Come si scrive un romanzo a quattro mani? Dialogo tra Loriano e Sabina Macchiavelli
Come si scrive un romanzo a quattro mani? Nascono prima i personaggi o la trama? Esiste un intento comune o ciascuno ha in mente una “storia” propria e originale? Prima di mettersi nell’impresa, gli autori del romanzo La bambina del lago, uscito a settembre 2019 per Mondadori, si sono scambiati alcune osservazioni su quello che gli sarebbe piaciuto fare.Il loro dialogo (per lettori adulti, ché i lettori bambini non ne hanno bisogno) aiuterà i lettori a capire come e perché due narratori così differenti e così gelosi ciascuno del proprio stile decidono di scrivere insieme un racconto fantastico e strampalato.
LM – La vedo così: la storia stravagante di alcuni bambini ambientata in un paese di montagna quando io, ragazzo, sentivo parlare sottovoce di fascismo, non sapevo di computer e di cellulari, di smartphone, di tablet e di altri meravigliosi strumenti dei quali il nome persino mi sfugge, tanti sono.
SM – È un bel problema. Io non ero neanche nata in quell’epoca e, oltre a sapere poco di smartphone e tablet, so pure poco di paesi di montagna, bambini e libri durante il fascismo. Mi chiedo come farò a scriverci un libro.
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LM – Allora ti spiego io qualcosa. Almeno di libri me ne intendo. I romanzi che leggevo erano stampati su fogli di carta, ogni capitolo aveva una tavola illustrata da un grande disegnatore e corredata da una frase tratta dal romanzo. Che meraviglia quando arrivavi, nella lettura, a quella frase. Tornavi all’illustrazione e controllavi che corrispondesse alla descrizione letteraria.
SM – Per la verità anche adesso i bambini leggono libri stampati su fogli di carta con illustrazioni e didascalie. E si meravigliano e strabuzzano gli occhi per come la figura corrisponde alla narrazione.
LM – Se mi lasci finire capirai dove voglio arrivare. Le copertine erano di cartoncino con un’immagine colorata che prometteva chissà quali strabilianti avventure dei protagonisti. Un tempo che sembra lontano millenni e sono passati appena novant’anni.
SM – Novant’anni sono quasi un secolo… Per un bambino che decide di leggerci è un tempo lunghissimo. Forse lo stesso che per un grande leggere Omero. Eppure è incredibile come le avventure fantastiche e il mistero di racconti lontani attraversino i decenni e arrivino a noi con la stessa immutata capacità di farci incantare e commuovere.
LM – Mi fa piacere che lo pensi anche tu. Il fantastico e il mistero sono rimasti uguali nei millenni. Io ci metterei anche i sogni infantili che, mi sono accorto, sono più o meno gli stessi per tutte le generazioni.
SM – Allora, come la cominciamo questa storia?
LM – Posso dirti come la inizierei io: con la nascita di una bambina che diventerà una ragazzina dotata di poteri non comuni e poi sarà una giovane e una donna meravigliosa. Per la verità giovane e donna meravigliosa non lo so di preciso, al momento. Né so se avrà conservato i poteri. Me lo auguro e lo auguro anche a lei dicendole addio con la parola “fine”.
SM – Ecco, scrivere questo romanzo per me significa recuperare la bellezza di quei poteri e di quella “meravigliosità” che ci caratterizzano da bambini e che presto ci sfuggono, vuoi perché ci cominciano a raccontare che sono solo dei bei passatempi, vuoi perché noi stessi ci raccontiamo che, adesso che siamo cresciuti, è ora di assumersi delle responsabilità. È ora di lavorare.
LM – Io proverei a scrivere il romanzo come usavano fare gli scrittori dei tempi andati. Sarebbe il mio modo per ringraziarli di quel poco di cultura che ho racimolato razzolando fra le pagine dei loro libri. Lo scriverei anche con la presunzione di far capire da dove vengono i ragazzi che nel 1930 avevano gli anni dei nostri lettori più giovani. I loro nonni, insomma.
SM – Hai parlato di cultura, un concetto che metterei insieme ai poteri meravigliosi della nostra bambina per il trattamento che è loro riservato. È il pensiero creativo, differente, che spaesa e spesso disturba perché è aperto all’altro anche quando questo “altro” non piace. Scrivendo il romanzo vorrei tentare di comprendere, attraverso la bambina meravigliosa, cosa accade quando la cultura viene mortificata da una ragione calcolatrice e dimostrativa che elimina tutto quanto le sfugge perché non corrisponde alla sua idea di mondo. E far intravedere i rischi che questo comporta oggi per noi.
LM – Anche a me piacerebbe che la storia andasse oltre la rigorosa logica degli adulti per i quali ogni avvenimento deve essere razionale. Per esempio, cercherò di capire perché mio zio Pipo mi deridesse quando gli raccontavo che le pannocchie con le quali stavo giocando assieme a Gianni erano in realtà dei buoi. E se ne andasse invitandoci (Gianni e me) a svegliarci se non volevamo che ci svegliassero gli altri a suon di sberle.
SM – Non sei stato educato col metodo Montessori…
LM – Spiritosa. Insomma, mi piacerebbe che fosse un tributo alla fantasia della mia infanzia, quando due pannocchie diventavano un paio di buoi e le pigne, vitellini. Quando credevo ancora alla rocca magica che filava il tempo e al fuso del comando capace di realizzare i desideri.
SM – Sì, anch’io ricordo quella dimensione in cui la magia era dentro le nostre piccole teste e da lì si comunicava agli oggetti che sceglievamo per giocare. Credo che i lettori giovani capiranno bene cosa cerchiamo di dire. E gli adulti, forse, a loro volta ricorderanno come stiamo facendo noi due.
LM – E qui subito il primo ripensamento. Se scrivo parole come rocca e fuso, a parte il loro reale utilizzo di quei tempi, i lettori di oggi sapranno a cosa mi riferisco? E le pannocchie e le pigne? Oggetti di un altro mondo.
SM – Sì, ma come sai immaginare è proprio questo. Basta uno spazio libero in cui è consentito fare quello che si vuole con quello che ci troviamo. E meglio se è popolato di oggetti e nomi (e persone) che non conosciamo. Le cose diventano ciò che vogliamo noi.
LM – Il bello sarà proprio questo. Inventeremo. Il romanzo è invenzione.
SM – E anche questo è il bello: che inventeranno pure i lettori.
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LM – A proposito di lettori, il secondo ripensamento. Il romanzo del quale stiamo ipotizzando la nascita potrebbe sembrare ai miei ventisei lettori totalmente al di fuori di ciò che si aspettano. Non è un noir e non è sui segreti italiani come Strage, Funerale dopo Ustica, Noi che gridammo al vento. Ho scritto “sembrare” perché in realtà, ne sono convinto, il nostro romanzo non è che la logica conseguenza di tutto quanto ho scritto e pubblicato in questi quarantacinque anni di attività letteraria.
SM – In effetti, senza volere per forza classificarlo, è un racconto pieno di misteri e con un’indagine, che è una ricerca in più direzioni. I misteri della montagna, con le sue storie a cavallo fra realtà e leggenda, i misteri di personaggi strambi e stra-ordinari, di cui non finiamo di scoprire pensieri e vicende. E la ricerca di tante verità: quelle personali, della bambina e di chi crede in lei, e quelle “serie”, degli adulti che vogliono sempre a tutti costi trovare una soluzione. Ai lettori, ancora una volta, decidere per chi parteggiare.
Per la prima foto, copyright: Thought Catalog su Unsplash.
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