Charlotte Brontë innamorata di un uomo sposato. Le sue compromettenti lettere
Anche Charlotte Brontë, l’autrice di romanzi come Jane Eyre e Villette, cadde preda di un’incontrollabile e ingestibile infatuazione, che culminò in una fulminante passione amorosa per un uomo sposato. Si tratta del belga Constantin Héger. Ma come si conobbero i due?
Nel 1842 Charlotte Brontë e sua sorella Emily si recarono a Bruxelles per insegnare rispettivamente inglese e musica presso un convitto, in cambio del vitto e del pagamento della retta scolastica per altre lezioni che le due giovani donne volevano seguire. Poco dopo nello stesso anno, la morte della zia costrinse le sorelle a fare ritorno a casa per occuparsi della famiglia. Nel gennaio del 1843 l’allora ventottenne Charlotte fece ritorno a Bruxelles da sola. Qui conobbe Constantin Héger, fondatore del convitto e suo tutor di francese.
Se ne innamorò subito perdutamente. E quando ritornò a casa, un anno dopo, l’infatuazione per Héger – che era sposato e padre di alcuni bambini – non diminuì affatto. Iniziò così a scrivergli lettere di straordinaria intensità emotiva più di due volte a settimana.
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In una lettera a Héger degli inizi di gennaio del 1845, la ventinovenne Brontë comunica la sua profonda delusione per non aver ricevuto nessuna risposta e scrive:
Ho detto a me stessa quello che direi a chiunque altro in un caso simile: «Dovrai rassegnarti al fatto e, soprattutto, non angosciarti per una disgrazia immeritata». Ho fatto del mio meglio per non piangere e non lamentarmi.
Ma quando non ci si lamenta, e quando si vuole padroneggiare se stessi con la presa di un tiranno, le proprie facoltà si levano in rivolta e si finisce col pagare la calma apparente con una lotta interiore quasi insopportabile.
Giorno e notte non trovo né riposo né pace – se dormo faccio sogni che mi tormentano e nei quali vi vedo sempre severo, malinconico e arrabbiato con me.
Perdonatemi allora Monsieur se prendo l’ardire di scrivervi ancora. Come posso sopportare la mia vita se non mi sforzo di alleviare la sua sofferenza?
Nonostante la lucida consapevolezza del fatto che Héger avrebbe potuto “perdere la pazienza” perché lei gli scriveva troppe lettere, Brontë si lascia dominare da quest’infatuazione e implora:
Non cerco di giustificarmi, mi sottopongo a tutti i rimproveri – tutto quello che so – è che non posso – che non mi rassegnerò alla perdita completa dell’amicizia del mio maestro. Preferirei subire i più grandi dolori del corpo anziché avere un cuore costantemente lacerato da brucianti rimpianti. Se il mio maestro mi toglie del tutto la sua amicizia, io sarò assolutamente senza speranza – se mi dona una piccola amicizia – perfino piccolissima – sarò contenta – felice, avrei un motivo per vivere – per lavorare.
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Monsieur, i poveri non hanno bisogno di molto per vivere – chiedono solo le briciole di pane che cadono dalla tavola dell’uomo ricco – ma se queste briciole gli sono rifiutate, muoiono di fame. Allo stesso modo non chiedo una grande quantità di affetto da quelli che amo – non saprei cosa fare con un’amicizia intera e completa – non ci sono abituata – ma voi avete mostrato un piccolo interesse nei miei confronti, quando ero la vostra allieva a Bruxelles – e mi aggrappo alla conservazione di questo piccolo interesse – mi aggrappo a esso come mi aggrapperei alla vita.
E lo supplica:
Forse mi direte: «Non provo più per voi il minimo interesse, Miss Charlotte – non appartenete più alla mia famiglia – vi ho dimenticata». Bene, Monsieur, ditemelo candidamente – sarà uno shock per me – ma non importa – sarà senz’altro meno orribile dell’incertezza.
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Così conclude:
Non voglio rileggere questa lettera – la sto inviando così come l’ho scritta – Tuttavia sono per così dire vagamente consapevole che ci sono alcune persone fredde e razionali che leggendola direbbero: «Sta delirando». La mia sola vendetta è di augurare a queste persone un solo giorno dei tormenti che io ho sofferto per otto mesi. Poi vedremo se anche loro non si metterebbero a delirare.
Uno soffre in silenzio fino a quando ha la forza, e quando questa forza viene meno parla senza misurare le parole.
Héger, che rispondeva di rado, alla fine lasciò che fosse sua moglie a occuparsi della situazione. Madame Héger scrisse a Brontë chiedendole di inviare lettere solo ogni sei mesi al massimo. Héger le strappava, ma la sua prudente moglie le ripescava dalla spazzatura e le ricuciva con l’intenzione di conservarle.
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Le lettere furono donate dai figli di Héger alla British Library nel 1913, settant’anni dopo che Brontë le aveva scritte.
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