Consumi culturali in Italia, perché siamo tra i peggiori in Europa
Si parla spesso del calo dei consumi culturali in Italia, ma se proviamo a guardare i dati nel loro insieme la situazione risulta drammatica, soprattutto se paragonata rispetto alla media dell’Unione Europea o anche ai singoli Stati membri. Soltanto pochi di questi, infatti, riescono a presentare una situazione peggiore della nostra.
È stata resa nota oggi dall’Istat la pubblicazione Noi Italia che racchiude l’analisi di un insieme di indicatori statistici che permettono di fare un quadro preciso della popolazione italiana sia per singole regioni sia rispetto al più ampio contesto europeo.
In quest’articolo, ci soffermeremo in particolare su due ambiti di analisi:
- Consumi ricreativi e culturali
- Istruzione.
Rispetto a queste due macro-aree, emerge una situazione che possiamo definire problematica, sia rispetto alla percentuale di italiani che usufruiscono di attività ricreative e culturali sia in relazione alla considerazione che, per gli italiani, ricoprono istruzione e formazione professionale.
Consumi ricreativi e culturali
I dati relativi al budget delle famiglie italiane destinato a consumi ricreativi e culturali presentano risultati abbastanza simili dal 2005 al 2013, anche se va registrato che quest’ultimo anno di rilevazione è quello con il risultato più basso (6,5%).
Rispetto alla media Ue28, però, i dati sono sconfortanti.
Risulta infatti che l’8% del budget delle famiglie europee è destinato a consumi ricreativi e culturali, mentre per l’Italia tale dato si ferma al 6,5% con soli 4 Paesi a presentare risultati peggiori:
- Irlanda: 6,2%
- Romania: 6,1%
- Portogallo: 6,0%
- Grecia: 4,9%
Mentre i risultati migliori sono appannaggio di:
- Svezia: 11%
- Paesi Bassi: 10,9%
- Finlandia, Danimarca: 10,8%
Il risultato, però, è ancora più negativo se andiamo ad analizzare la percentuale di persone tra i 16 e i 74 anni che hanno utilizzato Internet negli ultimi 3 mesi per leggere giornali, news e riviste. Rispetto agli altri Paesi Ue, l’Italia si colloca, insieme all’Irlanda, all’ultimo posto con il 37% e con ben 15 punti percentuali al di sotto della media Ue28 (52%). I Paesi con la performance più alta sono:
- Svezia: 82%
- Lussemburgo: 81%
- Finlandia: 78%
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Lettori libri online o e-book
Solo l’8,2% degli italiani con più di 6 anni dichiara di aver usato internet negli ultimi tre mesi per leggere o scaricare libri ed ebook, un dato che negli ultimi tre anni presenta anche un calo dello 0,9%, con il picco più alto nel 2013 (9,1%).
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Lettori di quotidiani
Dal 2005 al 2015, la percentuale di coloro che leggono un quotidiano almeno una volta a settimana è calata di oltre il 10% passando dal 58,1% al 47,1%. A eccezione di una leggera crescita nel 2006, il dato risulta in costante calo.
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Lettori di quotidiani e riviste su Internet
È l’unico dato a presentare un trend di crescita negli ultimi 10 anni. Se nel 2005, infatti, la percentuale delle persone che dichiarava di aver usato internet per leggere quotidiani e riviste ammontava all’11%, nel 2015 il dato è salito al 30,5% con un incremento di circa il 20%. Va segnalato, però, che rispetto al 2013 c’è stato un calo di circa il 3% e che questo trend si conferma anche rispetto al 2014 (-0,6%).
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Lettori di libri
Dal 2005 al 2015 il dato risulta abbastanza costante, tenendosi tra il 40% e il 46%. Va sottolineato però, che la percentuale di chi ha letto almeno un libro in un anno risultava molto più elevata tra il 2010 e il 2012 (intorno al 46%), mentre dal 2013 al 2015 il calo è stato costante, fino a toccare il 42%, che risulta il dato più basso.
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Fruitori di attività culturali – Cinema
La percentuale delle persone che hanno assistito almeno a uno spettacolo cinematografico o teatrale risulta costante negli ultimi 10 anni, con il picco massimo nel 2011 (53,8%) e quello più basso nel 2013 (47,1%). Il dato del 2015 segna 49,7% in aumento di circa il 2% rispetto al 2014.
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La lettura di questi dati relativi ai consumi culturali in Italia, però, risulterebbe incompleta se non ci soffermassimo anche sulla situazione relativa al livello di istruzione in Italia, per il quale, grazie ai dati Istat, è possibile procedere con un confronto più preciso rispetto agli altri Paesi Ue.
Istruzione
Abbandoni scolastici
Il quadro che emerge per questo indicatore è abbastanza confortante se esaminiamo il trend degli ultimi 10 anni. Dal 2004 al 2014, infatti, la percentuale della popolazione in età 18-24 anni che non ha titoli scolastici superiori alla licenza media risulta in calo passando dal 23,1 % del 2004 al 15% del 2014, con un decremento dell’1,85 rispetto al 2013.
Se guardiamo il dato europeo, però, la situazione è sconfortante, considerando che la media Ue28 è dell’11% e che solo 4 Stati hanno risultati peggiori di noi:
- Spagna: 21,9%
- Malta: 20,4%
- Romania: 18,1%
- Portogallo: 17,4%
Rispetto a questo specifico indicatore, i Paesi con i risultati migliori sono:
- Croazia: 2,7%
- Slovenia: 4,4%
- Polonia: 5,4%
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Adulti con istruzione secondaria inferiore
Anche in questo caso l’Italia presenta un trend positivo, con un calo di oltre il 10% dal 2004 (51,8%) al 2015 (40,5%) di popolazione tra i 25 e i 64 anni con la licenza media come titolo di studio più elevato.
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Rispetto alla situazione generale dell’Ue28, però, l’Italia non è tra gli Stati migliori, risultando di molto al di sotto della media generale che è pari al 24% e solo tre Paesi presentano un risultato peggiore:
- Malta: 57,8%
- Portogallo: 56,7%
- Spagna: 43,4%
I Paesi, invece, che ottengono una performance migliore rispetto a questo indicatore sono:
- Lituania: 6,7%
- Repubblica Ceca: 6,8%
- Estonia: 8,8%
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Giovani in Istruzione e formazione
Il dato disponibile riguarda solo il 2013, per cui non è possibile fare un raffronto rispetto agli anni precedenti. Comunque risulta che più della metà (56,3%) dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni ha preso parte a un corso di studi, afferente o all’ambito dell’istruzione o a quello della formazione professionale.
Rispetto alla situazione Europa, in riferimento sempre al 2013, l’Italia si colloca di nuovo al di sotto della media Ue22, che è pari al 62,6%, e solo quattro Paesi presentano un risultato peggiore:
- Austria: 55,9%
- Bulgaria: 55,2%
- Regno Unito: 55,1%
- Grecia: 50,4%
Mentre i Paesi che hanno ottenuto le performance migliori sono:
- Slovenia: 72,3%
- Danimarca: 72,1%
- Polonia: 71,8%
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Giovani che non lavorano e che non studiano
Rispetto agli indicatori presentati fino a questo momento, il trend dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né sono iscritti ad alcun corso d’istruzione o di formazione professionale è in crescita. In particolare, si registra un incremento di oltre l’8% dal 2004 (19,6%) al 2015 (25,7%), anche se negli ultimi tre anni si presenta un calo dello 0,3%.
Dal raffronto con gli altri Stati membri dell’Ue28 la situazione italiana risulta molto problematica, e ben peggiore della media che si attesta su un 15,3%. Solo la Grecia, con il 26,7% presenta dati peggiori dell’Italia.
I risultati migliori, invece, sono di:
- Lussemburgo: 6,5%
- Paesi Bassi: 7,2%
- Danimarca: 7,3%
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30-34enni con istruzione universitaria
Dal 2004 al 2015 si registra un incremento del 10% dei giovani di età tra i 34 e i 34 anni con un’istruzione universitaria, passando dal 15,6% al 25,3%, con una crescita di poco meno del 2% rispetto al 2014.
Paragatona all’Ue28, però, l’Italia è il Paese con il risultato peggiore sia perché molto al di sotto della media (37,9%) sia perché risulta l’ultima nella classifica generale.
I Paese con la performance migliore, invece, risultano:
- Lituania: 53,3%
- Lussemburgo: 52,7%
- Cipro: 52,5%
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Apprendimento permanente
Il dato si riferisce alle persone in età compresa tra i 25 e i 64 anni che, intervistati, hanno risposto di aver frequentato un corso d’istruzione o formazione nelle quattro settimane precedenti. Il trend italiano è sempre in fase di crescita, passando dal 6,3% del 2004 all’8% del 2014.
La media Ue28, invece, si attesta al 10,7% con l’Italia che si posiziona a metà classifica, ma molto al di sotto rispetto a Paesi con i migliori risultati:
- Danimarca: 31,7%
- Svezia: 28,9%
- Finlandia: 25,1%
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La possibile causa?
Difficile stabilire una causa precisa del quadro che abbiamo appena delineato, ma vogliamo richiamare la vostra attenzione su un dato che potrebbe forse aprire uno spiraglio di riflessione.
Spesa pubblica per istruzione e formazione
Dal 2004 al 2013, la spesa pubblica italiana per istruzione e formazione incide sul PIL per un valore compreso tra i 3 e il 4%, con il 3,6% rimasto costante per il triennio 2011-2013.
Il risultato italiano è peggiore della media Ue28, che raggiunge il 5% e migliore solo rispetto ad altri 4 Stati Ue:
- Irlanda: 4,1%
- Spagna: 4,0%
- Bulgaria: 3,8%
- Romania: 2,8%
I Paesi con un risultato migliore sono:
- Danimarca: 7,0%
- Portogallo: 6,8%
- Svezia: 6,6%
- Cipro, Finlandia e Slovenia: 6,5%
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Non possiamo affermare con certezza, almeno per il momento, che esista un nesso di causalità, ma è innegabile che un qualche tipo di legame tra i dati debba pur esistere, almeno per quanto riguarda la situazione relativa all’istruzione e ai consumi culturali in Italia.
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