Celebrando Julio Cortázar, a 30 anni dalla sua scomparsa
1984: ai più verrà subito in mente George Orwell e il suo romanzo più celebre. Ma così, per la cronaca, quello fu anche un anno apparso sui calendari e non solo un libro fondamentale per la letteratura del ventesimo secolo. Nel 1984, la Apple presentava il suo primo computer Macintosh; al cinema uscivano il testamento di Sergio Leone C’era una volta in America e il film musicale Purple Rain, con Prince nella doppia veste di attore e interprete della colonna sonora; Bruce Springsteen pubblicava il suo più grande successo commerciale, Born in the Usa. Quell’anno se ne andarono scrittori come Truman Capote e Richard Brautigan. E poi Julio Cortázar. Esattamente oggi, il 12 febbraio di trent’anni fa, moriva uno dei più stimati autori sudamericani di sempre, senz’altro tra i mattatori del Novecento argentino insieme a Borges e Sabato.
Autore fantastico e del fantastico, pioniere di una letteratura che rompeva gli schemi e scomponeva le forme, fu allo stesso tempo e con uguale fortuna abile romanziere e suadente narratore di racconti brevi, affabulatore, poeta romantico, saggista e critico letterario. Scrittore cosmopolita per eccellenza, nacque a Bruxelles, visse con la famiglia in Svizzera e poi in un sobborgo di Buenos Aires, di nazionalità argentina ma poi naturalizzato francese, si stabilì e morì a Parigi. Tra i suoi romanzi, impossibile non menzionare Rayuela (in Italia pubblicato da Einaudi con il titolo Il gioco del mondo), in cui una tavola d’orientamento avverte sulle eventuali modalità di lettura: progressiva, a partire dal capitolo 1 fino al 56, oppure a iniziare dal capitolo 73, seguendo l’ordine suggerito dall’autore.
Tra le raccolte di racconti, invece, Bestiario e Ottaedro, entrambe contenenti otto storie, ma soprattutto Le armi segrete e Tutti i fuochi il fuoco. Il primo di questi, Le armi segrete, racchiude in sé piccoli tesori, tra cui Le bave del diavolo, che fu d’ispirazione a Michelangelo Antonioni per girare il suo capolavoro Blow-Up, e il superbo Il persecutore, che narra gli ultimi giorni di un sassofonista, Johnny Carter (dietro il quale si nasconde nient’altri che Charlie Parker), doppia faccia del genio, dall’indiscutibile talento nella musica alla spirale autodistruttiva nella vita privata.
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La seconda delle raccolte citate, Tutti i fuochi il fuoco, comincia con Autostrada del sud, in cui la realtà si amplifica e si tuffa nel surreale: un imbottigliamento automobilistico sull’autostrada durerà molto, molto tempo, persino mesi, generando situazioni e soluzioni impreviste. Il racconto piacque evidentemente a Jean-Luc Godard, che ne fece un film nel 1967: Week-end, un uomo e una donna dal sabato alla domenica. Altro adattamento cinematografico da una storia di Cortázar è il distopico Furia di Alexandre Aja, uscito nelle sale nel 1999 e tratto dal racconto Graffiti (Disegni sui muri nella versione del nostro Paese, edito da Guanda all’interno della raccolta Tanto amore per Glenda, 2009).
Ma lo scrittore argentino si è contraddistinto anche per i suoi scritti più sperimentali, insiemi composti da parti diverse, fusioni di generi e contenuti, come Storie di cronopios e di famas (con la brillante sezione iniziale Manuale d’istruzioni) oppure il bizzarro reportage di un viaggio in Francia intitolato Gli autonauti della cosmostrada, scritto insieme alla moglie Carol Dunlop.
Patrimonio letterario ricchissimo e quindi inestimabile, quello lasciato dallo scrittore argentino, capace sia di analizzare e rendere palpabile l’inquietudine del reale, sia di esplorare e rileggere il fantastico attraverso le incursioni in un mondo immaginifico e di sogno, il suo. Magari adesso si trova proprio lì, lo sguardo un po’ accigliato, la sigaretta in bocca, la mano che scrive.
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