Com’è nata la tavola periodica di Mendeleev
Da sempre associamo la tavola periodica di Mendeleev agli studi di chimica, anche quelli più elementari. Ma sappiamo davvero com’è nata? Cioè conosciamo come il suo scopritore arrivò a formularne l’idea e a disegnarla? Qui di seguito proviamo a definirlo.
Il chimico Dmitrij Mendeleev giunse al successo in ambito scientifico seguendo un percorso inusuale, superando molte difficoltà per creare la tavola periodica che poi è risultata fondamentale per la nostra comprensione della chimica.
Nato in Siberia, si ritrovò fin da bambino immerso nella tragedia. Suo padre era professore di arte, filosofia e politica, ma divenne ben presto cieco e perse la sua occupazione. Sua madre si ritrovò da sola a farsi carico del mantenimento della famiglia, grazie al lavoro presso una fabbrica di vetro. Quando Dmitrij aveva tredici anni, suo padre morì. E due anni dopo un incendio distrusse la fabbrica di vetro.
L’anno successivo, determinata ad assicurare una buona istruzione al figlio, la madre gli fece attraversare il paese pur di trovare un'università adeguata allo scopo. L’Università di Mosca lo rifiutò. Alla fine la spuntarono a San Pietroburgo, l’allora capitale della Russia. L’Università di San Pietroburgo infatti lo accettò e la famiglia si trasferì lì nonostante le molte difficoltà dovute alle precarie condizioni economiche.
Da promettente studioso, Mendeleev pubblicò vari studi fin da quando aveva vent’anni e già a ventisei prese parte alla prima conferenza mondiale di chimica. Verso i trentacinque anni iniziò a preoccuparsi intensamente della classificazione dei cinquantasei elementi noti fino a quel momento. In particolare avrebbe voluto trovare un principio di base che consentisse di organizzarli tenendo conto di proprietà simili.
Ma Mendeleev arrivò al punto di svolta non tanto grazie a uno sforzo della volontà quanto alla forza del suo inconscio: una sera di febbraio, dopo una faticosa giornata di lavoro, Mendeleev vide la sua tavola periodica in un sogno.
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A raccontarlo è il romanziere Paul Strathern che nel suo Il sogno di Mendeleev ricostruisce il momento topico grazie alle lettere e ai diari dello scienziato:
Mentre gli occhi di Mendeleev correvano ancora una volta lungo la linea ascendente dei pesi atomici, improvvisamente notò qualcosa che gli accelerò il polso. Alcune proprietà simili sembravano ripetersi negli elementi, secondo intervalli numerici che apparivano regolari. Qui c’era qualcosa! Ma cosa? Alcuni degli intervalli iniziavano con una certa regolarità, ma poi il modello sembrava esaurirsi. Nonostante questo, Mendeleev ben presto si convinse che stava per compiere un importante passo avanti. C'era uno schema preciso da qualche parte, ma lui non riusciva a capirlo... Momentaneamente sopraffatto dalla stanchezza, Mendeleev si chinò in avanti, appoggiando la testa arruffata sulle braccia. Quasi immediatamente si addormentò, e fece un sogno.
Il sogno ovviamente era solo espressione di quello che la mente umana normalmente fa durante il sonno, organizzando e consolidando le idee, le immagini e le informazioni che occupano le nostre ore di veglia. E ciò che teneva occupata la mente di Mendeleev era proprio la ricerca di un sistema di classificazione per mettere in ordine gli elementi. «È già tutto formato nella mia testa» si lamentava lo scienziato «ma non riesco a esprimerlo».
Solo quando Mendeleev riposò la sua testa riportandola nell’incantesimo proprio dello stato disinibito del sonno le informazioni separate si riunirono in un modello e l’idea trovò il modo di esprimersi. È Mendeleev stesso a raccontarlo nel suo diario:
Ho visto in un sogno una tavola in cui tutti gli elementi erano al loro posto come richiesto. Appena mi sono svegliato, l’ho immediatamente trascritta su un pezzo di carta.
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Insomma la tavola periodica degli elementi di Mendeleev che ancora oggi si studia a memoria nei corsi di chimica è nata grazie a un sogno.
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