Cinema italiano: un lento declino?
Il cinema italiano è in crisi. È da quando sono bambino che sento questa frase. Ma oggi c’è una novità rispetto a ieri. Non ci sono più i grandi maestri (l’ultimo a lasciarci è stato Ettore Scola, il mese scorso), quelli in grado di fare un cinema “popolare”, integrando con lucidità di visione, l’alto e il basso. Oggi, d’altronde, non esiste più un alto e un basso. Quasi tutti i film che escono nelle sale sono prodotti medi se non mediocri. E non basta un successo come quello di Zalone a risollevare le sorti. È un cinema “carino” che non ha coraggio né idee, e si balocca, soprattutto in occasione dei grandi Festival, con quelle che vengono spacciate come le nostre eccellenze. Ci sono naturalmente lodevoli eccezioni in questo panorama asfittico: Gianni Amelio (quando ha ancora voglia di fare grandi film come Il primo uomo), Mario Martone, Saverio Costanzo, il coraggioso, amaro e bellissimo cinema di Franco Maresco, quello di Michelangelo Frammartino e di Pietro Marcello o film come Vergine giurata di Laura Bispuri.
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Naturalmente alcuni degli autori citati hanno una distribuzione difficile, per non dire schizofrenica. Ad esempio, perché un film splendido ma difficile come Bella e perduta di Pietro Marcello (che fra l’altro ha da poco vinto il prestigioso Ingmar Bergman Award al 39° Festival di Göteborg, il più importante appuntamento cinematografico scandinavo), presentato a Locarno in agosto e che aveva comunque conquistato spazio in quel periodo presso la stampa di settore, è stato poi fatto uscire a novembre, in mezzo al traffico di blockbuster e altri pseudo film d’autore? La sua sorte era naturalmente già segnata. L’ultimo documentario di Franco Maresco presentato fuori concorso a Venezia l’anno scorso, dal titolo Gli uomini di questa città io non li conosco e dedicato al teatro di Franco Scaldati, altro autore a margine della cultura italiana, non è ancora arrivato in sala, e forse non arriverà mai (magari lo vedremo su Rai5 com’è successo con un altro suo bellissimo documentario, Io sono Tony Scott, il primo di una trilogia che aveva come secondo capitolo il magnifico Belluscone e che si concludeva proprio con l’omaggio a Scaldati).
La drammatica situazione delle sale cinematografiche
A questo si aggiunga una situazione delle sale cinematografiche a dir poco drammatica, accelerata naturalmente dalle nuove modalità di visione dei film su una molteplicità di piattaforme. Il panorama romano è purtroppo desolante. Lo scorso 31 gennaio ha chiuso un altro dei cinema indipendenti della Capitale, l’Alcazar, uno dei pochi che proiettavano i film in lingua originale. Questa chiusura è soltanto una delle tante avvenute negli ultimi anni. Il Metropolitan di Via del Corso, una delle sale storiche romane ha chiuso i battenti da cinque anni. C’è un piano che prevede la costruzione di negozi e il mantenimento di una piccola sala. Ad oggi non c’è traccia d’inizio dei lavori. Altre due belle realtà della città come l’America Occupato e il Nuovo Cinema Aquila hanno chiuso. L’America, una delle sale storiche di Trastevere, era un cinema che aveva cessato l’attività nel 1999. Un gruppo di giovani universitari l’aveva occupato nel 2012 per recuperarlo a spazio culturale del quartiere e della città, ed era diventato un luogo dove poter proiettare film, fare teatro. organizzare dibattiti o vedere le partite. Nel 2014 la proprietà, con l’intenzione di costruirci venti mini appartamenti di lusso e un garage, ha preteso il suo sgombero.
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I ragazzi sono riusciti ad avere un piccolo “spazio resistente” in un locale vicino il cinema (il Piccolo America Occupato), così da poter continuare le loro battaglie culturali. La scorsa estate hanno organizzato, in Piazza San Cosimato, “Trastevere Rione del Cinema”, un festival all’aperto il cui programma spaziava da Chaplin e Keaton ai film Disney. Alcuni dei più famosi registi italiani vennero invitati a presentare i film. Scola, molto legato ai ragazzi dell’America, introdusse il suo Splendor. Carlo Verdone Mamma Roma, Nanni Moretti il suo Palombella Rossa. Le proiezioni hanno riscosso grande successo, evidenziando come le persone abbiano ancora fame di schermi cinematografici. Altro spazio cult, a rischio chiusura, è il famoso Filmstudio, cineclub di Trastevere che ha visto crescere schiere di cinefili sui classici della storia del cinema e che oggi deve fare i conti con le spese di ristrutturazione della sala, legate al passaggio alla pellicola digitale. Il cinema è chiuso dal giugno scorso e non si ha ancora una data precisa di riapertura. Unico vero cinema d’essai che resiste, rappresentando un vero e proprio presidio culturale, è l’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti, un cinema dove oltre ai migliori film della stagione si possono vedere i classici, ad esempio, di Chaplin e Buñuel, Truffaut e Fassbinder.
A Roma si ha comunque la sensazione che vengano favoriti i circuiti cinematografici più forti a scapito sempre dei più deboli. Il Nuovo Cinema Aquila, spazio tolto alla criminalità organizzata, è stato chiuso dal Comune lo scorso giugno per illeciti amministrativi da parte della cooperativa che lo gestiva. Era l’unico cinema che potevo raggiungere a piedi da casa mia. In questo posto ho visto film che era difficile vedere in altre sale (un film bellissimo come appunto Vergine giurata o l’ultimo film straniero distribuito in Italia dalla Sacher di Moretti, Muffa di Ali Aydin). Tra molte polemiche, nella nuova gara di assegnazione, il Comune non ha individuato nessun soggetto sociale in grado di poter gestire efficacemente le tre sale dello spazio. Così ha deciso di affidare la struttura alla Fondazione cinema per Roma, che ha organizzato delle proiezioni nel mese di ottobre in occasione della Festa del Cinema. Poi più niente. Rischia di morire, se non è purtroppo già morta, l’idea di una sala di quartiere che magari possa interagire, per esempio, con le scuole della zona per poter creare quei meccanismi virtuosi fondamentali per un cinema d’autore e di ricerca, slegato dalla soffocante legge del mercato.
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Così molto spesso girare per Roma e vedere i cinema chiusi fa nascere delle evidenti associazioni/madeleine proustiane: all’Empire vidi Full Metal Jacket, all’Holiday Pulp Fiction, al Rivoli Il Portaborse, al Labirinto Underground… I cinema chiusi sono Fantasmi Urbani, come indica il titolo di un documentario degli studenti della Facoltà di Architettura della Sapienza,"presentato qualche anno fa alla Festa del Cinema, e «rappresentano un esempio tra i più evidenti di un progressivo – ma negli ultimi anni sempre più esteso – fenomeno urbano di perdita/degrado dei presìdi socio-culturali per la collettività (peraltro spesso anche testimonianze di valore storico e architettonico), accompagnato sovente da operazioni speculative finanziarie e immobiliari».
La nuova legge sul cinema
Molto risalto in questi giorni è stato dato alla nuova legge sul cinema promossa dal governo. «Il Governo modernizza il proprio impegno a favore del cinema italiano e aumenta i finanziamenti del 60%», così ha dichiarato il ministro Franceschini alla presentazione del disegno di legge. Ogni anno sarà disponibile un “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo” che non potrà mai scendere sotto i 400 milioni (un fondo per lo più autofinanziato dagli introiti erariali provenienti dai settori coinvolti). La nuova legge prevede il potenziamento del credito d’imposta: infatti, sono rafforzati i sei tax credit per incentivare la produzione e la distribuzione cinematografica ed audiovisiva e per favorire l’attrazione di investimenti esteri. Vengono abolite le commissioni ministeriali per i finanziamenti in base al cosiddetto “interesse culturale”, mentre è introdotto un sistema di incentivi automatici per le opere di nazionalità italiana, che dovrà tener conto dei risultati economici, artistici e di diffusione dei film (premi ricevuti, numero di spettatori, ecc.). Il Fondo per il cinema, fino a un 15%, potrà essere dedicato ogni anno al sostegno di «opere prime e seconde, giovani autori, start-up, piccole sale».
La legge ha l’intento inoltre di semplificare la vita per chi ristruttura o apre sale cinematografiche, con un Piano straordinario fino a 100 milioni di euro in tre anni. Sarà anche facilitato il riconoscimento della dichiarazione d’interesse storico e culturale, attraverso il vincolo della destinazione d’uso, a cinema, teatri e librerie storiche. Verrà istituito il Consiglio superiore per il cinema e l’audiovisivo, composto da 10 membri operanti a vario titolo nel settore, che avrà il compito di definire gli indirizzi e i criteri generali di investimento a sostegno delle attività cinematografiche e audiovisive.
Le prime reazioni
Basterà questo per risollevare le sorti del cinema italiano? Quasi tutti gli operatori del settore sono, a vario grado e con alcuni distinguo, favorevoli al nuovo disegno di legge (segnalo comunque sul blog «Il lavoro culturale» un’intervista a Linda Brunetta, una delle ideatrici della Tv delle Ragazze, che lamenta la scarsa considerazione mostrata dalla nuova legge per gli autori, soprattutto quelli televisivi). Renzi e Franceschini hanno illustrato la legge ai registi italiani premiati con l’Oscar. Foto di gruppo e solite battute di Benigni. La legge sarà verificata dalla prova dei fatti. Quello da salvaguardare, e lo dice spesso Tomaso Montanari nei suoi articoli in difesa del patrimonio artistico del nostro Paese, è un concetto di cultura che voli più alto rispetto a quelli generici e fuorvianti di “Grande Bellezza”, “Brand” e “Marketing” che molto spesso sentiamo sulla bocca dei politici. Una cultura, quella cinematografica, che dovrebbe avere, lo ripetiamo, punto di ascolto privilegiato nella scuola, a patto che non si facciano gli stessi errori commessi con l’introduzione dell’educazione musicale (come ha ben sottolineato il Sindacato dei Critici Cinematografici). Solo così avremo spettatori più consapevoli, e magari registi, attori e maestranze all’altezza della storia del cinema italiano.
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