Come sono nati i giochi? Una bellissima storia illustrata
Come sono nati i giochi? Domanda che di sicuro prima o poi ci siamo posti, dato che tutti noi siamo abituati, fin da piccoli, a giocare. Anche se i tempi sono cambiati e i videogiochi sembrano aver sostituito quasi del tutto i giochi all’aria aperta, l’istinto è rimasto invariato e con esso la voglia di divertirsi e passare del tempo svagandosi è rimasta invariata.
A rispondere a questa domanda fornendoci qualche risposta sull’origine dei giochi può aiutarci un simpatico volume edito poco tempo fa da Gallucci editore. S’intitola Storie di giochi. Dal nascondino al sudoku ed è a cura di Andrea Angiolino, con le illustrazioni di Alessandro Sanna.
Tra curiosità e aneddoti il volume ci accompagna in un giro in compagnia di personaggio più o meno noti a cui dobbiamo la diffusione di giochi come gli scacchi, il mercante in fiera, il monopoli, il flipper,
Vediamo da vicino alcuni dei giochi di cui ci parla Angiolino.
Acchiaparella
«Già nell’antica Grecia questo passatempo aveva regole precise e un nome: gioco di Empusa. Uno dei partecipanti correva dietro agli altri: se riusciva a toccare qualcuno con la punta di un bastoncino o con la manica del vestito, i due si scambiavano di ruolo e la corsa ricominciava».
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Briscola
Stando alla ricostruzione nel volume pare che la prima citazione della briscola sia riscontrabile in un volume del 1797, Elementi di logica e psicologia formati dietro la scorta de’ più illustri metafisici di questo secolo dall’abate Berardo Quartapelle. Pare che tra gli antenati della briscola ci sia la brusquembille, «descritta per la prima volta dall’attore cinquecentesco Jean Gracieux detto Bruscambille nella prefazione di una delle sue opere teatrali. […] La si cita con certezza dal 1707 e le regole appaiono in Académie Universelle des Jeux nel 1718, ove si dice che “il gioco è nuovo e si pratica assai di frequente, a Parigi come nelle province”». Tra i cultori della briscola ci fu anche il tenore Luciano Pavarotti «che la giocava sempre con gli stessi compagni d’infanzia: Giorgio Maletti, Luciano Ghelfi, Giorgio Bonacini. Quando in tournée aveva nostalgia di casa, comprava ai tre amici il biglietto d’aereo e li chiamava per farsi raggiungere. A volte finivano anche nei programmi di sala dei concerti, alla voce “Team briscola”».
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Calcio balilla
È difficile dire con precisione dove sia nato il calcio balilla visto che sono molte le nazioni a contendersi il primato. È certo però che «il primo brevetto per il gioco nella forma attuale è inglese e fu depositato nel 1922 dal tifoso Harold Searles Thornton che, di ritorno da una partita del Tottenham, lo costruì in piccolo infilando alcuni fiammiferi attraverso la loro scatolina». Per i francesi tra i possibili inventori ci sarebbe Lucien Rosengart, un operaio della Citroën, mentre per i tedeschi sarebbe Broto Wachter, «che nel 1931 ne realizzò esemplari senza le sagome dei calciatori». Alexandre Campos Ramírez, in arte Alejandro Fisterre, sarebbe invece il suo inventore, stando agli spagnoli. I primi esemplari artigianali di calcio balilla italiani risalgono al 1936 e furono costruiti a Poggibonsi. Interessante il fatto che «In letteratura, dopo sporadiche apparizioni in opere minori, il nome del gioco fece la sua apparizione nel 1959 in Una vita violenta di Pier Paolo Pasolini: in un cortiletto dell’Ina Case a Pietralata, in Roma, “quattro più piccoletti giocavano al calcio balilla, e altri due giovanotti al ping pong; altri stavano a guardare seduti su delle casse”».
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Carte da gioco
«Le carte da gioco sono nate in Cina […] Si narra che le abbia ideate una dama per tenere le mani occupate al marito, infastidita che lui si toccasse in continuazione la barba». Secondo molti studiosi, però, pare che i cinesi abbiano iniziato a giocare con le carte per sostituire le banconote con cui tra il VI e il IX secolo avevano iniziato a praticare il gioco d’azzardo. «I segni di fiori, cuori, quadri e picche deriverebbero dai simboli che in Cina indicavano il valore di ogni banconota». In Europa giunsero dall’Oriente nella prima metà del Trecento, e si diffusero con il nome di “naibi”. «Le prime testimonianze del gioco sono in Italia: il 23 marzo 1377 si vietò a Firenze il gioco “qui vocatur naibbe”, proibito nello stesso anno anche a Siena». Due anni dopo le carte da gioco apparvero anche a Viterbo, o almeno così sostiene nel 1480 una cronaca dello speziale e mercante Giovanni di Iuzzo da Covelluzzo, attribuendo loro origini arabe.
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Chatrang
Il gioco pare si sia diffuso in India: «Era un gioco d’azzardo per quattro partecipanti, alleati a coppie, ciascuno con il suo esercito che includeva quattro pedoni, un rajah, un elefante, un carro e un cavallo. I pezzi ricordano rispettivamente, nel movimento, gli attuali pedoni, re, alfieri, torri e cavalli degli scacchi. A ogni turno i dadi indicavano quale tipo di pezzo muovere». Lo scopo del gioco era quello di mettere sotto scacco il rajah avversario. Non è un caso che l’espressione “scacco matto” derivi da «saha mat, che in persiano significa “il re è morto”». E infatti il gioco era molto popolare il Persia, da dove passò agli arabi che lo accolsero con grande entusiasmo.
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Cruciverba
«Il 14 settembre 1890 Giuseppe Airoldi pubblicò uno schema di “parole incrociate” sul numero 50 del “Secolo Illustrato della Domenica”. […] Era un cruciverba come quelli odierni, a parte un dettaglio: non c’erano caselle nere a separare una parola dall’altra». Il primo cruciverba come quelli che conosciamo oggi con le caselle nere «è stato il Word-Cross: apparve sul supplemento natalizio del quotidiano “New York World” il 21 dicembre 1913. Era a forma di rombo, con un buco al centro».
Il primo cruciverba arrivò in Italia «l’8 febbraio 1925 su “La Domenica del Corriere”. […] In quello stesso anno Valentino Bompiani, che diverrà poi un celebre editore, curò per Mondadori un volume di parole crociate: battezzò il gioco cruciverba, ricalcando con tono latineggiante il nome inglese crossword».
E a raccontare un aneddoto particolare legato ai cruciverba è la scrittrice Simone de Beauvoir, la quale in piena seconda guerra mondiale «annotò nei suoi diari che il governo francese aveva proibito i cruciverba sui giornali: si temeva che potessero essere usati dalle spie per comunicare all’estero informazioni in codice».
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Lotto
Quella del lotto è un’origine strana, in quanto nacque in un ambito molto diverso da quello ludico. Siamo nel 1576«quando Andrea Doria riformò la Repubblica di Genova. Ogni sei mesi, cinque nuovi notabili ne sostituivano altrettanti nei Serenissimi Collegi: erano scelti a sorte, pescandone i nomi tra i 120 segnati su altrettanti foglietti e mescolati in un’urna detta “seminario”. Il popolo si appassionava all’evento e scommetteva su chi sarebbe stato estratto. Nel 1620 si numerarono i nomi, ridotti a novanta quanti i numeri dell’attuale lotto; c’era chi puntava su un nome, chi su più di uno come negli odierni ambo, terna, quaterna e cinquina».
In seguito il gioco fu amministrato dallo Stato e divenne noto anche come giuoco delle zitelle: «Si sorteggiavano direttamente i numeri, accoppiati ai nomi di altrettante ragazze in età da marito e bisognose: alle estratte si assegnava una dote matrimoniale».
Nel 1682, grazie al genovese Goffredo Spinola il lotto giunge a Napoli, da dove si diffuse negli altri Stati italiani.
«A Regno d’Italia appena unito, nel 1863, il lotto fu istituzionalizzato con estrazioni su otto ruote locali: Bari, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia. […] Nel 1938 alle ruote si aggiunsero Genova, la patria del gioco, e Cagliari».
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Scopa
E qui le cose si mettono male perché non si sa ancora nulla di preciso delle origini della scopa, anche se pare sia nata a Napoli alla fine del Quattrocento, ma non ci sono prove certe. Possiamo dire comunque che la scopa pare fosse diffusa «già nel Settecento» quando «il sacerdote napoletano Marcello Chitarrella le dedicò un trattato in latino».
Il gioco è molto diffuso anche all’estero. «In Tunisia ad esempio, dove si parla di skouba già nel 1933, il gioco di carte più diffuso è oggi la chkouba, diretto derivato della nostra scopa».
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Tombola
Sembrerà strano ma la tombola nacque per sostituire il lotto nel periodo natalizio ad opera di un frate domenicano, padre Rocco che, nel 1734 «ebbe a discutere con Re Carlo III di Borbone: trovava il lotto immorale e chiedeva che fosse vietato. […] I due trovarono alla fine un compromesso: la Corona avrebbe gestito il lotto, ma sospendendolo a Natale per rispetto della festività religiosa».
Ma i napoletani non potevano di certo rinunciare a giocare e allora «si organizzarono da soli: nel periodo di divieto costruirono apposite cartelle e giocarono a comporvi ambi, terne, quaterne e cinquine con i 90 numeri estratti da un sacchetto. Una sorta di lotto casalingo alla portata di tutti. Era nata la tombola».
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Per chi volesse sapere di più sulle storie di giochi come sudoku, nascondino, cluedo, ma anche di altri più contemporanei, oltre a consultare il libro di Andrea Angiolino, potrà assistere alla presentazione del volume che si terrà domenica 8 ottobre alle 16.30 a Roma, in occasione di Romics, la fiera internazionale sul fumetto, l'animazione, i videogames, il cinema e l'intrattenimento. L’occasione giusta per imparare qualcosa di più sulle storie che riguardano i giochi che più amiamo.
Per la prima foto, copyright: Patrick Fore.
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