Con Amy McLellan è impossibile riconoscere il volto dell’assassino
Il volto dell’assassino di Amy McLellan, edito da Corbaccio con la traduzione di Elisabetta De Medio, è un thriller appassionante, da leggere tutto d’un fiato.
Sarah e Joanna sono due sorelle che vivono insieme da quando un incidente stradale si è portato via il marito di Joanna e ha lasciato Sarah con un disturbo neurologico permanente. Nonostante tutto, gli anni scorrono tranquilli. A volte, l’esistenza quieta delle due sorelle è turbata da piccoli screzi come è ovvio che sia; da qualche recriminazione di tanto in tanto; dal disagio di un passato avvolto da una fitta nebbia che custodisce e blocca i ricordi di Sarah; dal dolore con il quale Joanna ha imparato a convivere facendone la sua forza. Ma di base a unirle c’è un profondo affetto.
Una sera, un individuo misterioso irrompe in casa loro e in men che non si dica la semplice monotonia del quotidiano diventa un incubo. Joanna viene barbaramente uccisa davanti agli occhi terrorizzati della sorella. «Cosa ci fa lui qui?» sono le ultime parole di Joanna prima di andare incontro al suo destino. È un conoscente dunque, un volto amico. Ma l’unica testimone di tale barbarie non può riconoscere l’assassino. Sarah non riconosce i volti. Prosopagnosia è il termine medico. Disagio, confusione, ansia, smarrimento sono i vocaboli che descrivono ai più l’esistenza di Sarah. Chi ha ucciso Joanna? Di chi mi posso fidare?, sono invece gli interrogativi che si impongono nella nuova realtà.
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Il volto dell’assassino procede così: stuzzicando l’interesse del lettore. Alternando presente e passato – da un lato ciò che è stato, ossia flashback di un passato che Sarah valuta e analizza per trovare un nesso con l’omicidio ma anche per mettere ordine nella sua memoria ammaccata e dall’altro l’oggi fatto di indagini di polizia, di traumi mai sopiti, di diffidenza nel prossimo, che sia un vicino di casa un po’ curioso, goffo e forse un tantino strano o un’affascinante vecchia fiamma della vittima – entriamo nel vivo del racconto. Sarah procede a tentoni in un mondo che la fa dubitare anche di se stessa; allo stesso modo noi lettori iniziamo a mettere in discussione le uniche certezze.
L’autrice sa centellinare le informazioni, le sa distribuire con il contagocce per mantenere vivo l’interesse e costringerci a volerne sempre di più. Con il libro in mano a mo’ di lente di ingrandimento ci aggiriamo tra le pagine come investigatori alla ricerca della verità. Il disturbo neurologico di Sarah diventa il nostro disturbo, l’ansia della protagonista diventa il nostro disagio. Il «di chi ti puoi fidare quando ti sembrano tutti sconosciuti?» che campeggia sulla copertina di questo thriller psicologico diventa il nostro mantra. È la nostra ossessione.
Amy McLellan è al suo primo romanzo eppure la sua scrittura è quella di un’autrice esperta. Ogni piccolo dettaglio è curato con precisione. Ogni elemento sta dove deve essere. Che sia astratto o concreto, lo vediamo, lo tocchiamo, lo proviamo. La campagna dello Shropshire, «là dove le colline si susseguono come onde grigio-violacee richiamando la figura di un gigante addormentato», tanto cara all’autrice che proprio qui ha scelto di vivere con la sua famiglia, fa da sfondo al romanzo. Quasi si possono sentirne i profumi e immaginarne i «morbidi versanti erbosi». Si può vedere il profilo di Speldhurst Road con le sue case in mattoni marroni, i giardini sul retro e la deliziosa cittadina di Shrewsbury, dove abita il giovane James, rimasto orfano troppo presto, ma anche assaporare quel tè delle cinque, offerto, alla nostra protagonista, praticamente a tutte le ore, dal vicino impiccione Adam. Ma soprattutto si può sentire lo smarrimento e la paura. Siamo tutti affetti da prosopagnosia mentre annaspiamo tra incubo e verità. E quanto sarà dura fare i conti con la verità!
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Fin dalle prime pagine dell’esordio letterario di Amy McLellan è chiaro che riconoscere il volto dell’assassino risulta una vera e proprio sfida ma che il talento dell’autrice invece si individua benissimo.
Per la prima foto, copyright: Lacie Slezak su Unsplash.
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