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Come pubblicare un libro evitando 10 errori

Come pubblicare un libro evitando 10 erroriCome pubblicare un libro richiede consapevolezza. Avete lavorato con pazienza e metodo al vostro manoscritto e ora è lì pronto a contaminare il mondo con le sue possenti e speriamo chiare idee. Bene, e adesso? Gli errori in cui potrete incorrere sono molteplici e qualcuno, mettetevi l’anima in pace, lo commetterete di sicuro, gli scrittori sono ancora esseri umani, almeno molti di loro. Se la pensate diversamente, siete già di fronte al primo clamoroso errore che vi allontanerà dalla pubblicazione del vostro manoscritto.

Ho provato a condensare gli errori che potreste compiere nel lungo e travagliato (qui gli aggettivi “scoraggiativi” si sprecano) percorso che porta dal manoscritto alla pubblicazione per arrivare ai dieci più importanti. Non è stato facile e la lista non sarà di certo completa, ma se grazie a questa lettura potrete evitarne qualcuno sarò soddisfatto. Una grossa mano l’ho avuta da Pubblicare un libro di Maria Grazia Cocchetti (pubblicato da Editrice Bibliografica) in cui l’autrice dello storico manuale L’autore in cerca di editore ripercorre il suo viaggio fra editor, agenti, direttori editoriali e scrittori, fornendo molti consigli pratici a chi si vuole cimentare con il lavoro di scrittore.

E allora cominciamo dai primi 10 errori da evitare per riuscire a pubblicare un libro:

1.      Pensare che il proprio lavoro sia perfetto.

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È ovvio, nessuno lo pensa. Davvero? Ipotizziamo che abbiate impiegato due anni per mettere insieme la stesura (per voi definitiva) del vostro primo romanzo. Per lui avete sacrificato famiglia, amici, carriera, il piacere di fare una passeggiata in una giornata di sole senza pensare di perdere tempo. Avete curato la trama, sostenuto il ritmo, verificato la punteggiatura, declinato in ogni sfumatura i personaggi. Siete certi che se qualcuno muovesse una critica al vostro pargoletto non gli saltereste alla giugulare? Questo potrebbe essere il momento giusto per far leggere il vostro testo da un esperto. La scelta oggi è ampia: potreste inviarlo a un’agenzia di servizi editoriali, ve ne sono molte e su internet possiamo scovare anche le più serie partendo dai commenti di chi ha provato i loro servizi, oppure usare il vostro manoscritto come base di partenza per un laboratorio di scrittura creativa. Se poi avete la fortuna di conoscere qualcuno nell’ambiente editoriale del cui giudizio vi fidate, provate a chiedergli se è disposto a leggere un estratto del vostro manoscritto (qualche capitolo spesso può bastare a un addetto ai lavori per farsi un’idea del vostro stile e degli eventuali miglioramenti da apportare). Insomma mettersi in discussione serve sempre.

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2.      Le scuole di scrittura non servono.

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Giuseppe Pontiggia (inventore dei primi corsi di scrittura creativa in Italia) diceva: «Non conosco nessuno che sia nato scrittore; conosco alcuni che lo sono diventati». Dei corsi di scrittura creativa abbiamo avuto modo di parlare, ce ne sono certamente di validi (p.e. Scuola Holden, Raul Montanari, Laura Lepri Scritture, Scuola Omero, minimum fax), anche in questo caso non c’è la soluzione perfetta per tutti. Approfondite nei siti delle scuole: differiscono per approccio, numerosità degli insegnanti/mentori, tipologia di corsi proposti, obiettivo che si pongono. Sta a voi scegliere quello che più si adatta al vostro modo di concepire la scrittura, ma prima di considerarli inutili a priori, provate a seguire un seminario breve, quelli di un week-end. Bisogna sempre provare prima di dire che non fa per noi.

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3.      Gli agenti sono solo per gli autori famosi.

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Le agenzie letterarie hanno fatto tanta strada in Italia negli ultimi dieci anni. Partite con più di vent’anni di ritardo rispetto al mercato anglosassone e muovendosi in un contesto assai più critico, le agenzie letterarie e gli agenti che le animano possono diventare un approdo sicuro per un autore esordiente. Anche in questo caso dovrete inviare il vostro lavoro in visione (il servizio di solito è a pagamento, un costo onesto dovrebbe variare tra i 150 e i 200 euro, ma si arriva a chiederne anche 800). In caso di parere positivo, l’agente vi proporrà di diventare suo cliente e guadagnerà quando riuscirà a vendere il vostro testo a una realtà editoriale. Insomma l’agente dovrebbe essere una “strana figura” che investe ancora sulle prospettive future. Diffidate di chi tesse lodi eccessive del vostro lavoro, scappate da chi vi chiede anticipi economici per promuovere il vostro romanzo.

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4.      Gli editori sono tutti uguali.

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Gli editori sono tutti diversi e se pensate di poter inviare il vostro manoscritto con la stessa lettera di presentazione a tutti gli editori che trovate su internet, rischiate solo di spendere una fortuna in raccomandate o a scrivere mail che difficilmente avranno una risposta. L’ansia del risultato (stringere fra le mani il proprio romanzo edito da Einaudi, Bompiani o Rizzoli) è un nemico pericoloso e una caratteristica molto comune nello scrittore esordiente e non. È naturale, avete lavorato e sudato (ricordate Thomas Edison e il suo aneddoto sull’ispirazione e la traspirazione?) e ora il vostro testo è lì ad aspettare e a fremere. Non fremete con lui, può solo farvi male. Ogni volta che siete attaccati dall’ansia pensate a Franz Kafka, le cui opere rimasero quasi del tutto ignorate fino alla morte nel 1924 e i suoi romanzi furono pubblicati solo postumi, diventando poi pietra miliare di tutta la letteratura occidentale del secondo Novecento. Pensate a quanto doveva essere affranto lui mentre lavorava in una compagnia di assicurazioni e quanto questi continui rifiuti lo abbiano aiutato a scrivere ciò che ha scritto. Sì, lo so non è un granché come consolazione. Ma se è la letteratura la vostra strada, la pazienza e la tenacia devono essere le vostre ancelle.

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5.      Scrivere per sé e non per il lettore.

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Non c’è molto da dire. Non potete scrivere solo per il vostro piacere e pensare che corrisponda al piacere di tutti, almeno se scrivete anche con l’obiettivo di veder pubblicato il vostro lavoro. Con questo non voglio dirvi di scrivere di ciò che non v’interessa o che non vi motiva, ma solo di provare a pensare a come far arrivare al meglio al lettore le vostre idee e la vostra motivazione.

[I servizi di Sul Romanzo Agenzia Letteraria: Editoriali, Web ed Eventi.

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6.      Ignorare il mercato.

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Se volete pubblicare il vostro libro e volete anche che sia letto, non potete prescindere dal mercato editoriale a cui vi affacciate. Vale l’idea di F.S. Fitzgerald «non si scrive per dire qualcosa; si scrive perché si ha qualcosa da dire». La motivazione conta, la necessità che spinge dietro la motivazione conta ancor di più e da essa non si può prescindere, ma non è detto che il risultato sia quello che il mercato editoriale si aspetta o che pensa possa interessare al lettore. E possiamo credere che il mercato sbagli, che editori, editor, agenti e critici non sappiano cosa voglia leggere il lettore. Ok, forse è vero, ma se questi signori decidono quale storia pubblicare, sono loro che dovete convincere.

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7.      Non aver tempo di leggere.

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Questo proprio non possiamo permettercelo. Se non leggiamo quello che viene pubblicato, letto e amato dai lettori, come possiamo arrivare fino a loro? Una forte dose di classici è altamente raccomandabile per uno scrittore esordiente, ma non dimentichiamo di leggere gli autori italiani contemporanei. Cosa e come scrive chi fa il nostro stesso lavoro ed è un passo più avanti di noi può darci spunti utili per il nostro lavoro.

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8.      Esiste solo il romanzo.

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Certo che no, esiste anche chi scrive per il cinema, il teatro, la TV, i new media, le riviste letterarie sotto forma di blog o webzine che siano, i fumetti. Tutte professioni altrettanto nobili di chi scrive romanzi. Pensateci e non per ridurre il numero di aspiranti romanzieri e ingrossare le fila degli aspiranti sceneggiatori televisivi o inventori di format. Solo per considerare tutte le opzioni, ricordando che qualsiasi sia la vostra scelta, non si improvvisa nulla. Chi sa scrivere un romanzo non è detto che sappia scrivere una buona sceneggiatura, regole, tempi, ritmi narrativi e utenti finali diversi, possono giocare brutti scherzi, bisogna studiare.

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9.      Per scrivere basta ispirazione e talento.

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Utili, certo, ma non bastano. C’è anche la tecnica, la conoscenza approfondita della lingua, la capacità di creare personaggi credibili, trame solide e ritmi coinvolgenti. Tutte cose che si imparano con l’esperienza, come per qualsiasi altro lavoro. Certo, se so disegnare con facilità fin da piccolo sarò un passo avanti a chi fa solo puntini e linee curve, ma non basta a farmi diventare Michelangelo. Lo stesso vale per la scrittura. Esercizio e studio dei classici (leggere, leggere, leggere), cercando di rubar loro tecniche e idee per poi farle proprie, innovando partendo da una base solida anzi, visto il momento difficile che spinge l’editoria a selezionare sempre di più, solidissima.  

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10.  Non ho abbastanza tempo per scrivere.

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Se non avete abbastanza tempo per scrivere, non volete davvero fare lo scrittore. Ok, l’ho messa giù dura, ma è così. Nessuno vuole un autore in più, ce ne sono già troppi e nessuno brama per ascoltare la vostra “voce”. Dovete essere voi a volerlo così tanto, da dedicare ogni momento alla scrittura anche se tutto (mercato, esperti, famiglia, amici) vi dicono il contrario. Se lo volete a tal punto da rinunciare a tutto il resto, allora troverete anche il tempo per scrivere. Sarà per il resto che potreste non avere più tempo.

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Ora che abbiamo visto come pubblicare un libro evitando dieci errori, dimentichiamoli per un attimo, ricordando quello che scriveva Rainer Maria Rilke a un autore esordiente.

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