Coco Chanel, la vita della donna che ha cambiato le donne
Coco Chanel. Una donna del nostro tempoe, in copertina, l’immagine suggestiva della protagonista, in uno scatto del 1935. Sigaretta tra le labbra, cappello calato sulla testa, mani in tasca e le perle intorno al collo, a interrompere il nero del vestito. Annarita Briganti, per Cairo Editore, ripercorre la vita straordinaria di Mademoiselle Gabrielle Bonheur «Coco» Chanel, in un saggio che intreccia l’esistenza della stilista con le emozioni e le sensazioni dell’autrice.
Ne nasce una lettura piacevole e coinvolgente, un saggio che supera i confini del genere letterario, si reinventa. Come Coco Chanel.
Viveva in un albergo, nelle stanze del Ritz, Coco Chanel, orfana di madre, abbandonata dal padre, trascorre la sua infanzia presso l’orfanotrofio dell’Abbazia di Aubazine. È un dettaglio, questo, che dice molto dello spirito della futura donna, delle sue paure, delle sue ferite e fragilità.
Annarita Briganti è accogliente, umana, acuta nel raccogliere, contenere, trasformare e raccontare la dimensione intima della stilista. Si sta bene tra le pagine, si esce rinvigoriti, con una prospettiva diversa, specie, attorno alcuni degli elementi che hanno caratterizzato l’esistenza di Coco Chanel, come la solitudine, l’amore, il coraggio.
Di questo, e di molto altro, ne abbiamo parlato con Annarita Briganti, in occasione dell’uscita del suo saggio, Coco Chanel. Una donna del nostro tempo.
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Il primo capitolo si intitola «Da sola». Cosa rappresentava la solitudine per Coco? E, di contro, il rovescio della medaglia: l’autonomia?
Coco Chanel aveva un rapporto luminoso con la solitudine, sebbene la solitudine sentimentale abbia avuto un peso non indifferente nella sua vita. I suoi grandi amori non sono stati caratterizzati da lieto fine. Viveva, infatti, in un albergo, e si iniettava da sola la morfina per addormentarsi.
È innegabile questo aspetto della sua solitudine, ma esiste anche un secondo lato: quello per cui si è liberi. Liberi di chiamarsi mademoiselle, signorina, in un tempo in cui era uno scandalo per una donna essere l’amante di qualcuno o non ambire al matrimonio. Liberi, ma anche forti da tenere il mondo in mano. Poiché è questa la grande lezione della solitudine: non attendere salvatori, principi azzurri, né nella sfera privata né in quella personale. La solitudine implica l’autonomia e, quindi, la libertà.
Il titolo recita che Coco Chanel è una donna del nostro tempo: in che modo lo è?
Coco Chanel è una donna del nostro tempo, ma anche del futuro. Madre single, quando non esistevano nemmeno le donne single. Ci ha tagliato i capelli, ci ha fatto indossare i pantaloni. Ha difeso la libertà. Una femminista de facto. I suoi traguardi sono i nostri traguardi, e hanno radici lontane nel tempo, ancora da difendere e da ampliare. Con lei è sorta la sorellanza senza limiti di territorio.
Ci ha tolto il corsetto, noi oggi non dobbiamo permettere che ci venga rimesso indosso. Coco Chanel è un modello.
A questo proposito, quando ero adolescente e fantasticavo sulla possibilità di diventare scrittrice, mi ero resa conto che, forse, non era possibile farlo perché tutti gli scrittori che conoscevo erano uomini, ed erano morti. La Storia, quella con la maiuscola, non può più essere solo la storia degli uomini.
Infatti, scrive saggistica, un ambito letterario popolato principalmente da uomini…
Mi dedico, soprattutto, a ricostruire la vita di grandi donne per restituire loro lo spazio che meritano.
Nella letteratura, solitamente, dagli uomini ci si aspetta che possano scrivere di qualsiasi cosa, mentre per le donne è più complicato, spesso devono dimostrare di essere brave per emergere.
Nel mio caso, si tratta di un percorso costruito nel tempo e mi sento ascoltata. Tuttavia, dietro, vi è tanto lavoro e molti sacrifici. In quanto libera professionista, durante la pandemia, la situazione è stata davvero difficile. Ma se si ha la vocazione, si percepisce il sentimento di avere una missione da seguire. E questa è la scrittura, al di là dell’atto professionale.
Educarsi alla felicità… Ho trovato il pensiero di una forza inaudita. Come si fa a educarsi alla felicità?
Basta una sola cosa: l’amore.
Si credeva che dopo la pandemia, potevamo ritrovarci migliori, più umani, invece, siamo peggiorati, è aumentato il livello di cinismo, di aggressività.
Una donna indipendente è vista come sola, ovvero senza nessuno, un bersaglio.
Alla felicità si arriva amandosi: amando la famiglia, gli amici, il partner. Non di certo attraverso rapporti «bancomat», in cui si calcola l’utilità.
Ci si educa alla felicità attraverso conversazioni decenti, un gelato, un film, il riposo, leggendo i giornali, trascorrendo il tempo sui social in modo non tossico.
Essere felici, poi, costa coraggio. Ed è essenziale saperlo essere sia da soli, oltre che assieme agli altri.
Personalmente, poi, credo che occorra anche molta forza e, in questo, nell’essere felici nella solitudine, le scrittrici sono avvantaggiate: lo scrivere è una professione solitaria. Che rende felici.
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Ho percepito un certo parallelismo, a leggere la storia di Coco Chanel, con i tempi recenti, specie in merito alla sensazione della stilista che, durante la Seconda guerra mondiale, considera i vestiti come impossibili. Durante la pandemia il mio capo d’abbigliamento più usato è stato il pigiama. Vestirmi mi pareva un gesto impossibile. Le guerre – qualsiasi forma abbiano – ci spogliano?
Credo che la moda, durante la pandemia, ci abbia restituito un corpo più umano. A un certo punto, era diventato tutto molto piccolo, sgranchirsi le gambe era un atto difficile. Usciamo, quindi, dalla pandemia con corpi più umani, e la moda ne tiene conto. Sono stati superati i modelli degli abiti stretti, soffocanti, e delle scarpe scomode. La moda è ora per tutte le donne, senza più bullizzare i nostri corpi.
Un libro come bolla contro i cattivi pensieri… Cos’erano i libri per Coco Chanel? Cosa sono per Annarita Briganti?
Coco Chanel. Una donna del nostro tempo è ciò che viene definito come autofiction. C’è lei, e ci sono anche io.
I libri sono uno strumento di salvezza. Bisogna avere il coraggio di non imporli, ma di raccontare perché la lettura è bella.
Personalmente, sebbene abbia sempre poco tempo per leggere, mi rendo conto che sto molto meglio dopo aver letto, piuttosto che in seguito allo scroll su Instagram.
Forse, il segreto per creare nuovi lettori è quello di possedere libri. È bello passare un’ora in libreria. E, poi, chi legge non è affatto uno sfigato. Anzi, la lettura eleva, ci rende tolleranti e abbatte ogni forma di razzismo.
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