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Charles Dickens – Satira e giustizia

Charles DickensUn testamento sulla satira e sulla giustizia, così può essere considerata la prefazione che Charles Dickens scrisse nel 1867 in occasione della ristampa de Il circolo Pickwick. Temi che, si sa, erano molto cari allo scrittore inglese.

Nata come una semplice raccolta di sketches per i giornali dell’epoca, Il circolo Pickwick si rivelò essere un’opera di grande respiro naturalista, in primo luogo – per la dettagliata rappresentazione che Dickens offre dell’epoca a lui contemporanea – e di satira dei costumi. Un’opera che fa parte della tradizione dei grandi romanzi picareschi, ma che allo stesso tempo raffigura uno stato d’innocenza dell’uomo comune tale da risultare umoristico nella sua semplicità. Insomma, si tratta di una commedia che molto prende in prestito dalla farsa e dal teatro, che mette a nudo ciò che di più «meschino» avveniva all’epoca.

Eppure, quando ci si confronta con le parole dei grandi autori, non si può far a meno di pensare al presente. E le parole di Dickens, non mancano mai di essere attuali – sebbene vadano pur sempre contestualizzate nell’epoca in cui sono state concepite.

***

[…] Si è osservato, relativamente a Mr Pickwick, che nel procedere delle pagine vi è un cambiamento nel suo carattere, che diventa più buono e più sensibile. Non credo che questo cambiamento apparirà forzato o innaturale ai miei lettori, se questi riflettono sul fatto che nella vita reale le peculiarità e le stranezze di un uomo che non abbia in sé alcunché di eccentrico impressionano in genere per prima cosa, e che solo quando lo si è conosciuto meglio si comincia a osservare al di là di questi tratti superficiali, e se ne conosce la parte migliore.

Per tema che non ci siano persone ben intenzionate che non sappiano discernere la differenza (così come accaduto quando Old Mortality fu pubblicato di nuovo) tra la religione e l’ipocrita religiosità, la pietà e la falsa pietà, tra l’umile reverenza nei confronti delle grandi verità nelle Scritture e l’audace e offensiva invadenza che di queste se ne fa usandole alla lettera – e non nello spirito – nei più comuni disaccordi e nei più subdoli affari della vita per la straordinaria confusione delle menti ignoranti, mi si lasci spiegare che qui si fa satira sempre del secondo termine, mai del primo. E per di più che qui si fa satira di questo per il suo essere, secondo l’esperienza, sempre incoerente col primo, del tutto inconciliabile, e come una delle più crudeli e meschine menzogne esistenti nella società […]. Potrebbe sembrare non necessario spendere almeno una parola su una questione così semplice. Ma non è mai fuori luogo protestare contro quella rude familiarità con le questioni sacre, sempre pronta a esprimersi sulle labbra, ma arida nel cuore, o contro la confusione della Cristianità con qualsiasi classe di persona che, nelle parole di Swift, ha in sé abbastanza senso religioso per odiare, ma non abbastanza per amare, di uno l’altro.

Ho trovato curioso e interessante, mentre osservavo le pagine di questa ristampa, sottolineare quali importanti miglioramenti sociali hanno avuto luogo nella nostra società quasi impercettibilmente, da quando questo libro è stato scritto. […]

Chi sa, magari quando questi termineranno, si potrà scoprire che ci sono persino magistrati in città e in campagna che sono stati educati a stringere la mano ogni giorno con il buon senso e la Giustizia; che persino le leggi assistenziali dovrebbero aver pietà per i più deboli, gli anziani e gli svantaggiati; che le scuole, che poggiano sui vasti principi Cristiani, sono il miglior ornamento per l’estensione della terra civilizzata; che le porte delle prigioni andrebbero sbarrate dal di fuori con gli stessi strumenti con cui le si sbarra dall’interno; che la diffusione comune del significato di decenza e salute sono un diritto per il più povero dei più poveri così come è indispensabile per la sicurezza dei ricchi e dello Stato; che le poche congregazioni e associazioni – meno che gocce, nel vasto oceano dell’umanità che rimbomba attorno a questi – non devono mai lasciar diffondere la Febbre e la Consunzione delle creature di Dio a loro piacimento, e continuano a suonare i loro piccoli e venali violini in una Danza della Morte.

***

Con una chiusura così forte e idealista – quasi fosse un climax all’andamento della prefazione, che parte con un tono distaccato per concludersi con un coinvolgimento sempre più forte – Dickens riflette ancora una volta nel corso della sua carriera su quelli che sono i valori fondamentali su cui si basa la sua satira e il sentimento di giustizia che la pervade.

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