Che lingua parla la violenza? Un’indagine sullo stile dell’abuso
Lo stile dell’abuso. Violenza domestica e linguaggio di Raffaella Scarpa (edizioni Treccani, 2021), docente di Linguistica italiana e Linguistica medica e clinica presso l’Università di Torino, intende ridefinire l’abuso domestico in rapporto alle nozioni di potere, violenza e linguaggio proponendo una nuova concettualizzazione ed evidenziando il ruolo svolto dalla lingua nella relazione d’abuso.
Ciò che emerge dai casi studiati e riportati è che il regime discorsivo dell’abusante corrisponde a un sistema linguistico fondato sulla menzogna. Al centro quindi dell’indagine di Raffaella Scarpa c’è la parola la cui potenza pervasiva è in grado di rivelare gli aspetti più oscuri della violenza. In questo libro il linguaggio, che è spesso legato a una valenza positiva, è legato al concetto di abuso.
La parola è analizzata non come un mezzo per pensare, imparare o stringere relazioni ma come «strumento abusante» che sottomette. Oggi si parla molto di donne abusate fisicamente tra le mura domestiche, ma quasi mai si pone l’attenzione sul fatto che l’abuso del linguaggio, o meglio, il linguaggio dell’abuso possa essere l’arma principale della soggezione.
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I concetti alla base di questo libro sono quindi «potere» e «violenza» a partire dal loro rapporto con la lingua. Le ragioni profonde dell’assoggettamento stanno proprio nell’enorme potere di offesa del linguaggio, nella sua forza perlocutoria. E proprio questo emerge dall’analisi stilistica di un corpus di testi raccolti da Raffaella Scarpa e dal suo team in più di vent’anni di ricerca, utile a studiare e comprendere il regime discorsivo dell’abusante il cui fine ultimo sta sempre nell’esercitare una «forma specializzata di annichilimento» dell’altro attraverso il potere della parola.
L’aggressione è nascosta nei livelli meno decodificati della lingua, nel tono, nel ritmo, nella velocità con cui si parla, nella costruzione della frase; aver chiaro come si comporta il linguaggio nella relazione d’abuso equivale a immunizzarsi e proteggersi.
I tentativi di una formalizzazione del legame tra potere e violenza accompagnano l’intera storia della riflessione: da sempre l’odio viene espresso attraverso il linguaggio mediante le parole (il lessico) e le immagini costruite attraverso le parole (la retorica delle figure). È ormai accreditato che le relazioni abusanti inizino sovente con quello che è stato battezzato «love bombing» ovvero il «bombardamento sentimentale», una tecnica che prevede una serie di azioni congiunte che hanno come oggetto-bersaglio la persona che si vuole assoggettare. Doni fuori contesto, ripetizione smodata di complimenti iperbolici, numero irragionevole di chiamate e messaggi, richiesta smodata di attenzioni, sono tutte spie che devono far preoccupare. Spesso però vengono viste come attenzioni da parte di un partner innamorato. E infatti una delle costanti nelle vicende di violenza domestica è la mancata presa d’atto dell’abusata rispetto a ciò che vive: anche nei casi più estremi la donna maltrattata è come se non si rendesse conto della situazione nella quale vive.
Ricorre nelle testimonianze l’immagine della metamorfosi dell’uomo in «altra cosa» sino alla trasformazione in essere mostruoso. Nelle testimonianze serpeggia un interrogativo: «Come è potuta avvenire la metamorfosi?», «Quando si è trasformato?». Da parte delle donne abusate vi sono dei procedimenti atti a riassorbire l’incomprensibile in una ragione più grande della logica; uno di questi sta nel tratteggiarsi come un soggetto dipendente, tossicomane, malato e questo associare l’abusante a una sostanza stupefacente o un agente patogeno gli conferisce autorità assoluta a cui corrisponde lecitamente la devozione totale: «Mio marito aveva la coca, la mia droga invece era lui. Lui lo sapeva e ripeteva a tutti: la malattia di Sara si chiama Antonio. Su questo aveva ragione, sì aveva proprio ragione».
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Se nelle donne il racconto è vario, negli uomini abusanti il racconto è omologato. La violenza viene spesso connotata come una forza esterna, viene minimizzata, non è tale fintanto che non produce segni visibili sul corpo.
Lo stile dell’abuso può quindi essere descritto come un sistema linguistico a più direttrici stilistiche che operano in sinergia per esercitare il potere domestico sino a identificarsi con esso.
Lo stile dell’abuso. Violenza domestica e linguaggio di Raffaella Scarpa è un libro illuminante sulle dinamiche che portano alla violenza domestica nei confronti delle donne, uno studio scientifico puntuale e attento dedicato «a chi non sa riconoscere l’intollerabile», da leggere e sul quale meditare tutti quanti.
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