Ci sono troppi ignoranti. Ecco perché
Socrate sosteneva che «esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza». In tempi di globalizzazione, internet e consumi culturali tradizionali in crisi, abbiamo provato a capire se fosse vero quanto alcune personalità sostengono da lungo tempo.
Tutti noi abbiamo la percezione a volte di essere circondati da ignoranti, per esempio quando navighiamo in internet. Umberto Eco si era spinto a dire che i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli. È vero oppure a essere cambiata è soltanto la nostra percezione? E ancora: esiste un’ignoranza assoluta oppure solo un’ignoranza in un determinato ambito?
CODIFICARE LA REALTÀ
Decodificare quanto ci circonda e interpretarlo fanno parte di un processo che incontriamo ogni giorno nella nostra vita, nelle più diverse situazioni, nei più differenti contesti interiori che ci accompagnano, fosse anche solo rimanere sul divano un’intera settimana a causa della febbre alta trascorrendo parte di questo tempo navigando online. C’è una continua lotta fra un «dentro» e un «fuori» che alimenta e condiziona le nostre percezioni.
Percepiamo cosa? Ecco una prima domanda. Percepiamo sempre una parte della realtà, non tutta, quella che ci attira, quella che ci sembra importante, urgente, indispensabile, argomentabile. Già questo seleziona le informazioni: di fronte a un medesimo evento, supponiamo un incendio in un edificio, tre persone avranno diverse percezioni. Uno sarà concentrato su come cercare di aiutare e quindi osserverà chi sono i soccorritori, se ci sono, se sono sufficienti nel numero e poi deciderà come agire; un altro sarà concentrato sul trovare un modo per spegnere l’incendio e perciò cercherà subito secchi e acqua; un altro sarà concentrato sul tenersi lontano per non rischiare un’ustione e penserà di chiamare i vigili senza pensare ad altre questioni. Ognuno di loro sembra ignorante in qualcosa che magari, in quel contesto, potrebbe sembrare fondamentale per altre persone. Quindi la percezione è soggettiva e potrebbe cambiare con il passare dei minuti, delle ore, dei mesi, degli anni, anche rispetto a uno stesso evento, fatto, fenomeno.
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Siamo umani, amiamo catalogare, amiamo ordinare nella nostra mente secondo schemi che riteniamo in quel preciso momento giusti, e interpretiamo, che, detto in altri modi, è un giudizio sul mondo, su se stessi, sugli altri. Il giudizio, eccetto le volte in cui agiamo solo d’istinto, ci permette di agire in certi modi.
CHE COSA DICE LA SCIENZA
Gli scienziati spiegano che ognuno di noi interpreta il mondo in base a ciò che sa, il nodo è che quel «ciò che sa» dipende da numerosi fattori, dall’eredità culturale della famiglia alla formazione scolastica, dalle esperienze vissute negli anni alla capacità di imparare, dall’abilità di mettersi nei panni degli altri all’utilizzo o no di un metodo interiorizzato nel tempo.
La scolarizzazione rappresenta uno degli elementi che permettono alle persone di capire grafici, numeri e ragionamenti complessi. In un paese, come l’Italia, che possiede la media dei cittadini scolarizzati fra le più basse d’Europa, è chiaro che nella società le conseguenze negative risultano evidenti. La mancanza di comprensione della complessità (si pensi, fra gli altri, ai temi economici o di salute, o ambientali, con tutte le loro ramificazioni argomentative) porta una parte dei cittadini a costruire mondi immaginari che partono da domande sbagliate e con risposte altrettanto sbagliate. Risposte che poi creano convinzioni, oltre che fake news. Difatti, basti considerare quanto ci dice il report Perils in perception realizzato da Ipsos nel 2018 sulla base di 11 mila interviste tese a misurare la disparità tra la percezione della realtà e i dati reali certificati dai principali enti di statistica in tema di droghe, corruzione, criminalità e salute. Sulla base della classifica presente nel report risulta che l’Italia è tra i primi Paesi al mondo ed è il primo Paese in Europa per discrepanza tra percezione della realtà e realtà stessa.
VACCINI, AUTISMO, TERRORISMO E IMMIGRAZIONE: CASI EMBLEMATICI
A cosa porta tutto ciò? La scienza afferma che le persone ignoranti sovrastimino le proprie conoscenze, pensando così di rispondere a problemi complessi con soluzioni di frequente troppo faziose, troppo drastiche, troppo veloci, ignorando tutta una serie di ramificazioni argomentative che non sono affatto in grado di cogliere, figuriamoci di analizzare.
A questo proposito quanto accade a proposito della correlazione tra vaccini e autismo risulta emblematico. Sempre secondo il report Perils in perception, il 52% degli italiani assume una posizione sul rapporto tra autismo e vaccini che si presenta come distante da quella scientifica. Dinanzi all’affermazione «Alcuni vaccini causano l’autismo nei bambini» il 14% degli intervistati ha risposto ritenendo vera l’asserzione e il 38% ha affermato di non essere in grado di prendere una posizione al riguardo. Solo il 48% degli intervistati ha riconosciuto l’affermazione come totalmente falsa.
Ancora più nettamente distorta è la percezione che si ha rispetto agli attacchi terroristici e ai morti da questi causati. I dati statistici ci dicono che in Italia sono diminuiti nel periodo che va dal 2002 al 2016, quando ci sono stati 4 casi di morti a seguito di attacchi terroristici, rispetto a quello che va dal 1985 al 2000, quando i casi sono stati 60. Ebbene il 69% degli italiani intervistati non ha alcuna percezione di tale calo, anzi per il 31% sono incrementati e per il 38% sono rimasti invariati. Solo il 19% degli italiani ha consapevolezza di tale decremento sostanziale.
Molto più preoccupante è invece un altro dato che riguarda questa volta l’immigrazione. Sapete qual è la percentuale di stranieri detenuti nelle nostre carceri rispetto al totale? Nel 2017 ammontava al 34,4%. Però secondo gli italiani intervistati da Ipsos tale percentuale è del 48,8%, dunque molto più alta rispetto alla realtà dei fatti.
Se l’analisi delle conseguenze di tutto questo può essere sotto gli occhi di tutti: calo delle vaccinazioni, crescente odio verso gli immigrati o loro colpevolizzazione rispetto a problemi per i quali non hanno responsabili, l’analisi delle cause può risultare più interessante.
MENO SO E PIÙ CREDO DI SAPERE: EFFETTO DUNNING-KRUGER
Nel 1999 Dunning e Kruger pubblicano lo studio scientifico Incompetente e inconsapevole: come le difficoltà nel riconoscere la propria incompetenza conducono ad auto-valutazioni sovrastimate.
I due studiosi, da cui prende il nome l’effetto in questione, hanno organizzato un esperimento con la partecipazione di un campione di studenti di psicologia della Cornell University. Gli studenti sono stati suddivisi in due gruppi sulla base del livello di competenza in materia di ragionamento logico, grammaticale e umoristico. L’esito dello studio ha dimostrato che gli studenti dotati di maggiore competenza erano portati a valutare se stessi in maniera adeguata o a sottostimarsi, mentre gli studenti meno dotati erano portati a sovrastimare le loro competenze.
Secondo Dunning e Kruger questo accade perché le persone incompetenti nelle aree prese in esame soffrono di una duplice limitazione: non solo arrivano a conclusioni errate e fanno scelte sbagliate ma la loro incompetenza le priva della capacità metacognitiva di rendersene conto.
Dunque, si è ignoranti perché non si conosce qualcosa in un determinato ambito e proprio perché non la si conosce non ci si rende conto di questa mancanza che viene colmata attraverso il risultato di percezioni distorte, come quelle che abbiamo visto sopra e che a loro volta sono alla base delle cosiddette fake news.
IGNORANZA ED ERRORI COGNITIVI
L’effetto Dunning-Kruger mostra come tra “ignoranza” (“incompetenza”) e percezione distorta di sé e della realtà possa esserci un legame forte. Dunque più si è ignoranti in un determinato ambito e più si potrà essere portati a cadere nella rete di qualche fake news orientati e spinti da alcuni errori cognitivi su cui chi costruisce questo tipo di “notizie” spesso fa leva.
Parliamo della euristica della disponibilità e del bias di conferma.
L’euristica della disponibilità è essenzialmente legata alla possibilità di formarsi un’idea su un determinato argomento non sulla base della realtà dei fatti ma tenendo conto solo delle notizie più recenti o più “pompate” dai media, anche se queste in alcuni casi rappresentano solo una piccola parte di quanto accade nella realtà. Pensiamo ad esempio alla questione dei morti per attacchi terroristici di cui abbiamo parlato poco fa, o ancora alla questione degli stranieri detenuti nelle nostre carceri.
Per bias di conferma s’intende quel fenomeno cognitivo per il quale le persone tendono a ricercare conferma di ciò che sanno o che credono sia vero, cioè una conferma delle loro percezioni, anche distorte. A quanti è capitato di dialogare su Facebook con un antivaccinista o un terrapiattista, quante volte siamo stati sommersi da articoli deliranti che però confermavano le percezioni distorte del nostro interlocutore?
Non è dunque solo ignoranza in un determinato ambito, ma alla base c’è un processo che lega questa a una serie di percezioni distorte della realtà che realizzano con l’ignoranza una sorta di circolo vizioso tenuto solido da una serie di errori metacognitivi che abbiamo appena elencato.
Quale può essere la soluzione? Di certo non quella di diventare esperti in ogni ambito, ma di imparare a decodificare la realtà, o meglio i dati attraverso i quali la realtà ci viene rappresentata.
SAPERE CODIFICARE CAMBIA LA PERCEZIONE DELLA REALTÀ
Osservate il grafico che segue. Il trascorre degli anni (ascissa) e l’aumento del numero (ordinata): il loro rapporto ci dice quanti abitanti corrispondono alle diverse epoche storiche dell’uomo.
Immaginate quindi quale sia la situazione se un grafico diventa più complicato, come il seguente, che mostra la popolazione per età, sesso e stato civile.
Banale, vero? Non proprio, esiste in Italia ancora oggi una parte non esigua della popolazione che non sa affatto capire i due grafici appena mostrati. Esiste cioè in Italia un alto tasso di analfabetismo funzionale, che non riguarda tanto il possesso delle competenze legate al saper leggere, scrivere e far di conto, quanto la capacità di saper interpretare nel migliore dei modi ciò che si legge, di saper elaborare un testo scritto sulla base delle informazioni ricevute e raccolte e di saper interpretare correttamente dati come quelli statistici che hanno a che vedere con la matematica. Come riporta TPI News, qualche anno fa Tullio De Mauro, linguista e Ministro dell’Istruzione, segnalava come la percentuale di italiani analfabeti funzionali ammontava a circa l’80% della popolazione e di conseguenza «soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea». E lo stesso De Mauro in una video-intervista per PassaParola aggiungeva: «La parte di popolazione italiana che è al di sotto di quelli che vengono ritenuti i livelli minimi di comprensione di un testo scritto è un po' più del 70% della popolazione. Se la domanda è più complessa e richiede una buona conoscenza, ma anche una buona capacità di utilizzazione della conoscenza e un pieno esercizio dell'alfabetizzazione funzionale, la percentuale degli inefficienti arriva all'80%. 8 su 10 hanno difficoltà a utilizzare quello che ricavano da un testo scritto. 7 su 10 hanno difficoltà abbastanza gravi nella comprensione. 5 milioni di italiani hanno completa incapacità di lettura.»
In pratica il problema risiede nella capacità di comprensione ed elaborazione delle informazioni che si traduce nell’incapacità a saper distinguere le informazioni vere da quelle false e dunque nell’incapacità a comprendere la complessità della realtà spesso ridotta ai minimi termini con riferimento a tesi complottiste che il più delle volte forniscono non spiegazioni ma conferme a percezioni errate della realtà. Tutto questo mina la cittadinanza attiva, cioè la partecipazione consapevole, concreta e appunto attiva al discorso e alla vita pubblica. Insomma la base stessa della democrazia è messa in discussione.
APPRENDIMENTO PERMANENTE E COMPETENZE CHIAVE
Non pensiate che la situazione italiana sia però isolata. L’Unione Europea ad esempio sta cercando di correre ai ripari già dal 2006 puntando sempre più l’attenzione su quelle che vengono definite come competenze chiave per una cittadinanza attiva. È di qualche mese fa la nuova Raccomandazione del Consiglio europeo relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente che stabilisce tra gli obiettivi primari quello di «sostenere nell'intera Europa coloro che acquisiscono le abilità e le competenze necessarie per la realizzazione personale, la salute, l'occupabilità e l'inclusione sociale» in quanto questo «contribuisce a rafforzare la resilienza dell'Europa in un'epoca di cambiamenti rapidi e profondi.», oltre a quello di «sostenere e rafforzare lo sviluppo delle competenze chiave per tutti, a partire dalla giovane età e durante tutto l'arco della vita», così da provare ad arginare sul lungo periodo il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno e funzionale.
Quali sono le competenze chiave in questione? Eccole:
- competenza alfabetica funzionale: capacità di individuare, comprendere, esprimere, creare e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni, in forma sia orale sia scritta, utilizzando materiali visivi, sonori e digitali attingendo a varie discipline e contesti. Essa implica l'abilità di comunicare e relazionarsi efficacemente con gli altri in modo opportuno e creativo;
- competenza multilinguistica: capacità di utilizzare diverse lingue in modo appropriato ed efficace allo scopo di comunicare. In linea di massima essa condivide le abilità principali con la competenza alfabetica;
- competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria: capacità di sviluppare e applicare il pensiero e la comprensione matematici per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane; capacità di spiegare il mondo che ci circonda usando l'insieme delle conoscenze e delle metodologie, comprese l'osservazione e la sperimentazione, per identificare le problematiche e trarre conclusioni che siano basate su fatti empirici, e alla disponibilità a farlo;
- competenza digitale: l’alfabetizzazione informatica e digitale, la comunicazione e la collaborazione, l'alfabetizzazione mediatica, la creazione di contenuti digitali (inclusa la programmazione), la sicurezza (compreso l'essere a proprio agio nel mondo digitale e possedere competenze relative alla cybersicurezza), le questioni legate alla proprietà intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico;
- competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare: capacità di riflettere su sé stessi, di gestire efficacemente il tempo e le informazioni, di lavorare con gli altri in maniera costruttiva, di mantenersi resilienti e di gestire il proprio apprendimento e la propria carriera. Comprende la capacità di far fronte all'incertezza e alla complessità, di imparare a imparare, di favorire il proprio benessere fisico ed emotivo, di mantenere la salute fisica e mentale, nonché di essere in grado di condurre una vita attenta alla salute e orientata al futuro, di empatizzare e di gestire il conflitto in un contesto favorevole e inclusivo;
- competenza in materia di cittadinanza: capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente alla vita civica e sociale, in base alla comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici, giuridici e politici oltre che dell'evoluzione a livello globale e della sostenibilità:
- competenza imprenditoriale: capacità di agire sulla base di idee e opportunità e di trasformarle in valori per gli altri. Si fonda sulla creatività, sul pensiero critico e sulla risoluzione di problemi, sull'iniziativa e sulla perseveranza, nonché sulla capacità di lavorare in modalità collaborativa al fine di programmare e gestire progetti che hanno un valore culturale, sociale o finanziario;
- competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali: la comprensione e il rispetto di come le idee e i significati vengono espressi creativamente e comunicati in diverse culture e tramite tutta una serie di arti e altre forme culturali. Presuppone l'impegno di capire, sviluppare ed esprimere le proprie idee e il senso della propria funzione o del proprio ruolo nella società in una serie di modi e contesti.
Quello che conta dunque nella progettazione di un insieme di azioni per combattere l’ignoranza è la sua definizione non solo come semplice mancanza di conoscenze in uno specifico ambito ma anche come incapacità di rendersi conto di questa mancanza, di colmarla andando alla ricerca di informazioni precise, di esercitare il pensiero critico come strategia per liberarsi delle percezioni errate del mondo, riuscire a distinguere le informazioni giuste da quelle scorrette, selezionare le notizie vere da quelle create artificiosamente per alimentare una certa percezione della realtà.
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Insomma siamo ignoranti non solo quando non conosciamo un argomento ma anche quando, sovrastimando le nostre conoscenze in un determinato ambito, ci lasciamo guidare dalle nostre errate percezioni e convinzioni nella formulazione di un giudizio sulla realtà. Dimostriamo di essere ignoranti quando dinanzi a fatti che smentiscono le nostre percezioni sulla realtà continuiamo a credere alle nostre percezioni e a fidarci solo di queste e il nostro giudizio sulla realtà non subisce nessun cambiamento.
Per la prima foto, la fonte è qui.
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