Chi è davvero Ziggy Stardust? L’alter ego di David Bowie nel libro di Luca Scarlini
Uscirà oggi in libreria Ziggy Stardust – La vera natura dei sogni, pubblicato da Add Editore, a firma di Luca Scarlini. L’opera che ci fa conoscere da vicino l’alter ego di David Bowie fa parte di una nuova collana della casa editrice torinese dal titolo “Incendi”, curata da Fabio Geda e Francesca Mancini. Sarà presentata il prossimo 16 febbraio alle 19 alla Libreria Open di Milano (via Monte Nero, 6). Diciamoci la verità: nessuno avrebbe potuto nemmeno lontanamente sognare o immaginare una simile coincidenza per quest’opera già programmata da tempo e che si trova a uscire a poche settimane di distanza dalla scomparsa del grande artista britannico, che tanta eco ha avuto in Italia e nel mondo. Con questo “Numero 0”, l’obiettivo della collana “Incendi” di Add Editore, specializzata in saggistica, ma che sta allargando il suo catalogo a più settori, sembra decisamente riuscito: «Diffondere passioni, farle dilagare e offrire ai lettori la possibilità di farsi contagiare» dicono dagli uffici di via Buozzi, dove stanno preparando altre prossime interessanti uscite (Caetano Veloso di Igiaba Sciego, Santoka di Susanna Tartaro, Topolino di Tito Faracie Patti Smith di Tiziana Lo Porto).
Perché Ziggy Stardust? Perché la biografia di un personaggio, di un travestimento, anche se forse il più famoso della storia del rock? Ziggy, più di tanti altri, ha incarnato lo spirito di quei tempi, ha interpretato il sentire comune (forse latente in merito ad alcuni tabù, sdoganandoli) e lo ha preconizzato. «There’s a starman waiting in the sky…» è il famoso ritornello della canzone Starman, tratta dall’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars: questa strana creatura, strizzata in una tutina aderente, evocava l’alienazione e il senso di ribellione di una generazione appena uscita dal flower power, dal Vietnam e dall’assassinio di Robert Kennedy e di M.L. King. Sicuramente ha tutte le carte in regola per entrare nella storia. Lo ha dimostrato, in fondo, l’ondata di commozione generale che ha invaso nei giorni scorsi i giornali, social network, siti internet e testate televisive. Forse non tutti erano davvero suoi fan, ma di certo in tanti si sono fatti prendere dalla “bowite”. La scomparsa di un big come lui, per di più, fa il paio con la notizia di questi giorni del sorpasso delle vendite delle vecchie uscite sulle nuove.
Come a dire che una generazione di artisti sta venendo meno e anche la musica di oggi non è più quella di una volta, come alcuni sostengono. Insomma, come Bowie (che nei primi anni Settanta arrivò a vendere circa 7 milioni e mezzo di copie, come scrive Scarlini) non ce ne sono più. Per questo, vale la pena capire e approfondire di che cosa è stato capace il Duca Bianco, grazie a Luca Scarlini (saggista, drammaturgo e storyteller, conduttore di Museo Nazionale su Radio 3, autore di Sacre sfilate, Il Caravaggio rubato, Siviero contro Hitler, Memorie di un’opera d’arte: la marchesa Casati, Conosci Milano) che, con il suo libro, coinvolgente e ben strutturato, ci fa entrare direttamente sulle scene insieme a Ziggy, in teatro, così come nella vita di tutti i giorni.
Come è nata l’idea di questo libro? Esce in concomitanza con una notizia inaspettata per la maggior parte di noi…
Se dovessi essere presuntuoso, direi che sono una chiromante. In realtà, quando Add Editore mi ha proposto una biografia di un personaggio reale o immaginario, io ho pensato subito a Ziggy Stardust. Dopo le prime perplessità, devo dire che l’idea è stata accolta molto bene. A opera conclusa, mi sono trovato a scriverne l’epilogo, posto prima del prologo, a rotta di collo, per causa di forza maggiore. Negli ultimi mesi, in realtà, qualche voce sulla sua malattia era stata diramata: allo spettacolo Lazarus, quando Bowie era uscito per gli applausi, era il fantasma di sé medesimo. Credo che questa uscita sia l’espressione coerente dell’esistenza di Bowie che ha vissuto in modo artistico ogni aspetto della sua vita, e anche la morte. Anche gli ultimi due videoclip, Lazarus e Blackstar, sono la degna conclusione.
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Beh, si è talmente immedesimato e ha approfondito la conoscenza di Bowie a tal punto da avere intuito il momento giusto…
Se non altro mi pareva evidente che fosse necessario fare il punto, visto che Bowie non aveva mai voluto scrivere la sua biografia, rifiutando proposte miliardarie dalle maggiori case editrici del pianeta per scrivere una memoria. A quel punto ho pensato che la chiave di volta fosse la biografia del personaggio che lo aveva consacrato come una rockstar.
Non ha avuto paura di cimentarsi con un personaggio così noto e amato? Ha sentito una responsabilità?
Non credo che sia una forma di responsabilità, basta studiare e documentarsi per non cadere in errore. Su Ziggy Stardust c’è una bibliografia in lingua inglese infinita, tantissima aneddotica, un’ampia documentazione, molta anche presentata con un approccio scientifico.
Qual è stato il primo disco che ha ascoltato o il primo ricordo legato a David Bowie?
Ne sentii parlare quando facevo le medie da Amanda Lear, intervistata durante un programma televisivo. Amanda Lear era la star erotica della tv italiana. Mentre parlava della sua identità sessuale, rivelava di essere stata consigliata sul suo aspetto fisico da David Bowie, di cui era stata la fidanzata. Il primo e vero approccio con Bowie, invece, fu quando recuperai un libro della Arcana Edizioni dal titolo “Tutto David Bowie”, con i testi originali e le traduzioni in italiano, commentate. Bowie non è certamente un cantante, ma un artista a 360^ gradi.
Bowie, in qualche modo, è entrato in contatto con le vite di ognuno, stimolandole?
Come quelle di Kennedy o di Lady Diana, anche la morte di Bowie è uno di quegli eventi capaci di mettere insieme un pubblico molto vasto, facendolo reagire e stimolando emozioni.
Nel libro ha scritto che con l’avvento di Ziggy Stardust personaggio e persona si fondono in un modo nuovo e inedito: può spiegarci questo concetto?
La rivoluzione che è avvenuta nel rock con Jimi Hendrix o Jim Morrison, per esempio, voleva che ci fosse una sorta di sacerdote, o di profeta, che celebrasse il desiderio folle di liberare il suo corpo. La novità con Bowie è quella che, in piena epoca postmoderna, abbiamo una generazione più riflessiva dove gli eroi identificavano la propria immagine, incarnando la rappresentazione di sé.
Anche l’«Osservatore Romano» si è occupato di David Bowie, definendolo “una personalità mai banale”: si è stupito di questo interesse verso questo personaggio, icona di trasgressione?
No, affatto. Non mi stupisce che al quotidiano della Città del Vaticano si siano interessati a lui, e non se abbia commesso peccati. Tutto quello che ha fatto Bowie, in modo critico e moderno, sulla ricerca del messia che deve arrivare, ha rappresentato un percorso artistico serio e coerente che anche i cattolici hanno saputo riconoscere.
Che cosa gli chiederebbe, se avesse la possibilità di intervistarlo?
Non lo intervisterei. Lascerei fare l’intervista a chi lo fa di mestiere. Preferisco di gran lunga raccontare delle storie. Magari mi piacerebbe conoscere nuovi documenti o nuovi elementi, quello sì.
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