Cinque trucchi per creare un buon personaggio non-simpatetico
Creare un buon personaggio non-simpatetico significa riuscire a far immedesimare il lettore in un personaggio, nonostante questo sia malvagio o folle. Per renderlo più simpatetico, senza tradire l'idea iniziale, vedremo cinque trucchi, partendo sempre dall'immedesimazione nel personaggio punto di vista (POV).
Certe volte il pubblico riesce a comprendere le ragioni in un personaggio in un batter d'occhio. Un personaggio adolescente, arrabbiato con la società e con la scuola, per quanto piatto e inflazionato aderisce a un modello ben noto, che si riferisce a un'esperienza comune. Quando, invece, c'è un divario tra la personalità del POV e la sensibilità del lettore il personaggio risulta non-simpatetico, come nel caso di un personaggio deviato. Pensiamo a Hitler, il non-simpatetico per antonomasia, o un POV con disturbi psichici, come un serial killer. Immedesimazione non significa empatia, l'obiettivo di un romanziere non è far provare la stessa identica emozione, ma renderla chiara, evidente.
I personaggi di cui vogliamo parlare sono decisamente poco raccomandabili, brutti ceffi, capaci delle peggiori nefandezze. Forzare l'immedesimazione in personaggi del genere sarebbe come scacciare il lettore; la prima persona è da evitare. L'obiettivo è trovare il modo di rendere palesi al lettore la natura, il carattere e le inclinazioni del POV. Per riuscirci, le domande da porsi sono le seguenti: cosa spinge l'Uomo a fare del male? Soprattutto, quali sono le giustificazioni che si inventa per accettare il male nella propria vita?
Trovata una risposta è possibile inventare un artificio letterario per rendere comprensibile, logico e conseguenziale il comportamento del nostro personaggio al lettore. Se il personaggio è posto in una situazione in cui il lettore stesso, al limite, farebbe del male, allora diventa naturale accettare e comprendere le azioni malvagie. Ragionare in questo modo permette di creare personaggi tridimensionali e di scrivere delle buone scene, in quanto il personaggio POV agisce secondo il suo passato e le sue motivazioni.
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Le tecniche proposte in quest'articolo sono state pensate seguendo questo ragionamento, tutte tranne una, la prima:
1) POV esterno
Il primo trucco, quello più conosciuto e usato, è di evitare il problema spostandosi su un personaggio (secondario) facendolo diventare il protagonista. L'esempio classico è Sherlock Holmes che, essendo una mente geniale e incomprensibile, viene raccontato da Watson. La criticità di questa tecnica è evidente: diventa necessario ripensare la vicenda in funzione del nuovo protagonista. Spesso si fa ricorso al narratore onnisciente, minando l'immedesimazione, oppure cambiando il POV a ogni frase, senza che ci sia un'oculata scelta dei dettagli che si stanno presentando al lettore. In breve, l'utilizzo di un POV esterno può risultare la scelta vincente come ultima spiaggia, perché significa obbligare un personaggio al servizio di un altro. Diamine, povero Watson! Se non si riesce a trovare un equilibrio (termine tecnico: concertazione) tra i personaggi della storia si rischia di sovrapporre troppe linee narrative, senza chiuderne nessuna.
Non bisogna per forza scegliere tra aggirare un muro o scavalcarlo. In narrativa si possono fare entrambe le cose: si può adottare una tecnica per rendere palese il carattere di un antieroe e, al tempo stesso, utilizzare stratagemmi che, da soli, non risolverebbero il problema, ma che possono rafforzare l'efficacia di una buona tecnica.
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2) Dubbio
Presupposto: deresponsabilizzazione.
Significato: un'azione malvagia da sola non prova niente. La tecnica del dubbio si basa su un'incertezza continuata, per esempio il lettore si chiederà ''Il POV sa che sta facendo del male?'', ''Di chi è davvero la colpa?'', in breve ci si appella all'incapacità di intendere e di volere. Il costante dubbio sulla responsabilità dell'azione negativa è il punto di forza di questa tecnica, che conferisce tensione narrativa al romanzo e al personaggio. La criticità della tecnica è che presuppone un conflitto emotivo. Una volta aperta la linea narrativa del personaggio inconsapevole (es. bambino cattivo) o deresponsabilizzato (es. soldati semplici, ultimi nella catena di comando), sarebbe buona norma chiudere il cerchio, sviluppando il conflitto interiore del personaggio in questione.
Esempio tratto da Harry Popper: Severus Piton
Stratagemma: in Save the cat! Blake Snyder parlava di azioni che definiscono il carattere del personaggio. Salvare un gatto indifeso è un gesto buono, se un personaggio amorale salva un gattino però è un controsenso, una mancanza di coerenza. Il punto è che non basta far compiere azioni buone ai personaggi per renderli più simpatetici, ma è il mettere in dubbio la loro malvagità che sprona il lettore a capire quale sarà il conflitto emotivo del personaggio e come si risolverà!
«Guardami...Hai gli occhi di tua madre» (Harry Potter e i Doni della Morte)
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3) Ironia
Presupposto: capovolgimento di senso e delle parti.
Significato: l'ironia è un mezzo potentissimo in grado di invertire le parti, in questo modo un cattivo diventa in parte buono e viceversa. Se l'antagonista rappresenta l'opposto che rafforza la caratterizzazione del protagonista, l'ironia mescola le carte, gettando le basi per l'evoluzione di entrambi. In breve, l'ironia può fare miracoli per i POV non-simpatetici, a patto di riuscire a gestire la comicità, che deve essere comprensibile, divertente – far ridere è un arduo mestiere – e non alterare la caratterizzazione dei nostri personaggi, ma se possibile rafforzarla.
Esempio tratto da Harry Popper: Draco Malfoy
Stratagemma: spesso si confonde simpatetico con simpatico, allora Barney Stinson di E alla fine arriva mamma diventa un modello da seguire, perché… diamine, fa ridere! Certo, è vero ma il punto è porre le basi per l'evoluzione del personaggio, tenendo presente i conflitti del POV. L'ironia di certi personaggi macchietta è stata la fortuna di molte serie televisive, ma attenzione a non banalizzare (vedi cinepanettoni). La simpatia di un personaggio è un valore aggiunto, ma non è sempre necessaria.
«Quando Draco Malfoy imitava Ron che si lasciava sfuggire la Pluffa (e lo faceva ogni volta che si incontravano), le orecchie di Ron avvampavano e le mani gli tremavano così forte che lasciava cadere qualunque cosa avesse in mano in quel momento.» (Harry Potter e l'Ordine della Fenice)
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4) Pericolo
Presupposto: giustificazione morale
Significato: in condizioni estreme, il fine giustifica i mezzi. Il lettore è disposto a giustificare un POV che compia il male se questi rischia la vita o la perdita di un caro affetto. L'importante è sempre fornire un passato, uno o più conflitti e una valida motivazione (vedi tensione narrativa al punto 2).
Esempio tratto da Harry Potter: Lord Voldemort
Stratagemma: una moralità malvagia è uno stratagemma, da sola non è una giustificazione ma, semmai, una possibile conseguenza del vissuto del POV e dei suoi conflitti. Non c'è bisogno di scomodare chissà quali filosofie o religioni, sentimenti come la vendetta possono trasformare in antieroe un onesto cittadino (Il conte di Montecristo, Il punitore, etc).
«E nella vostra famiglia, come nel mondo... recideremo il cancro che ci infetta finché non resteranno solo quelli di sangue puro...» (Harry Potter e i Doni della Morte)
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5) Metalinguaggio
Presupposto: confronto vantaggioso
Significato: il metalinguaggio è una tecnica che permette allo scrittore di non violare l'immedesimazione ma, al tempo stesso, presentare al lettore più scenari, lavorando sulla struttura del romanzo (capitoli, scene). L'esempio classico è il bivio tra un giardino incantato e l'oscurità, dove la scelta apparentemente ovvia risulta sbagliata. Tramite sogni, anticipazioni, etc. lo scrittore ci presenta due (o più) situazioni al fine di rendere palese perché si è scelto il male minore. Nota importante: di norma si legge dall'inizio alla fine quindi meglio porre il male minore per ultimo, quando il lettore potrà fare le stesse considerazioni del POV.
Ne Il gioco del mondo Julio Cortázar ci offre un esempio magistrale di metalinguaggio; potendo leggere in qualsiasi ordine i capitoli, si ha un'ulteriore livello di significato. Attenzione, perché il metalinguaggio può arricchire il romanzo o complicarlo. Nota: da non confondere con il metaromanzo, perché non si vuole rompere la quarta parete né l'immedesimazione.
Esempio tratto da Harry Potter: famiglia Dursley
Stratagemma: da piccoli la mamma ci ha insegnato che “Anche lui ha fatto il cattivo” oppure ''Sì, ma ha iniziato lui'' non erano giustificazioni per le nostre azioni. Fare paragoni con un personaggio più malvagio può farci cadere nella trappola di rimandare la fatica di caratterizzare i personaggi. Meglio un solo POV ben caratterizzato (conflitti, situazioni, motivazioni) che appoggiare due personaggi piatti tra loro, come in un fragile castello di carta.
«Se c'era una cosa che i Dursley odiavano ancor più delle sue domande era il sentirlo parlare di cose che non si comportavano come dovevano […] temevano che si potesse far venire in mente idee pericolose.» (Harry Potter e la Pietra Filosofale)
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Le tecniche qui riportate si possono mescolare tra loro con successo, ricordando di selezionare le idee in base alla loro funzionalità per il romanzo. Consiglio la lettura diDisimpegno morale. Come facciamo del male continuando a vivere bene di Albert Bandura, da cui ho tratto ispirazione nel formulare i cinque trucchi percreare un personaggio non-simpatetico.
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Copyright delle foto in ordine di inserimento: Aziz Acharki, Peter Forster e xandtor.
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