Come spiegare la fotografia ai ragazzi. Il bel libro di Joel Meyerowitz
Perché spiegare la fotografia ai ragazzi? È forse la prima domanda a cui bisogna rispondere prima di entrare nel merito del come farlo.
Forse perché con l’avvento degli smartphone da cui è possibile fare tante fotografie e condividerle in tempo reale e con la moda dei selfie a tutte le ore del giorno e in qualsiasi circostanza si è un po’ iniziato a perdere il senso vero della fotografia che non era solo quello di condividere continuamente aspetti di sé, ma anche un modo per riflettere e trasformare in immagine «ciò che il mondo racconta a te e solo a te», come sostiene Joel Meyerowitz, nel suo Guarda! La fotografia spiegata ai ragazzi, appena edito da Contrasto nella traduzione di Valentina De Rossi.
Ed è lo stesso Meyerowitz a chiarire indirettamente il perché sia importante spiegare la fotografia ai ragazzi:
«Quando ho imparato a osservare con più attenzione la vita intorno a me, ho notato che nonostante le azioni dell’uomo si ripetano, i protagonisti sono ogni volta diversi, e quindi si assiste sempre a nuove variazioni sugli stessi temi. Questa convinzione ha fatto di me il fotografo che sono oggi».
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La fotografia dunque come possibilità di cogliere la differenza insita nel mondo, anche in quelle azioni che magari tutti ripetiamo in un modo all’apparenza identico.
La forza del volume di Meyerowitz sta nel fatto che l’autore, anch’egli fotografo, non procede per insegnamenti teorici ma lavora attraverso le fotografie e dall’analisi di queste passa a una riflessione generale, con un linguaggio semplice e diretto, su temi come l’osservazione, il tempismo, la messa in posa, gli angoli e la prospettiva… arricchendo il tutto con qualche aneddoto relativo alle foto analizzate.
Ad esempio a proposito di questa foto di Mary Ellen Mark che ritrae Ram Prakash Singh con il suo elefante Shyama (Great Golden Circus, Ahmedabad, India, 1990), Meyerowitz scrive:
«Mary Ellen Mark notò subito i piccoli dettagli che donano alla fotografia la sua grazia: la cintura e le mani dell’addestratore, i bracciali in una posizione così perfetta da seguire la curva della cinta, che riprende quella della proboscide, e poi lo sguardo intenso sul volto dell’uomo».
Ma, aggiunge Meyerowitz, seppe anche aspettare il momento giusto per «superare i suoi fantastici soggetti e la perfetta geometria della composizione». E
«quando si accorse che l’uomo e l’animale la fissavano con occhi spenti, come se ne avessero abbastanza, Mary Ellen Mark comprese subito che il momento giusto era quello!»
L’arte della fotografia dunque c’insegna l’importanza dell’attesa, di restare in ascolto dei soggetti da fotografare fino a quando non è venuto fuori qualcosa che supera il mero accostamento estetico di personaggi, situazioni e oggetti.
Ma la fotografia è anche capacità di osservazione, di cogliere qualcosa che si cela dietro ciò che è lì davanti a noi. Come ad esempio accade nella foto di Elliott Erwitt (New York, 2000) che vi proponiamo qui di seguito.
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«Erwitt ha colto al volo le opportunità offerte da questa scena,» scrive Meyerowitz « e si è messo esattamente davanti al cane, dando vita all’esilarante creatura metà uomo e metà bulldog della foto. Se fosse stato poco più a sinistra o a destra, questa specie di totem non esisterebbe, e l’immagine non sarebbe così divertente».
La fotografia dunque come capacità di cogliere le «combinazioni sorprendenti» che sono insite nel mondo e dunque
«se ne riconosci una e riesci a sbloccare la sua capacità di far ridere, o in generale di colpire, prendine nota e fanne tesoro per osservarne altre in futuro. Potresti fissare queste intuizioni in una fotografia o in un testo scritto, non importa; quel che conta è registrare subito ciò che vedi, nell’istante in cui lo fai. Così si fa arte, così potrai avere una più ampia visione del mondo».
E in questo può essere utile anche un confronto con la foto di Martin Parr, La Torre pendente di Pisa (1990) attraverso la quale Meyerowitz ci mostra come grazie all’obiettivo di una fotocamera possiamo cogliere aspetti surreali di una scena, magari anche trasformandone il senso. Ed è così che persone che stanno giocando con la Torre di Pisa «in questa fotografia sembra che stiano tutti partecipando a una lezione di Tai Chi, o che si riscaldino prima di uno spettacolo di danza».
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La fotografia dunque come mezzo per osservare il mondo, coglierne le infinite combinazioni possibili e gli aspetti surreali e fantastici, forse per questo è importante spiegarla ai ragazzi?
Per la prima foto, copyright: Joseph Chan.
Per tutte le altre, si ringrazia l’editore.
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