Ci possono salvare solo le radici. Intervista a Séverine Gauthier
TRENTO – Séverine Gauthier e Amélie Fléchais si sono aggiudicate con L’Uomo Montagna (Tunuè) il premio Itas del libro di montagna nella sezione migliore opera narrativa per ragazzi. L’opera, che è la prima graphic novel a ricevere il Premio Itas, è stata apprezzata dalla giuria presieduta da Enrico Brizzi per la bellezza dei disegni e per la poeticità del racconto. Si tratta di un fumetto fortemente simbolico e costruito con molteplici livelli di lettura. La storia mostra sin dalle prime pagine – hanno spiegato i giurati – l’addio che si consuma tra un nipote e un nonno, un lungo arrivederci che diventa anche invito a intraprendere un viaggio per ritrovarsi ancora. A Trento, in occasione della premiazione, abbiamo avuto modo di intervistare Séverine Gauthier e farci raccontare i retroscena di quest’opera tanto singolare.
Cominciamo dalle radici, il cuore del fumetto. Ci possono salvare solo le radici, spiega l’albero al giovane protagonista. Come possiamo trovare le nostre radici e come lei ha trovato le sue?
Sinceramente credo di non aver ancora trovato le mie radici, però quando ho adottato la mia bambina in Etiopia ho cercato di trovare un modo per incrociare le sue radici etiopi e le mie che sono francesi. In quel momento ho cominciato a pensare al significato delle radici e sono arrivata alla conclusione che sono quel luogo che possiamo chiamare casa, quel luogo dove possiamo sempre ritornare. Per quanto riguarda la mia opera, le radici sono le montagne, le montagne del nonno. Il bambino può incontrare le proprie radici aggrappandosi alle sue spalle.
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I bambini non si accontentano mai delle vie di mezzo. Cercano sempre il vento più forte, la montagna più alta, come scrive nel libro. Non è una lezione pericolosa che stiamo dando loro?
No, secondo me i bambini devono sempre cercare il vento più forte e la montagna più alta, come fa il bambino nel mio libro per aiutare il nonno nel suo ultimo viaggio. Sappiamo che i bambini devono imparare a gestire il rischio. Non pretendo che scalino fisicamente le montagne, ma che sappiano affrontare quelle difficoltà che la vita ci pone tanto spesso davanti e che nel fumetto sono rappresentate dalle montagne. I bambini devono essere in grado di scalare queste montagne per poter imparare a superare ogni difficoltà e ostacolo.
I suoi personaggi, però, portano le montagne sulle spalle.
Sì, perché ogni volta che vincono una sfida e riescono a superare una difficoltà aggiungono una montagna al fardello che portano sulle spalle. I bambini devono trovare la forza per superare le sfide. Naturalmente le montagne rappresentano il peso che ci si porta sulle spalle. Il nonno simboleggia la natura, con le montagne sulla testa e le lacrime come il mare salato. Quando il fardello diventa troppo pesante, poi, vuol dire che si è giunti alla fine.
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Importante è raccontare i viaggi, anche se serve tempo, scrive nel libro, omaggiando il potere delle parole. L’avventura, per trovare il suo compimento, ha bisogno di essere raccontata?
Sì, ed è per questa ragione che il bambino nella storia non riesce a capire perché non possa affrontare l’ultimo viaggio con il nonno. Per me è importante condividere le storie, perché le storie devono passare da una generazione a un’altra, perché vengano ricordate di padre in figlio, in modo che siano chiare le radici.
Speriamo allora di trovare queste nostre radici.
Certo, le troveremo. Ne sono certa. Basta continuare a scalare le montagne.
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Per la prima foto, copyright: Matt Thomason.
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