Come raccontare il cancro ai bambini. Le fiabe di Matteo Losa
Come raccontare il cancro ai bambini? Semplice, attraverso delle fiabe ricche di personaggi alle prese con mirabolanti avventure e il milanese Matteo Losa ci è riuscito con il volume Piccole fiabe per grandi guerreri edito da Mondadori. Losa, trentacinque anni, lotta da più di dieci anni contro il cancro e le fiabe raccolte nel libro dall’accativante copertina gialla sono nate dalla sua fantasia. Matteo, ora, vuole donare queste storie di forza e coraggio ai piccoli lettori per aiutarli ad affrontare la malattia.
Come è nato il progetto #fiabecontroilcancro e che finalità ha?
#FiabeControilCancro era un progetto di crowdfunding nato nel novembre 2016, in collaborazione con Airc, per realizzare un albo illustrato con una fiaba che parlasse di questa malattia al modo delle fiabe classiche, quelle dei Grimm, Andersen, ecc. In seguito al successo di questa campagna abbiamo avuto modo di poter far crescere il progetto insieme a Mondadori, finalizzandolo in Piccole fiabe per grandi guerrieri, il libro che avete tra le mani, non più un albo illustrato con una sola fiaba, ma una vera e propria raccolta!
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Cosa rappresenta per lei vedere le sue fiabe raccolte in un libro vero e proprio?
Rispondere un sogno sarebbe riduttivo. Io ho sempre voluto diventare uno scrittore professionista e riuscirci con la fiaba, il genere che più amo, è qualcosa di impagabile, ma soprattutto per me vuole essere un punto di partenza importante per qualcosa di ancora più grande… Lavorerò sodo per questo!
Perché ha scelto proprio la forma narrativa della fiaba?
Ho scelto la fiaba soprattutto perché ci sono cresciuto: Cappuccetto rosso, Cenerentola, La sirenetta, Il soldatino di stagno sono un vero e proprio mantra per me. Poi perché, come ogni scrittore, nel mio primo libro volevo presentare anche me stesso, quella che è la mia vita e la mia visione del mondo, e ho pensato che la fiaba fosse la maniera più fresca ma efficace per parlare della battaglia che affronto quotidianamente con la malattia.
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Il libro raccoglie nove storie che trattano del cancro senza mai citarlo in modo esplicito. Com’è riuscito a trovare delle figure alternative (i personaggi) per raccontare la malattia?
Come detto prima, con le fiabe classiche ci sono cresciuto, quindi dopo aver passato un’infanzia intera a leggerle e 5 anni a studiare come scriverne una è stato relativamente facile trovare il personaggio migliore per trasmettere il messaggio che volevo far uscire in ogni fiaba. Loro sono nati naturalmente nella mia testa.
In Piccole fiabe per grandi guerrieri tornano spesso alcune emozioni: sorpresa, paura, disprezzo, rabbia, disgusto, gioia e tristezza, che funzione hanno nelle sue fiabe e nella vita reale?
Le emozioni di base sono le uniche che possediamo tutti, a prescindere dalla razza, il sesso, il livello culturale. Sono ciò che ci accomuna tutti in un modo o nell’altro, ma soprattutto sono le prime che entrano in gioco quando un evento esterno mina i nostri equilibri: come la malattia per esempio. Proprio per questo ho deciso di concentrarmi su di esse per mettere in luce alcuni vizi da evitare e virtù da perseguire se vogliamo ritrovare il più velocemente possibile l’equilibrio perduto. La fiaba per definizione parla a tutti, bambini, adulti, maschi, femmine, proprio per questo è il genere ideale per lavorare su queste emozioni primarie.
Il gigante bitorzoluto, lo scoglio di Petra, il criceto pettirosso, Nanni e Diletta, il giovincello con la gobba, Messer Pigrone e Rosaspina, tanti personaggi in situazioni differenti e tante prove da superare. Cosa spinge le sue creature letterarie a non mollare mai?
Quello che spinge anche me nella mia battaglia… Ovvero una sete insaziabile di lieto fine. Un lieto fine che non è per niente scontato, ma va conquistato con sacrificio e soprattutto volontà di cambiare se stessi, volontà di crescere come persone migliori.
Tra i diversi personaggi quale sente più vicino, quello con il quale si identifica di più?
Sicuramente la fiaba de Lo scoglio di Petra è quella che più di tutte rappresenta la mia anima e la mia vita. Come lo scoglio mi devo confrontare quotidianamente con la violenza della corrente, la chemio, che ne erode la roccia, ma come lo scoglio… Be’ non posso dire come va a finire.
Nella Preparazione alla lettura, lei scrive che questo libro può essere utile per i bambini che si trovano a fare i conti con il cancro e per i loro genitori, ma che è anche «un manualetto per salvare me». Noi siamo abituati a concepire la salvezza come guarigione e quindi solo dal punto di vista fisico… ci spiegherebbe meglio questo concetto di “salvezza”?
Questa è una domanda bellissima! Perché per me salvezza ha un senso molto più ampio di quello tradizionale di guarire fisicamente. Per me salvezza significa dare senso alle sofferenze che devo affrontare. Dare senso agli sforzi, ai sacrifici, dare senso a ogni azione che compio e questo dipende molto dalle persone che mi circondano, sia fisicamente che quelle che mi seguono sui social. Riuscire a trasmettere loro emozioni vere, sincere mi aiuta a dare senso a quel che faccio senza focalizzarmi solo ed esclusivamente sulla guarigione fisica… Mi aiuta a salvarmi quotidianamente.
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Non è mai facile parlare della malattia in generale e del cancro in particolare, però ci sono alcune persone che grazie alla loro tenacia e sensibilità, Matteo Losa ne è un esempio, riescono ad affrontare l’argomento usando, in questo caso, la fiaba per aiutare anche noi adulti a capire come raccontare il cancro ai bambini, perché le parole ben mescolate, come i colori di un quadro, possono davvero aiutare ad affrontare meglio la vita.
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Per la prima foto, copyright: Janko Ferlič.
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