“Cataratta” di John Berger: la vittoria di una nuova «visibilità»
«Rinascita visiva», così John Berger, nel suo ultimo libro Cataratta (edito in Italia da Gallucci, nella traduzione di Maria Nadotti), definisce il miracolo di cui è stato testimone dopo gli interventi subiti, prima all'occhio sinistro e poi a quello destro.
È soprattutto lo stupore, quasi infantile, che ci colpisce, reso più palpabile grazie alle parole rapide ed efficaci dell'autore, rispondenti alle nuove emozioni e ai nuovi colori da lui percepiti (il bianco di cui si è riappropriato, il blu, il viola e infinite altre sfumature di colori che credeva perdute).
Questo libro, così diverso e straordinario nella sua "partitura", si avvale anche del contributo di Selçuk Demirel (famoso vignettista turco, che collabora con giornali e riviste quali «Le Monde» e «The New York Times»), che, con i suoi disegni a china, ci mostra un mondo visto attraverso due occhi, che diventano finestre su tutto ciò che li circonda o due ali che portano la luce a chi l'aveva perduta.
Sono disegni quasi surreali, che si alternano alla precisione con cui Berger descrive le sue sensazioni: «il bianco della cucina materna, non più spento, il lavandino, le mensole, la porcellana [...] la luce che restituisce la purezza originaria e la profondità dei colori».
La nuova «visibilità» per Berger (scrittore, pittore, fotografo inglese e vincitore del Booker Prize con il romanzo G) è «un dono, una conquista, una vittoria dei medici, nonché del suo stesso corpo», è un modo per descrivere scientificamente le nuove emozioni provate, per dimostrare come è cambiata la sua visione, mettendo a confronto la vecchia con la nuova: stupefacente e straordinaria. Analizza e descrive, come un addetto ai lavori, la capacità di determinare in modo «rinnovato» la luce, la distanza, la profondità delle cose. Ogni immagine gli appare provenire da un nuovo mondo, dove i colori cambiano e assumono sfumature dimenticate, «una visione primigenia», che lo lascia stordito e incantato.
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Un incanto che ha già provato e che gli richiama alla memoria il famoso quadro di Johannes Vermeer De Keukenmeid (conservato al Rijksmuseum di Amsterdam) da Berger espressamente citato. Nel quadro di Vermeer la luce penetra da una finestra, illuminando una frugale cucina con cesti di paglia, uno scaldino, ma soprattutto una tavola, su cui una donna vestita di giallo e viola, rosso e verde, versa del latte in una ciotola. La luce straordinaria di questo quadro illumina il pane e una brocca blu smaltata con fiori bianchi piccoli, un tocco di grazia e di colore!
Ora Berger può gustare il dipinto in tutti i particolari, grazie ai suoi occhi rinati, che hanno ridato vita anche a quel quadro che sembra ricoperto da «una rugiada di luce».
Questa rinascita della vista è interpretata con maestria dalle vignette di Demirel, in esse gli occhi sembrano assumere vita propria e sono rappresentati, con un tratto profondo ma leggero, capaci di cogliere la continua sorpresa di chi scopre cose dimenticate. Ecco quindi una testa sdraiata con un occhio che vola a osservare le sfumature di colori di una viola del pensiero che l'autore aveva disegnato dopo l'intervento di cataratta, profondamente diversa da un'altra viola disegnata prima: «è l'intimità dei suoi colori che si è trasformata, si sono denudati davanti ai miei occhi». Perciò Demirel ci disegna un uomo sdraiato con un occhio solo, mentre l'altro vola a guardare da vicino la viola del pensiero.
Un'altra vignetta ci mostra un uomo che al posto degli occhi ha due finestre, in una c'è un omino che vede e sorride, l'altro no perché «con un occhio pare tutto usurato, con l'altro tutto nuovo».
Trattandosi di uno scrittore, credo che l'immagine più veritiera e commovente usata da Berger sia stata quella relativa all'emozione suscitata in lui dal biancore di un foglio di carta: «il biancore del foglio precipita incontro ai miei occhi e sono i miei occhi ad abbracciarlo come si fa con un amico che non si vede da molto tempo».
Ora che il foglio è di nuovo bianco auguriamo a John Berger, dopo il successo di Cataratta, di riempire altri fogli bianchi con parole colorate e avvolgenti.
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