Com’è cambiato il mondo del libro a causa del Covid-19? Intervista a Stefano Mauri
Si terrà domani dalle 10 alle 13 il trentanovesimo Seminario della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri. Fin dal titolo promette qualcosa di interessante: «Il nuovo futuro», per ragionare sul futuro del libro e dell’editoria non solo in uno scenario pandemico, come quello attuale, ma anche nel contesto di un’editoria che deve sempre più fare i conti con il mondo digitale.
Di questo abbiamo discusso con Stefano Mauri, vicepresidente e CEO di Messaggerie Italiane, Presidente e CEO del Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS), che ha risposto a qualche nostra domanda.
«Il nuovo futuro»: il titolo del seminario ha il sapore di una fresca boccata d’aria. Qual è il nuovo futuro del libro?
La pandemia ha modificato molti aspetti della nostra vita e alcuni, come ad esempio la maggior competenza digitale delle persone, sono arrivati per restare. Tre anni fa qualcuno avrebbe temuto per il libro in un mondo digitale. In effetti la politica sottolinea molto il ruolo di questi mezzi di comunicazione e anche il PNRR dà molto rilievo a innovazione e digitalizzazione. Invece quel che è emerso è che i lettori hanno fatto ricorso appena hanno potuto, cioè appena le librerie sono state riaperte, ai libri stampati. I libri sono stati fondamentali sia per l’insegnamento che per l’evasione.
La pandemia ha segnato l’economia, in senso generale. Per il mondo editoriale, qual è il bilancio di questo primo anno di quasi convivenza con la pandemia?
In questo anno i libri, non solo in Italia, hanno avuto una crescita a due cifre. Certamente le minori alternative per il tempo libero hanno giocato un ruolo importante in questo fenomeno. Qualcosa tornerà come prima ma qualcosa di questa vita diversa, più domestica e per certi versi più saggia, ognuno di noi vorrà portarselo nel futuro. Molti di questi lettori si ripropongono di conservare l’abitudine a leggere di più anche dopo la pandemia. Leggere fa bene. Tutte le ricerche dimostrano vari aspetti positivi o salutari della lettura, tra i quali una maggiore felicità.
Quali sono le sfide che si impongono al mercato del libro, quindi ai librai, a fronte dell’incremento delle vendite dei libri online?
Certamente in un primo momento l’e-commerce e quindi Amazon ma anche gli e-tailer italiani come Ibs, La Feltrinelli e Hoepli hanno visto uno scatto in avanti. Però molti librai sono stati costretti a ingegnarsi e andare incontro ai loro clienti vendendo on line o su WhatsApp e consegnando i libri a casa. Anche questo maggior servizio delle librerie resterà. I lettori peraltro, quando sono andati in rete a cercare la socialità o i beni che prima acquistavano nel centro delle città, si sono imbattuti nel libro molto più di prima. Sia grazie all’e-commerce sia ancora di più attraverso i social. Perché il libro lo scrive per metà il lettore e ai lettori non pare vero di poter scrivere del libro che hanno letto o condividere le emozioni che ha loro procurato con altri loro simili. Il web è perfetto per questo. Autori, lettori, editori, librai sono tutti più vicini oggi. Quello che prima era un arcipelago diventa terraferma. E la grande sorpresa è che questo “collegamento” ha portato molti giovani nelle librerie. Le classifiche dei bestseller sono popolate da libri amati dai giovani come mai prima d’ora. Niente di straordinario in realtà: il libro si adatta sempre ai cambiamenti perché sgorga dall’intelligenza universale e distribuita di migliaia di persone libere. Tra loro grazie ai social i lettori hanno un ruolo sempre più importante.
Nell’immaginario collettivo, gli italiani leggono poco. È un’immagine che corrisponde al vero? È incrementato il tasso dei lettori in quest’ultimo periodo, caratterizzato da una minore vita sociale?
È una immagine vera se si fa la media di Trilussa ma bisogna tenere in considerazione le variabili demografiche e cioè avere presente chi sono gli Italiani. Sono la popolazione europea con il minor numero di laureati e altri vari indicatori culturali ai minimi, compreso l’investimento in ricerca. Poi ci sono grandi differenze tra un Nord mitteleuropeo e un Sud in ritardo che sono ascrivibili principalmente a differenti composizioni sociali e dunque di reddito e di istruzione. Questo però in un momento nel quale spero che si possa continuare a credere dopo venti anni di immobilità a una ripresa del Paese, significa che c’è un enorme potenziale di miglioramento.
Considera adeguate le misure adottate in favore del libro messe in campo in questi ultimi mesi?
Certamente il ministro Franceschini negli ultimi trent’anni è stato l’unico a fare scuola tra i ministri della cultura europei quando ha parificato l’IVA sugli ebook a quella dei libri, quando ha messo in campo il bonus cultura, quando durante la pandemia ha inserito le librerie tra i negozi essenziali e quando ha destinato trenta milioni alle biblioteche da spendere in acquisti di libri nelle librerie del territorio. Tutte misure invidiate e copiate da altri Paesi europei che prima eravamo noi a guardare con invidia.
Purtroppo viceversa la legge che recepisce la direttiva europea sul copyright non è stata abbastanza specifica per il libro e ha fatto un po’ di ogni erba un fascio ponendo a carico di editori, agenti letterari e in alcuni casi e di riflesso autori, oneri burocratici inutili e impropri che appesantiscono un settore già complesso di suo, senza benefici per la creatività, anzi. Ma ci auguriamo che si possa rimediare per tempo e con ragionevolezza.
Per la prima foto, copyright: Sincerely Media su Unsplash.
Per la seconda foto, copyright Yuma Martellanz.
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