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Chuck Palahniuk su “Fight Club” e l’insonnia

Chuck PalahniukChuck Palahniuk ha reso l’insonnia una fonte di ispirazione per la scrittura di Fight Club. Questo è palese non solo dal romanzo stesso, ma anche dal racconto autobiografico che segue (pubblicato originariamente sul «Guardian»). Palahniuk fa i conti con il proprio disturbo del sonno – analizzandolo da un punto di vista più pratico e sardonico –, e lo collega con quello che è il processo creativo che l’ha portato alla scrittura. Ogni tecnica per la ricerca del sonno viene collegata con un aspetto diverso di Fight Club. Del resto, sarà proprio il vagare senza sosta con le occhiaie in una suggestiva e onirica Reno a spingerlo a ideare il personaggio di Tyler Durden.

Chuck Palahniuk: io e l’insonnia

L’insonnia ha i suoi lati positivi. Gli scrittori Joy Williams e Lewis Hyde descrivono come un artista debba essere “distrutto” per poter compiere un atto creativo originale. Uno scrittore o un pittore deve essere colto di sorpresa da uno shock o una sofferenza che stordisca la sua parte razionale e gli permetta di accedere all’ispirazione, sia che l’audace idea derivi da un qualche dettaglio psicologico seppellito in profondità sia che derivi da una qualche demonica musa esterna. Il digiuno funziona. Un rifiuto, anche. L’insonnia funziona a meraviglia.

Nel 1993 mi sono ritrovato completamente abbandonato a Reno, Nevada, senza soldi e senza un posto dove stare. Di notte vagavo insonne tra casinò e ristoranti vuoti, aperti tutta la notte, esausto, delirante, e andavo inventando una storia di un uomo che credeva di soffrire di insonnia, mentre in realtà viveva una doppia vita: quando pensava di star dormendo, il suo alter ego si arrischiava in tutte quelle avventure che egli stesso non si sarebbe mai azzardato a fare coscientemente. Quando il sole sorse nella “piccola città più grande del mondo”, avevo la base del romanzo scritta in testa.

Un’altra scrittrice, la cara amica e autrice di bestseller Chelsea Cain, afferma che gli scrittori cominciano la loro vita raccontandosi delle storie di “auto-conforto” per addormentarsi da bambini. Nel corso del tempo, queste storie diventano sempre più lunghe e dettagliate, finché non arrivano ad assomigliare alle epopee di Tolkien, ma in fondo rimangono il metodo principale dello scrittore per scivolare nell’inconscio. Diventano, se si vuole, una sorta di ninnananna auto-cantata e cumulativa. Trasformare questa abitudine in carriera è inevitabile, come qualsiasi alcolista che sogna di possedere un bar. Gli stessi romanzi di Chelsea, la serie di Archie Sheridan cominciata con La ragazza dei corpi, o la nuova e terrificante serie su Kick Lannigam che verrà lanciata questa estate con One kick, lei dice siano tutti basati su una saga decennale che la culla fino a farla addormentare ogni notte.

È semplice amare la verità, e la teoria di Chelsea suona vera perché ha identificato un’abitudine che anche io pratico sin dalla mia infanzia insonne. Non dovrebbe meravigliare nessuno, ma alcune mie storie di “auto-conforto” che mi racconto da sempre riguardano il combattere. Combattere e perdere. Se si vince un combattimento immaginato non ci si addormenterà mai, ma degli studi dimostrano che dopo che un pugile o un wrestler perde un match, i suoi livelli di testosterone diminuiscono drasticamente. Il suo metabolismo rallenta. Tutti questi cambiamenti, si pensa, servono a evitare che questo ritorni a combattere prima di essersi fisicamente ristabilito.

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Chuck PalahniukEcco perché gran parte del romanzo Fight club era sul perdere dei combattimenti. Come si dice nel libro e nel film: «dovete uscire e mettervi a litigare con un perfetto sconosciuto. Dovete battervi e dovete perdere». I miei lunghi combattimenti immaginari erano silenziosi e brutali, e dopo perdevo e mi addormentavo.

Più di recente ho trovato un metodo meno drammatico. Se mi immagino a muovermi in uno spazio, per esempio camminare lungo un sentiero in una foresta o esplorare una casa vuota e spaziosa, mi addormento. Le case ripescate dalla mia infanzia funzionano meglio di contare le pecore.

Come per i combattimenti, il linguaggio rovina tutto. Qualsiasi cosa verbale rovina tutto. Parlare o anche pensare per parole innesca certi meccanismi del mio cervello che mi eccitano. Invece di addormentarmi, mi ritrovo davanti al tavolo della cucina a prendere appunti su un nuovo progetto di scrittura.

Un altro metodo che funziona è avere freddo, o immaginare di avere freddo. Immaginerò di essere sommerso nella neve, di qui le caverne ghiacciate in Fight club. Altri insonni che conosco aprono le finestre d’inverno o bevono acqua gelida prima di andare a letto. Nel letto, mentre il mio corpo si riscalda, calo nel sonno.

A essere sincero, lo Stilnox mi aiuta a dormire durante più notti di quelle che voglia ammettere – sebbene sia incerto sulla qualità del sonno che mi procurano. Troppo spesso mi alzo la mattina per scoprire che una maniaca e sonnambula versione di me ha lavato e sistemato il bucato, riorganizzato gli scaffali nel garage, pulito il caminetto e impacchettato i regali per Natale – forse un ibrido tra Tyler Durden e Martha Stuart. Queste mattine sono simili alla storia Gli elfi e il calzolaio: è una sorpresa trovare i lavori noiosi già fatti, ma è sconcertante non averne memoria.

L’anno scorso questi folletti hanno preparato la mia dichiarazione dei redditi. Non è difficile immaginare che presto scriveranno i miei libri. Verrò completamente rimosso dal processo. Poco a poco, come dice Brad Pitt: «ti stai lasciando diventare... Tyler Durden». Può essere che questo succeda quando una persona prende troppe pillole per il sonno? Ti spegni e poi vivi una nuova vita? Da persona più coraggiosa, audace e meglio organizzata, spero.

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