Che fine ha fatto Nick Hornby?
Ci sono scrittori che al loro esordio hanno letteralmente sbancato, in Italia ci sono casi clamorosi come il compianto Giorgio Faletti che dopo anni trascorsi sui palcoscenici televisivi, passati a far ridere la gente, decide di pubblicare il suo primo romanzo (Io uccido) e subito la critica l’ha osannato come grande scrittore, addirittura Jeffery Deaver lo aveva definito al suo tempo uno da leggenda.
C'è stato Paolo Giordano che con La solitudine dei numeri primi aveva vinto il premio strega, Niccolò Ammaniti che con Branchie aveva sorpreso il mondo della letteratura italiana tanto da farne anche un film. Ma anche nel resto del mondo le cose non sono andate diversamente, non starò qui a fare la lista perché sarebbe troppo lunga e perderei il senso di quest’articolo.
Chi non ricorda Nick Hornby? Magari ad alcuni (pochi credo) questo nome non dirà nulla, ma mi riferisco a quelli che hanno poca memoria con i nomi degli autori, ma se dico Febbre a 90’ oppure Alta fedeltà, vedo già le lampadine illuminarsi.
Nick Hornby è uno scrittore inglese che prima di darsi alla carriera dello scrittore, faceva l'insegnante di lettere, poi a un certo punto della sua vita ha deciso di mettere su carta una delle sue più grandi passioni (il calcio) ed è uscito con il romanzo autobiografico d'esordio Febbre a 90’ che fu osannato dalla critica per la sua scrittura fresca e d'impatto che consacrarono l'autore come uno dei più rappresentativi degli anni Novanta. Quando arriva Alta fedeltà, la critica diventa ancora più entusiasta, Hornby scrive un romanzo parlando dell'altra sua grande passione (la musica) e tutti i giornali specializzati di quell'epoca, siamo nel 1995, parlano di questo romanzo come un capolavoro. Dagli Stati Uniti arriva anche la proposta di acquistare i diritti per realizzarne la versione cinematografica (un film mediocre a mio parere rispetto al libro).
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Da allora lo scrittore inglese non si è più fermato, ha lasciato il suo lavoro d’insegnante, ha iniziato a tenere una rubrica sulla testata «The Believer» con il titolo Stuff I’ve been reading che in Italia è tradotta e pubblicata su «L’Internazionale» e dove l’autore parla dei libri che sta leggendo o che vorrà leggere. Inoltre affronta argomenti di vario genere, parlando di esperienze personali tra cui anche la sua vita di genitore di un figlio autistico.
Dopo Alta fedeltà il nostro Nick, negli anni successivi, dà alle stampe altri sei romanzi, tutti editi da Guanda, di questi tre sono diventati delle pellicole cinematografiche di discreto successo e non solo prodotti in Inghilterra o negli Stati Uniti, ma addirittura in due casi (Tutto per una ragazza ed È nata una star) siamo stati noi italiani ad acquistarne i diritti e girarci un film.
Verrebbe da pensare che Nick Hornby sia un autore capace di scrivere libri e storie che ben si adattano al mondo della celluloide cinematografica, che ben si prestano alle storie che Hollywood vuole, c’è stato qualcuno che si è sbilanciato affermando che i suoi libri sono scritti come se fossero già delle sceneggiature belle e pronte da girare.
Questo dovrebbe aver fatto pensare al buon Nick che forse un eventuale passaggio al mondo delle sceneggiature non sarebbe stato così traumatico e pieno di insidie e così si è cimentato nella stesura di storie scritte appositamente per il cinema tra le quali cito due titoli Wild di Jean-Marc Vallée del 2014 e Brooklyn di John Crowley del 2015 che ha visto Hornby, soprattutto per l’ultimo, candidato sia all’Oscar e che al premio Bafta.
Nel 2012, cambia ancora pelle, diviene amico del cantautore americano Ben Folds e decide di scrivere tutti i testi di un album intitolato Lovely Avenue che in patria ha avuto un discreto riscontro commerciale.
Insomma una vera e propria consacrazione per un ex insegnante di lettere.
La domanda a questo punto è: forse Nick Hornby, siccome sono ormai cinque anni che non pubblica un vero e proprio romanzo, si è stancato del mondo della letteratura? Forse il cinema e tutto quello che ci gira intorno attira e paga di più? Forse a sessantun anni ha bisogno di altri stimoli che lo facciano sentire ancora vivo?
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Una cosa è certa e l’ho notato ultimamente navigando in rete in quelle sere che non hai molto da fare, quando moglie e figli dormono, di notizie recenti su eventuali e probabili pubblicazioni letterarie di Nick Hornby non ce ne sono. Se digiti il suo nome su Google, sono molte le notizie che lo danno legato più al mondo del cinema che a quello che lo ha reso celebre e stimato ai tempi di Alta fedeltà. Se cerchi delle sue foto, sono numerose le immagini che lo ritraggono su passerelle e red carpet durante una prima cinematografica o televisiva. Di romanzi, di storie brevi, di articoli non ne abbiamo più traccia da ormai troppo tempo.
Da scrittore e da lettore capisco che il mondo dell’editoria è cambiato notevolmente negli ultimi vent’anni, prima si scriveva un libro, si proponeva a un editore più o meno conosciuto e se era considerato un buon investimento lo si pubblicava e se veniva fatta una buona campagna editoriale si aveva la possibilità che sia l’autore sia l’editore ci potessero guadagnare entrambi.
Ora sono nate numerose piccole case editrici che puntano e pubblicano autori completamente sconosciuti e nessuno sa come riescano a sopravvivere, a resistere in una realtà molto competitiva. Ci sono le autopubblicazioni (self publishing, nda) dove è sufficiente scrivere un manoscritto e pubblicarlo gratuitamente o spendendo cifre irrisorie su portali come Kindle o Amazon. Infine ci sono case editrici che sono disposte a pubblicare a patto che l’autore accetti di collaborare economicamente alla stampa, alla distribuzione, alla vendita, insomma che paghi per essere pubblicato.
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Detto questo, sembra normale che anche un nome come Nick Hornby abbia deciso di investire il suo tempo e il suo talento in altri campi e in altre direzioni. Qualcuno potrebbe dire dovrà pur mangiare, ma io rimango un inguaribile romantico, ottimista e sognatore, per cui spero, e lo dico anche da fan accanito dello scrittore inglese, di trovare in libreria una nuova opera degna dell’autore di Alta fedeltà anche perché è grazie a lui che io ho iniziato a scrivere.
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