Come superare la perdita di un padre – Il racconto di Carlo Gabardini
Come superare la perdita di un padre, questo è al centro di Fossi in te io insisterei, libro di Carlo G. Gabardini, appena edito da Mondadori. Il risultato è la confessione di una lotta così intima e allo stesso tempo così universale. Abbiamo incontrato l’autore durante un evento riservato a un gruppo ristretto di blog letterari.
In tanti ricordano Gabardini come attore di televisione e di teatro, ma pochi sanno che è stato anche autore di molti testi da lui poi interpretati.
Lo avevamo già intervistato dopo due vicende che lo avevano visto protagonista, ovvero la pubblicazione di una lettera su «Repubblica» in cui faceva coming out dopo l'ennesimo suicidio di un ragazzo gay e la messa in rete di un video intitolato La marmellata e la Nutella diventato virale in pochissimo tempo.
Gabardini, durante l’incontro, esordisce con questa frase:
«Dicono che il periodo di elaborazione del lutto duri 7 anni, ma questi anni devono essere affrontati e devono partire con coscienza, non scattano in automatico con la morte della persona cara».
Da questa affermazione traspare il filo conduttore del libro. Una lettera che Carlo avrebbe scritto per dare un senso al dialogo che l'autore non ha mai smesso di avere con il ricordo che aveva del padre; ricordo che,con il tempo, si stava trasformando.
«Le regole che un genitore ti dà sono mediate da lui stesso; senza di lui rimane solo la fredda regola senza una spiegazione. Nella mia testa stava cambiando e si stava trasformando in una voce rigida e giudicante. Grazie a questa lettera mi sono potuto rendere conto che mio padre era migliore di quella voce che mi si era piantata in testa».
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Dire che questo libro è solo per un pubblico omosessuale è come dire che la Divina Commedia è un libro solo per i fiorentini. Lo stesso fatto di essere gay è intrecciato alla storia in maniera così quotidiana che risulta quasi invisibile. C'è chi specula e chi sfrutta l'omosessualità per vendere, ma in questo caso è l'autore che ci risponde:
«In che senso sfruttare? Non è mica una malattia che uno può sfruttare per impietosire. Per spiegare la condizione gay nella nostra società posso usare una metafora. Essere gay è come essere ebrei. Apparentemente non vi è nulla di male, entrambi le condizioni non sono tragedie. Essere ebrei vicini di casa di Hitler nel 1940 diventa una tragedia».
La grande esperienza nella scrittura si riconosce da subito. Uno stile frizzante che non cade mai nel ridicolo riesce a conciliare momenti ilari, anche su argomenti delicati, a momenti di grande partecipazione emotiva e commozione.
Gabardini racconta un pezzo di tutti noi raccontando parti molto intime della sua storia.
Anche il titolo merita una parentesi. Quando Carlo G. Gabardini frequentò la scuola di teatro Paolo Grassi, venne bocciato al secondo anno del corso di attore. Fu il giorno più brutto della sua vita, visto che aveva scelto la strada artistica a discapito della professione di avvocato, professione che tutti si aspettavano lui intraprendesse. Dal dialogo fra padre e figlio sulla bocciatura nasce proprio il titolo Fossi in te io insisterei, frase che spronò Gabardini a continuare la sua carriera nel mondo del teatro e della scrittura.
«Mi sembrava doveroso anche riportare alcuni insegnamenti che il padre che mi è stato dato in dote mi ha lasciato perché penso che fosse una persona capace di comunicare senza forzare. Io da piccolo non leggevo nulla e i miei genitori erano preoccupati. Così mio padre, quando gli chiedevo qualcosa, mi diceva impugnando un libro che la risposta che cercavo era scritta in un paragrafo proprio all'interno dell'oggetto che tanto osteggiavo. E forse in quel modo mi ha fatto capire l'importanza della lettura, senza forzature».
Gabardini ha scritto questo libro chiudendosi in casa e andando a rileggere tutti i suoi minuziosi diari che teneva ben conservati. Una sorta di pignoleria che però lo ha aiutato a chiudere il cerchio della sua lettera e che gli ha permesso di trovare un luogo dove poter riporre il ricordo di suo padre e dargli “forma”.
Questo è un libro utile a tutti quelli che dicono che non si può cambiare, a quelli che si sentono bloccati e che danno la colpa al mondo, quelli che devono fare pace con qualcuno di caro che hanno perso. Insomma è un libro che senza essere invasivo, butta giù quei muri che pensavamo servissero per proteggerci e invece ci tenevano lontano da noi stessi.
«Bisogna, e Freud ne sarebbe contento, uccidere il proprio padre per diventare padre a propria volta. Con questa lettera ho cercato di raggiungere una maturità tale da poter stare in piedi senza entrare in crisi per non saper nemmeno scegliere tra acqua naturale e acqua frizzante. Mia madre mi ha cacciato di casa per tagliare il cordone ombelicale, con mio padre ho dovuto tagliarlo io».
È un libro che ti tiene compagnia, ti dà una pacca sulla spalla quando ne hai bisognoe lo fa con parole divertenti e mai presuntuose. Carlo G. Gabardini ci prende per mano, ci porta dove la vita ci blocca e con un sorriso ci dice Fossi in te io insisterei, suggerendo al contempo una strategia per superare la perdita di un padre.
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