Che Guevara nel bellissimo ricordo di Erri De Luca
Ricorrono oggi i cinquant’anni della morte di Che Guevara, ucciso nel 1967 da Mario Terán, nel bel mezzo di quella che sembra essere stata una vera e propria esecuzione sommaria.
Per celebrare l’anniversario e ricordare la figura di un uomo che non ha mai smesso di affascinare intere generazioni di più e meno giovani, l’editore Nova Delphi fa uscire oggi Io e il Che, a cura di Nadia Angelucci e Gianni Tarquini.
Il testo raccoglie le conversazioni dei due curatori con Paco Ignacio Taibo II, Juan Martín Guevara, José “Pepe” Mujica, Erri De Luca, Osvaldo Bayer, Valerio Evangelisti, Pino Cacucci, Letizia Battaglia, Miguel Benasayag, Luciana Castellina, Massimo Carlotto, Piergiorgio Odifreddi… tutti accomunati dal desiderio di ricordare il Che e provare a fornire una lettura diversa delle sue gesta e della sua persona.
Qui di seguito un estratto del libro, con la poesia dedicata da Erri De Luca a Che Guevara e uno stralcio della sua conversazione come riportata nel testo.
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Nota su Ernesto
Fece la cosa giusta, voleva continuarla,
vivere a lungo, non diventare eroe.
Piantò la libertà su un’isola del mare dei Caraibi,
il primo Socialismo dell’Atlantico.
Sapeva fare un fuoco senza spargere fumo,
marciare nella notte e dei suoi compagni disse:
“Una catena non è più robusta del suo anello più fragile.”
Rispettava nei suoi la debolezza, che è premessa di valore.
Dormì all’aperto nel folto dei boschi e delle stelle,
studiò la medicina, imbracciò armi
e questa forse è una contraddizione.
In qualche foto è fresco di rasoio, in qualcuna sorride,
nell’ultima è il Cristo di Mantegna deposto seminudo.
Fu tradito, perché tradimento è la morte a trent’anni.
Una donna lo vendicò sparando a un certo Quintanilla
in un consolato di Bolivia in Europa.
“Usted es el señor Barranquilla?”
“No, yo soy Quintanilla.”
“Bueno” disse, e gli sparò.
Il suo nome, Monika Ertl, merita un posto in fondo a questa nota che termina così:
“È bello essere vendicati da una donna.”
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Erri De Luca
[…]
Molti pensano che l’immagine del Che come condottiero sia profondamente romantica.
Io non trovo niente di romantico nelle rivoluzioni del Novecento. Non c’è niente di romantico nel dover fucilare un tuo compagno. C’era invece una disciplina militare che imponeva dei sacrifici e delle scelte totali di mutilazione degli affetti. Di romantico non ho visto niente ma forse ho visto solo una parte. Il romanticismo c’era nell’Ottocento, magari in figure come Malatesta e Bakunin.
Quindi secondo la tua opinione Che Guevara è più vicino a un militante del Novecento oppure a una di queste figure di cui hai appena parlato?
Che Guevara è un soldato, un capo colonna.
LEGGI ANCHE – Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir e l’incontro con Che Guevara e Fidel Castro
E il suo aspetto poetico…
No, non credo fosse un poeta. Era un medico, questo sì. E per un medico mettersi ad ammazzare la gente non deve essere stato facile.
Com’è nata la poesia che ci hai dato per questo libro?
L’ho scritta quando ho avuto notizie dirette di Monika, alcuni dettagli più precisi sulla sua vita. E in effetti la Nota su Ernesto è scritta per dire che la cosa migliore che potesse capitare al Che era di essere vendicato da una donna.
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