Che cos’è la letteratura? L’arguta risposta di Nabokov
«La letteratura non è nata il giorno in cui un ragazzino corse via dalla valle di Neanderthal inseguito da un grande lupo grigio, gridando "Al lupo, al lupo": è nata il giorno in cui un ragazzino, correndo, gridò "Al lupo, al lupo" senza avere nessun lupo alle calcagna. È del tutto incidentale che il poverino per aver mentito troppo spesso alla fine sia stato divorato da un lupo in carne e ossa. Il punto importante è che tra il lupo della prateria e il lupo della bugia esiste un intermediario scintillante: quell'intermediario, quel prisma, è l'arte della letteratura».
Una premessa è doverosa: Lezioni di Letteratura di Nabokov, di cui la citazioneriportata sopra si può considerare la summa, non è un saggio nel senso più stretto del termine. Il suo autore non lo ideò né con quell'intento e nemmeno per la pubblicazione ma, grazie anche alla moglie Véra e al figlio Dmitri, è stato possibile portare avanti e concludere un lavoro, possiamo dire di assemblaggio, che ha dato luogo a questo corposo libro e Fredson Bower, nella prefazione, specifica che non bisogna aspettarsi di trovare il lessico o la sintassi tipici del grande scrittore russo. Si tratta di appunti preparati da Nabokov per le lezioni in classe tenute in America, dove arrivò nel 1940, ovvero in una fase della vita nella quale pensava di scrivere quelloche poi diverrà il suo capolavoro, Lolita, completato nel 1953.
Approdò prima allaStanford Universitye alWellesley College; poi alla Cornell University a Ithaca dove fu nominato Associate Professordi letteratura slava e dove insegnò nel corso sui Maestri della narrativa europea (di 'Ottocento e Novecento) e su Letteratura russa in traduzione inglese. Furono gli anni trascorsi in quest'ultima accademia i più prolifici per lui: terminò il memoriale autobiografico Parla, ricordo e in questo stesso periodo la moglie gli impedì di bruciare le prime pagine della sua opera più celebre con protagonista Humbert Humbert e la sua ninfetta e che tanto scandalo produsse.
Divenne, infine, Visiting Professor nel 1952 ad Harvard e nel 1958 abbandonò definitivamente l'insegnamento.In particolare, le lezioni qui raccolte costituiscono il programma svolto al Wellesley e alla Cornell. Nel nostro Paese sono approdate nei primi anni Ottanta, ma ora Adelphi le ha finalmente rivisitate attraverso una nuova edizione uscita lo scorso ottobre con introduzione di John Updike e traduzione di Franca Pece. Di prossima pubblicazione da parte della stessa casa editrice il secondo volume dedicato alle Lezioni sulla Letteratura russa.
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Vladimir Nabokov (1899-1977) era figlio di un’antica e nobile famiglia di San Pietroburgo; crebbe in un ambiente colto e raffinato dove si parlava oltre al russo anche l'inglese, che conobbe meglio della sua lingua madre. La rivoluzione del 1917 costrinse tutti i membri a fuggire in Europa dove il giovane Vladmir potè proseguire gli studi. Si laureò infatti al Trinity College di Cambridge.
Visse in Francia e in Germania dove il padre, un noto politico, venne assassinato. Uomo eclettico e versatile, fu un bravo scacchista – non solo come giocatore ma anche come teorico – e un entomologo, nonché saggista e critico; è stato certamente indirizzato dal genitore alla cultura occidentale, pur rimanendo fedele alla tradizione drammaturgica russa.
In esergo di Lezioni di Letteratura troviamo scritto:
«Il mio corso è, tra le altre cose, una sorta di indagine poliziesca sul mistero delle strutture letterarie».
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Questa descrizione da parte del professor Nabokov rende l'idea del suo metodo di insegnamento: far ragionare i suoi studenti il più e soprattutto il meglio possibile unendo la dottrina alla pratica – dimostrando che la letteratura non è solo teoria – e le numerose illustrazioni presenti nel testo, inserite dagli editori italiani, supportano tale concetto. Vere e proprie mappe poste a corredo delle sue annotazioni.
Sono sette «i giocattoli meravigliosi» europei posti sotto la lente di ingrandimento: da Mansfield Park di Jane Austen all'Ulisse di Joyce passando per Casa desolata di Dickens, Flaubert con Madame Bovary, Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr Hyde di Stevenson, il primo volume della Recherche proustiana e La metamorfosi di Kafka, non mancando di ricordare, con appropriati confronti, altri romanzieri come Gogol' o Tolstoj.
Con passione, scompone e ricompone ognuna di queste opere e per ognuna individua le tecniche letterarie – due su tutte la cosiddetta «mossa del cavallo», ripresa dall'esperienza col gioco degli scacchi, o quella del contrappunto, vale a dire lo «spezzare con interruzioni o inserti paralleli due o più conversazioni o flussi di pensiero» –, i personaggi, (come sono descritti e come si muovono all'interno della narrazione),i temi e le ambientazioni, individuando elementi fallaci o al contrario solide basi su cui poggiano gli argomenti addotti per il racconto, comprese le influenze letterarie e il motivo per cui tali testi si devono considerare espressione di talento puro.
Se, ad esempio, Dickens tiene uniti protagonisti e avvenimenti mantendendoli vivi con costanza per tutto il tempo della (lunga) narrazione, il creatore di Jekyll e Hyde con una sola mirabile scena, quella della trasformazione, ha permesso al suo protagonista di entrare nella memoria collettiva, o Proust che ha saputo ricreare un intero mondo in retrospettiva attraverso personaggi dai molteplici aspetti.
«Sebbene ogni essere umano abbia il proprio stile, l'unico su cui valga la pena soffermarsi è quello dello scrittore di genio, e il genio non può esprimersi nello stile letterario dello scrittore se egli non lo possiede nell'anima».
Anti-freudiano, non si preoccupava dei fatti d'interesse umano né del senso comune ma, ed è questo a cui teneva maggiormente, all'opera d'arte in sé per sé considerata, conscio però, e lo diceva ironicamente agli allievi, che il libro segue il suo destino e, proprio come il destino che può essere imprevedibile, anche la vita di uno scrittore alle volte lo può essere, ricalcando il libro da lui stesso generato: come Tolstoj che trovò la morte presso una stazione ferroviaria seguendo le orme di Anna Karenina o come Stevenson quando gli venne un colpo aploppettico, e che prima di morire ha curiosamente detto:«Cosa succede, mi è cambiata la faccia?»
Le sue lezioni sono argute, a tratti pungenti, ma dal Nabokov-uomo, prima ancora che dal Nabokov-insegnante e artista, non ci si poteva aspettare diversamente:
«La letteratura è invenzione. Le opere di fantasia rimangono sempre fantasia, e dire che un'opera di fantasia è una storia vera è un insulto sia all'arte che alla verità. Tutti i grandi scrittori sono grandi imbroglioni, proprio come quella grandissima imbrogliona della Natura».
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Nemico dell'identificazione, la sua idea fulgida era che il vero lettore deve sapere quando e in che momento tenere a bada la propria immaginazione e per farlo deve conoscere il mondo che un autore gli pone tramite il libro perché «il romanzo non si deve leggere né col cuore e neanche col cervello ma con la spina dorsale».
Sia che si legga per diletto sia che lo si faccia per lavoro, Lezioni di letteratura di Vladimir Nabokov è un tesoro inestimabile da scoprire e riscoprire ogni volta, soprattutto se ci si pone in un'ottica di quel giusto spirito critico utile ad acquisire maggiore consapevolezza nella lettura come nella vita, poiché per dirla "nabokovianamente": «in quei giocattoli c'è il meglio della vita».
Per la prima foto, copyright: Anastasia Zhenina.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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