Come nasce un successo editoriale: intervista a Michela Tilli, autrice di “Ogni giorno come fossi bambina”
È il successo editoriale del momento Ogni giorno come fossi bambina di Michela Tilli, edito da Garzanti. Un romanzo che intreccia la tenera storia di due donne distanti e diverse per età, estrazione, vita vissuta, che sapranno allacciare una relazione che aiuterà entrambe a superare le difficoltà contingenti. Michela Tilli, che è anche autrice per la tv e per il teatro, è capace di tracciare le personalità di Argentina, un’anziana un po’ burbera, e di Arianna, adolescente sovrappeso e complessata che le fa da “badante”, con grande delicatezza e profondità: un tratteggio sicuro, che scava e chiarisce, che svela e appassiona, tutte qualità che fanno di Ogni giorno come fossi bambina una lettura godibile.
Ogni giorno come fossi bambina è una storia di amore e di sentimenti: a che punto siamo, secondo lei, nella gestione dei sentimenti e dell’emotività nella nostra società?
La società offre dei canali piuttosto rigidi per la gestione dei sentimenti e stabilisce dei ruoli all’interno dei quali certi comportamenti sono previsti e altri no. Chi non si riconosce in queste situazioni, la madre che non vuole vivere solo ed esclusivamente per la famiglia, l’anziano che desidera l’amore, l’adolescente che sperimenta la propria diversità, fa fatica a farsi ascoltare e spesso anche a capire che cosa vuole davvero. Le emozioni più forti, come l’amore e la rabbia, rischiano di essere represse e di scoppiare all’improvviso, in forme difficili da controllare. Arianna e Argentina sono due donne che, a partire da situazioni completamente differenti, si pongono lo stesso problema di come esprimere i propri sentimenti, rispettando il proprio mondo interiore, senza ferire chi sta loro vicino. Arianna non corrisponde al modello di brava e bella ragazza che la società, attraverso le aspettative di una madre giovanissima, vorrebbe imporle; ma ha tanto da dire ed è determinata a trovare la sua strada. Argentina alla fine dei suoi anni si rende conto di aver sacrificato la vita alla famiglia, rinunciando ai sogni e alla passione, ma scopre che non è mai tardi, fino all’ultimo giorno, per recuperare lo spirito di una volta. Per fortuna le cose cambiano, viviamo in una società che offre opportunità e improvvisi sprazzi di libertà, ma la maggiore libertà non sempre rende le cose più facili.
C'è qualche evento in particolare, una storia che le ha fornito lo spunto per questo romanzo?
Mi piace scrivere storie che nascono nella mia fantasia, senza far riferimento ad avvenimenti reali. Come queste storie nascano e prendano forma nella mia testa, non lo so. Quando ero piccola raccontarmi storie era un modo per prendere sonno, e probabilmente è sempre stato il mio modo di leggere la realtà. Tuttavia, il collegamento tra quello che mi accade intorno e quello che scrivo non mi risulta mai evidente. Succede che a un certo punto una storia si faccia pressante, quasi mi perseguiti, finché scriverla diventa necessario. Questo romanzo è nato intorno al mistero delle lettere d'amore ricevute da una donna anziana, tutto il resto è venuto dopo. Se poi mi mettessi a indagare, naturalmente, troverei delle somiglianze qua e là, tra i miei personaggi e le persone che ho incontrato: Argentina ha qualcosa di mia nonna, soprattutto nel simpatico caratteraccio, Arianna ha qualcosa di me da adolescente, sebbene sotto certi aspetti io fossi completamente diversa. Alla fine, quando un tratto del carattere è tolto dal contesto e filtrato dalla mia immaginazione, la somiglianza tra mondo fantastico e realtà diventa irrilevante.
Che cosa rappresenta questo incontro tra due generazioni lontanissime, quella di Argentina e quella di Arianna?
L'incontro tra diverse generazioni è un tema che mi sta molto a cuore, forse perché da quando sono diventata madre mi sento schiacciata tra i due estremi, come se non sapessi più da che parte voltarmi e se considerarmi prima di tutto una figlia o una madre. O forse perché non ho mai creduto nella forza aggregante delle generazioni, visto che la mia generazione non mi sembra né coesa né particolarmente caratterizzata. Le generazioni sono scandite dalle guerre e dalle rivoluzioni, politiche, economiche e sociali. Noi quarantenni del 2015 siamo stati bambini al tempo degli attentati, adolescenti al crollo del muro, adulti in anni di vuoto morale e genitori in tempo di crisi perenne. Sarà per questo che credo molto nella forza dell'individuo e nel bisogno di cercare alleanze altrove, con le persone che ci sono affini nell'anima, che non necessariamente sono persone della nostra età.
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Arianna aiuta Argentina a recuperare una memoria importante: che valore ha per lei il ricordo?
I ricordi sono il tessuto del racconto della nostra vita e credo che una vita senza memoria non possa trovare una direzione, un senso per andare avanti. Narrando storie mi rendo conto che, anche se non facessi questo lavoro, non potrei mai smettere di raccontare la mia vita, aggiustandone la trama a ogni piccolo cambiamento e muovendomi avanti e indietro tra le memorie e i desideri, per cercare il punto di contatto tra passato e futuro, quell'istante presente in cui di tanto in tanto ci sembra di capire chi siamo davvero.
Argentina viene da una terra, la Basilicata, che l’ha segnata profondamente, con i suoi profumi, la sua magia, le sue tradizioni. Per lei recuperare il ricordo di un amore passato significa soprattutto tornare laggiù. Anche Arianna, nonostante sia molto giovane e quindi sia proiettata verso l'avvenire, comincia a fare i conti con i ricordi. Mentre accompagna Argentina nel suo viaggio accumula memoria per fare di quell'avventura una storia da raccontare.
Arianna è un’adolescente che potrebbe essere definita “problematica”, secondo le categorie di oggi: di che cosa hanno bisogno gli adolescenti, secondo lei?
Gli adolescenti sono problematici per definizione, perché nell'età del cambiamento ospitano dentro di sé gli opposti e la contraddizione, le due facce dell'infanzia e della prima età adulta, spesso in un corpo che cresce troppo in fretta e in modo disarmonico lasciandoli senza protezioni. Sperimentano il vuoto senza sapere che è spazio da riempire con la loro bellezza, si sentono nullità e non si rendono conto che invece possono ancora essere qualunque cosa. A volte, poi, proprio nel momento in cui diventano coscienti delle grandi opportunità che hanno davanti, la vita sbarra loro la strada, e comincia a insegnar loro che i desideri non vengono sempre esauditi. E allora i primi fallimenti, invece di far scuola, diventano intollerabili.
Noi adulti ci troviamo a guardare tutto questo balletto dall'esterno, senza sapere come e se intervenire. Capire di che cosa gli adolescenti abbiano bisogno, loro che sono tutto e il contrario di tutto, è difficile. Credo però che il primo bisogno sia quello di essere riconosciuti, anche nei cambiamenti che ci esibiscono da un giorno all'altro, come se fosse necessario ribadire che appartengono solo a se stessi e sono "altro" da noi. E in secondo luogo penso abbiano bisogno di solidità intorno, una famiglia che sia in grado di fungere da piattaforma di lancio, anche se questo significa creare delle fratture. Devono andare via, pur sapendo che saranno sempre accolti al loro ritorno.
Quali sono i suoi punti di riferimento letterari?
I miei punti di riferimento sono tantissimi. Non c'è libro che ho amato che non mi abbia insegnato qualcosa. Se proprio devo restringere il campo, posso nominare Italo Calvino, Elsa Morante, Antonio Tabucchi e Sebastiano Vassalli. Ma non posso lasciar fuori Saramago e nemmeno Camus. Se poi ci penso, mi viene in mente che il mio primo amore letterario sono stati i racconti, e quindi Edgar Allan Poe, Dino Buzzati, poi ho scoperto Raymond Carver e Alice Munro, per imbattermi più tardi in un genio come Ryūnosuke Akutagawa. E di conseguenza come lasciar fuori il cinema? A partire dai film di Kurosawa, il cinema ha impastato tantissimo le mie letture e i miei primi tentativi di narrazione. Ma così resta fuori la poesia, che a volte mi sembra l'unico modo possibile di esprimersi... Insomma, ogni volta che rispondo a una domanda come questa, mi rendo conto che le risposte mi vengono fuori sono diverse. Di fatto mi sento immersa in un grande oceano fatto di stimoli e richiami, e la vastità di questo spazio mi mette di volta in volta ansia, perché so che non leggerò né vedrò mai abbastanza, oppure allegria, perché mi trovo proprio lì dove vorrei stare.
Il libro sta avendo un riscontro molto positivo: se lo aspettava?
La prima grande sorpresa è stato il grande entusiasmo degli editori che si sono contesi il libro qualche tempo fa, e in particolare di Garzanti che se l’è aggiudicato. Un interesse tanto grande davvero non me l'aspettavo. A partire da quel momento mi è sembrato di vivere in una bellissima favola, dove tutto va a meraviglia. Gli ottimi riscontri di pubblico mi fanno un enorme piacere soprattutto perché posso condividerli con le bellissime persone con cui sto affrontando questa avventura. Io per carattere sono molto riservata e tendo a minimizzare. In genere non mi aspetto mai niente dall'esterno, ma faccio in modo di trovare in me stessa ciò che mi serve: di fatto se non ti aspetti niente non rimarrai delusa. Sono fin troppo cauta e mi piace tenere i piedi ben piantati per terra. Ma in questo momento, in cui sia il romanzo sia uno spettacolo teatrale che ho scritto stanno ricevendo grandi consensi, mi godo un po' di felicità.
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