Come la scienza combatte la cattiva informazione? Intervista a Dario Bressanini
Come può la scienza combattere la cattiva informazione che, nel gran calderone dell'informazione globale, sembra proliferare come una coltura in laboratorio? Quali mezzi ha a disposizione affinché false scoperte o finte teorie vengano passate come scoop scientifici quando in realtà altro non sono che colossali bufale?
Ne abbiamo discusso con Dario Bressanini, ricercatore presso il dipartimento di Scienze chimiche e ambientali dell'Università degli studi dell'Insubria a Como e autore, insieme a Beatrice Mautino, del saggio Contro Natura. Dagli OGM al «Bio», falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo in tavola (Rizzoli, 2015), tra i titoli finalisti al Premio Galileo per la divulgazione scientifica edizione 2016.
Contro Natura è stato pensato e strutturato per fornire non certezze ma dubbi. Far ricredere le persone sulle loro convinzioni. Proprio come si fa in un normale processo scientifico: si parte analizzando i fatti per poi verificare se i preconcetti, le idee concordano. Se i fatti contraddicono le opinioni queste vanno cambiate.
Avvicinare i giovani alla scienza e abituarli al metodo scientifico è, per Bressanini, fondamentale. Utile per diventare cittadini critici in grado di sviscerare le informazioni e scovare le bufale mediatiche.
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Medicina omeopatica, soluzioni fai da te, cibo biologico, alimenti geneticamente modificati e geneticamente mutati, mutazioni naturali e operazioni di laboratorio, paure, pregiudizi, preconcetti, bufale e divulgazione scientifica... ne abbiamo parlato con Dario Bressanini in un'intervista.
Nel testo, scritto a quattro mani con Beatrice Mautino, avete dichiarato di voler scrivere un libro alla Micheal Pollan, il giornalista americano noto per i suoi reportage sul campo. Perché?
Riteniamo sia un modo molto efficace di fare divulgazione scientifica. Il saggio tipico di divulgazione scientifica, in Italia ma anche all'estero, di solito si concentra sulla scienza, sui dettagli tecnici, invece l'approccio di Pollan l'abbiamo un po' adottato perché parte dalle storie. Raccontare delle storie che hanno, in questo caso, uno sfondo scientifico ma in maniera tale da far arrivare il messaggio a un numero maggiore di lettori. Comprensibile anche ai non specialisti della materia.
I "laureati alla Google University" hanno trovato il loro colpevole mentre gli scienziati ancora cercano di trovare i fondamenti dell'esistenza o meno della sensibilità al glutine. È colpa dei "laureati alla Google University", dell'informazione, spesso sommaria e contraddittoria, oppure della mancanza, fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori, di un canale di diffusione diretta e globale di una corretta divulgazione scientifica?
Le cause sono molteplici. C'è una fetta di lettori-commentatori che ora con i social network hanno più possibilità di dare sfogo alle loro teorie complottiste o ascentifiche. Cattiva informazione sul web ce n'è tanta. Quello che manca, per chi non è addetto, è la capacità di distinguere le stupidaggini dalle ricerche serie. E a questo punto, siccome non si può pretendere che il pubblico sia esperto di tutto, nessuno lo è, si sente la mancanza, almeno in Italia, di quel filtro del giornalismo scientifico. Nel nostro Paese l'informazione scientifica la fa il giornalista generalista.
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La varietà di piante create con la tecnica della mutagenesi ammonta a oltre 2200 specie e innumerevoli sono i mutamenti avvenuti direttamente in natura. Qual è il rapporto tra la naturale evoluzione genetica e le mirate operazioni compiute nei laboratori di tutto il mondo?
Quello che si fa nei laboratori di tutto il mondo, con qualsivoglia tecnica, in realtà non è nient'altro che una emulazione di quello che accade in natura. Non c'è alcun motivo razionale nel ritenere una modifica avvenuta in natura per forza migliore di una fatta in laboratorio.
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Qual è la reale differenza tra i cibi geneticamente modificati e quelli geneticamente mutati? Perché in Italia si demonizzano i primi e si accettano i secondi?
Non c'è una risposta scientifica, nel senso che per la scienza non importa come è stata ottenuta la modifica genetica ma contano le proprietà dell'alimento. La legislazione europea distingue invece il modo in cui sono ottenuti i vari vegetali e questo ha generato una diffidenza nelle persone che ritengono i cibi modificati diversi dal resto di ciò che mangiamo. Con la tecnica della modificazione genetica si possono fare cose molto più avanzate, precise e potenti e forse è anche questo che scatena un po' di paura.
Contro Natura è tra i cinque saggi finalisti al Premio Galileo edizione 2016, è fuori di dubbio positiva l'attenzione dei ragazzi verso questa tematica ma, in generale, l'interesse sembra molto scarso se non addirittura inesistente. Ritiene ciò sia imputabile ai ragazzi stessi o al sistema di educazione e formazione?
Sinceramente non sono molto d'accordo. Mi reco spesso negli istituti superiori, lo stesso fa la mia co-autrice Beatrice Mautino, e riscontro sempre molto interesse. Certo i ragazzi sono bombardati da tantissime cose ma non li ritengo così apatici e disinteressati come spesso vengono descritti.
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Quanto è importante, secondo lei, avvicinare i giovani alla scienza e abituarli a ragionare secondo un metodo scientifico?
Secondo me è fondamentale. L'approccio al metodo scientifico diventa un modo di approcciare i problemi e le questioni che ci interessano come cittadini. È importante studiare la scienza ma lo è parimenti apprenderne il funzionamento. L'idea di non prendere per buono tutto ciò che ci viene detto o tramandato ma metterlo alla prova, fare dei test, dei ragionamenti. Lo studio delle scienze non deve essere finalizzato al diventare uno scienziato, lo diventa una piccolissima parte. La conoscenza del metodo scientifico ci permette di essere dei cittadini migliori, capaci di distinguere la cattiva dalla corretta informazione, le bufale da ciò che invece è scientificamente provato.
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