in arrivo. Serve qualcuno che porti avanti la torcia, quando io non ci sarò più.”
“Eroi.”
“No” rispose Levi, nettamente. “Noi non siamo mai gli eroi. […] Noi siamo quelli che consigliano gli eroi, che fanno il loro lavoro sporco. Noi siamo la voce dietro al trono: sempre Merlino, mai Artù.”

Francesco Dimitri, L’età sottile


Ci ritroviamo on line il 04/11/2013 con la puntata n. 10 della Rubrica Nella pancia del drago: L’invasione dei vampiri.

La storia di quando i trend di mercato scompigliano i generi letterari e riformano il gusto del lettore. Ebbene sì, sono pallidi, tecnicamente morti, temono la luce del sole, le decapitazioni e i paletti nel cuore: e sono ovunque.

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