Case editrici a pagamento: un'indagine che rivela come trattano gli scrittori
Le case editrici a pagamento sono un tumore per gli scrittori, se parte di questi si salveranno, altri purtroppo incontreranno la morte interiore verso la scrittura. Vi sembra un paragone azzardato? Leggete l’indagine che ho condotto nei mesi scorsi (i primi dati sono stati pubblicati pochi giorni fa da Lettera43, ringrazio il giornalista Stefano Iannaccone), prima è necessaria una premessa importante.
Il viaggio intrapreso non nasce dal nulla, il blog di Sul Romanzo si è occupato spesso di questo tema, e molte sono le persone che negli anni hanno contribuito a formare una consapevolezza più allargata sul mondo EAP (Editoria A Pagamento), da Linda Rando a Loredana Lipperini, a Scrittori in Causa, solo per fare qualche esempio. Quanto vi sto per esporre rappresenta il frutto dei dati raccolti nel tempo e della disponibilità di una trentina di persone che mi hanno aiutato a riempire un file excel costruito ad hoc.
Se i lettori pensano di trovare di seguito liste di proscrizione, si fermino qui, non è un articolo che farà nomi. Se qualcuno sta già brontolando, invito a una maggiore serietà, abbandonando il tipico atteggiamento italiano qualunquista. Se non si fanno nomi e cognomi non significa che la ricerca non abbia valore, dipende, come per ogni cosa, dagli obiettivi. Si consideri, inoltre, che quanto ho fatto mi esporrebbe alla facile denuncia per diffamazione che 151 editori potrebbero muovermi contro nel caso li nominassi, costringendomi a difendermi nelle sedi opportune. Io desidero informare, non perdere tempo e denaro con chi comunque non cambierà idea e continuerà a sentirsi editore spennando innumerevoli polli. Il mio obiettivo è riflettere su un sistema ben diffuso in Italia, per taluni aspetti protetto da opportunismi e ignoranza, come tenterò di spiegare con dati precisi.
La domanda da cui la ricerca è iniziata
L’anno scorso ho avuto un’idea, mi sono chiesto: per quale ragione in Italia, nonostante la non poca informazione online, le case editrici a pagamento continuano a essere vive e vegete, e a essere presenti in numerosi eventi di editoria e letteratura? I sospetti che avevo erano tanti, non ultimo che vi fosse una serie di relazioni in grado di sostenere un sistema poco noto ai più e assai remunerativo. Ho così approfondito ulteriormente l’argomento e organizzato un piano di battaglia per penetrare l’acqua torbida che incontravo.
Mi serviva il cavallo di Troia, non c’era altra soluzione. Ho aperto un mio vecchio file e ho tirato fuori uno dei miei orribili romanzetti giovanili. Non solo. Ho inserito nel romanzo una decina di incongruenze che mi sono appuntato, tre esempi: un’amputazione della gamba sinistra subita da un personaggio nella prima parte del testo, nella seconda parte la gamba amputata è la destra; un viaggio in auto da Venezia a Milano in un’ora e mezza; un iPhone in un ricordo dei primi anni Novanta. Impossibile non notare il “cambio” di gamba, ridicolo pensare di compiere quel viaggio in così poco tempo e il primo iPhone è datato 2007.
Ho iniziato alla fine del 2013, sotto falso nome, a inviare il romanzo inedito a poche decine di case editrici a pagamento e nei mesi successivi, notando che mi rispondevano tutte, ho proseguito con l’esperimento con altre case editrici fino alla scorsa estate, ottenendo lo stesso risultato, come le ho scelte? In tre modi: facendo riferimento a una lista che si trova con facilità online, a un saggio di editoria e sulla base delle tante storie sentite negli anni da scrittori che mi hanno contattato per vari motivi.
Facendo riferimento ai dati del 2012 (perché quelli avevo alla fine del 2013), in Italia furono 4.534 case editrici a pubblicare almeno un titolo e 1.187 più di 10 titoli in un anno. Ho inviato il mio cavallo di Troia a 152 case editrici a pagamento che sapevo appartenere al gruppo delle 1.187.
La risposta ‒ da pochi giorni a tre settimane circa ‒ è stata unanime, 152 case editrici mi proponevano la pubblicazione del mio romanzo (ci sanno fare con il marketing, numerose case editrici mi hanno anche proposto da subito una possibile quarta di copertina e un piano di lancio per il libro, già mostrato nella copertina in un file allegato alla mail con nome e cognome acchiappa orgoglio!). Il mio sorriso compiaciuto durava alcuni secondi perché dovevo subito dare avvio alla seconda fase, chiedere loro di visionare il contratto editoriale (tante case editrici lo inviano subito, non tutte) e fare una telefonata per delucidazioni (occasione ghiotta per me, da agente letterario mi sono divertito a metterli in difficoltà). Purtroppo durante una telefonata una persona mi ha riconosciuto (mi aveva sentito parlare al Salone del Libro di Torino e mi segue su Facebook, ha fatto due più due), perciò la mia ricerca si basa su 151 case editrici che pubblicano più di dieci titoli all’anno, il 12,7% di 1.187 case editrici.
Il ruolo ambiguo dell’AIE
Digressione, che rivela un contesto dai tratti imbarazzanti. Se andate nel sito dell’AIE (Associazione Italiana Editori), precisamente nella sezione Chi Siamo, si può leggere: «Tra i suoi obiettivi l’Associazione si prefigge di rappresentare e tutelare gli editori, di favorirne la crescita professionale, rimuovere gli ostacoli allo sviluppo di un moderno mercato editoriale, di contrastare i fenomeni di illegalità e mancato rispetto del diritto d’autore». Tenete a mente quanto segue: «Rimuovere gli ostacoli allo sviluppo di un moderno mercato editoriale». Nella medesima pagina, sulla sidebar a destra, si legge: «Gli editori aderenti all’AIE rappresentano il 90% del mercato librario italiano». Avete letto bene, il 90% del mercato, quindi è verosimile pensare che l’AIE rappresenti tantissime case editrici a pagamento, è una tesi non confutabile. Eppure, se si considerano le recenti dichiarazioni di Marco Polillo, presidente dell’AIE, non si sa bene cosa pensare: «Non credo che al nostro interno ci siano realtà che realizzano dei margini con il contributo dell'autore».
Fermatevi! Non tirate facili conclusioni.
Permettetemi di aggiungere un elemento. Se avete la pazienza di leggere lo Statuto dell’associazione, scoprirete che «le quote annuali di ciascun socio effettivo sono determinate in base al fatturato relativo all’attività editoriale. La quota è crescente in relazione al predetto fatturato, ma non in modo proporzionale». Avete capito, vero? Adesso potete tirare una prima conclusione, credo che non occorra esplicitarla. Le tabelline le abbiamo studiate tutti a scuola. Ma ai più confusi possiamo dire che spennare migliaia di polli, meglio se migliaia di migliaia, è un vantaggio enorme per l’AIE: più fatturati, più quote considerevoli, tutti più contenti, eccetto gli scrittori. Non importa come ci si rapporta al mercato editoriale, non importa se subiscono trattamenti terribili gli scrittori, non importa i mezzi messi in campo, perché, come è dichiarato, l’importante è «rimuovere gli ostacoli allo sviluppo di un moderno mercato editoriale». Figuriamoci se non fosse stato così. So che queste mie parole non faranno piacere all’associazione, però bisogna che qualcuno scriva nero su bianco quale è la verità, perché negli anni ho visto troppa gente girare attorno al tema senza centrare il punto, che è e rimane una questione economica che avvantaggia qualcuno. Inutile lamentarsi, per esempio, della presenza numerosa degli editori a pagamento al Salone del Libro di Torino o a Più libri più liberi di Roma, anche in quei casi, non sono i soli, il fattore che scatena tanti troppi silenzi da chi potrebbe condizionare certe pratiche è e rimane una questione economica: qualche ingenuo pensa che gli stand in fiera siano gratuiti?
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Telefonate imbarazzanti alle case editrici
Ho cominciato a telefonare agli editori, una mail di risposta serviva per dichiarare che ero un po’ confuso rispetto a certe voci del contratto, ottenevo il numero di telefono e fissavo una chiamata. Reazione simile nell’approccio: parole di apprezzamento verso il romanzo e capacità di negoziazione che si sviluppava in due obiettivi:
1- Mettermi a mio agio.
2- Portarmi quanto prima alla firma del contratto.
Io stavo al gioco all’inizio e poi tentavo di portare ogni interlocutore verso i punti critici dei contratti, in qualche caso voci contrattuali al limite del legale, con una chiara impostazione svantaggiosa per l’autore, e non sto soltanto parlando di percentuali di vendita, no, problemi su diversi fronti: notizie vaghe sulla prima tiratura, il diritto di opzione vincolante per gli autori (per esempio: in caso di un secondo libro medesime condizioni contrattuali da rispettare e obbligo di pubblicazione con lo stesso editore, perciò a pagamento e ulteriori esborsi di denaro in caso di rifiuto), il diritto di prelazione spesso personalizzato in maniera furba (sperando di non dover rispondere a troppe domande dell’autore su questi punti che condizionano le future pubblicazioni), i rendiconti (se non è esplicitata una data, l’editore fa un po’ come vuole, per non parlare della mancanza frequente delle modalità attraverso cui pagherà; altra voce poco chiara: “su richiesta dell’autore”, come a dire: se non lo chiedi, non ti mando nulla), gli obblighi dell’editore (l’abilità di renderli precisi laddove non servirebbe e assai vaghi nelle cose che invece contano davvero).
Quanto pagano gli autori
Il contributo da parte dell’autore è, in media, di 1.370 euro per le 151 case editrici:
22% sotto le 1.000 euro
67% fra 1.000 euro e 2.000 euro
11% sopra le 2.000 euro.
Il minimo di 699 euro e il massimo di 4.800 euro (possibilità di rateizzazione, in un paio di casi fino a 15 rate mensili). Il discorso, ovviamente, qui si complica perché alcune case editrici impongono un acquisto di 100 o 200 o 250 o 300 volumi, altre case editrici (molte meno) non impongono acquisti ma si concentrano soltanto sulla supposta distribuzione del volume nelle librerie. C’è chi ti dice: «Parte dei volumi che acquisti te li vendi da solo» e invece altri: «Non ti obbligo all’acquisto, tu paghi e io ti distribuisco il libro». In quest’ultimo caso le copie in omaggio tendono a essere di più, fino a 25, quando nel primo gruppo le copie in omaggio sono fra cinque e dieci.
Ecco il colpo di genio di 89 case editrici su 151: al raggiungimento di un numero di copie variabile fra 500 e 800 l’editore si impegna a rimborsare l’intera somma versata all’inizio. L’autore a questo punto cosa pensa? Che cosa vuoi che sia arrivare a 500 copie vendute, si organizza qualche serata in biblioteca o in libreria e in poco tempo si rientra con le spese. L’editore fa bene i suoi conti, ci guadagna in ogni caso, rischio zero.
Quanto pagano gli editori
In termini di percentuale si va da un 7% a un 14% sul prezzo di copertina al netto dell’IVA (la media è il 10%). Parte dei contratti, a fronte di un’ostentata precisione, indica le migliorie di percentuali dopo un certo numero di copie vendute, senza tuttavia specificare le modalità attraverso cui l’autore può verificare il superamento effettivo dei numeri esplicitati. Come a dire: ti premio alzando la percentuale se vendi di più ma non ti dico quando ciò accadrà. Comodo, anzi furbo, perché per un editore è banale burocrazia impelagare un rendiconto dentro una voce come la resa, quantificando ciò che serve in resa appunto per non rivelare che un numero prestabilito di copie vendute è stato raggiunto. Impossibile verificare con precisione per l’autore.
Fattore non secondario: il codice ISBN è garantito dalla maggioranza delle case editrici, mentre 19 delle 151 non garantiscono neanche questo, se si vuole l’ISBN bisogna sborsare altri soldi.
Distribuzione: chi l’ha vista?
Un aspetto che tanti autori paganti non considerano a sufficienza è la distribuzione. Tutte le case editrici contattate si vantano delle loro distribuzioni nazionali con PDE o con Messaggerie, allora ho pensato di organizzare un file excel interessante: scegliere quattro titoli per ogni casa editrice delle 151 (titoli editi da non più di sei mesi rispetto al momento della ricerca e da non meno di tre mesi, quest’ultimo dato per dare modo di mettere in moto l’eventuale macchina di distribuzione che possiede tempi viscosi rispetto al giorno di pubblicazione di un libro) e verificare nelle librerie italiane la loro presenza. Ringrazio circa trenta persone che mi hanno molto aiutato per questa operazione che da solo sarebbe stata impossibile. Sto parlando di 604 titoli pubblicati e la loro presenza in decine di librerie italiane: da Trento a Palermo, da Lecce a Imperia, da Trieste a Bologna, da Macerata a Latina. Sapete che cosa è emerso? Un quadro a dir poco sgradevole: la stragrande maggioranza dei libri non è mai arrivata nelle librerie, in definitiva i libri non esistono fisicamente (eccetto quelli acquistati dall’autore, nei casi in cui è stato imposto l’acquisto di volumi).
Qualche dato. La presenza, se di presenza possiamo parlare, concerne 23 titoli su 604 (3,8% del totale), 23 titoli che sono stati trovati in alcune librerie, per il resto il vuoto cosmico. Volete ridere, o forse piangere? Mi sono incuriosito osservando i dati e ho fatto diverse telefonate per chiudere il cerchio, sapete in quali librerie erano presenti quei 23 titoli? In 16 casi su 23 esclusivamente nella regione di residenza dell’autore (pochi click e trovavo con facilità il dato che mi serviva), in sette casi su 23 non ho potuto verificare questo parametro (o perché non capivo la città di residenza dell’autore oppure in tre casi perché gli autori risiedono all’estero). In ogni caso fa molto riflettere il dato, sembra che l’editore mandi almeno una copia in una libreria non lontana dal domicilio dell’autore, così da poter dire: «Se vai nella libreria X, potrai constatare che lì vendono il tuo libro», un modo per far star zitto lo scrittore. Se non sono geni del male questi, qualcuno mi spieghi dove trovarli.
Risultato finale: 604 meno 23 uguale 581, in altre parole 581 titoli non sono mai arrivati nelle librerie. Bingo! A dispetto delle pompose voci contrattuali sulla promozione (qualche editore inserisce addirittura una lista di presenze del libro alle fiere di Torino o Roma, e perfino in alcuni casi a quella internazionale di Francoforte), la realtà è una: il libro non è distribuito nell’86% dei casi, quanto basta per farsi un’idea della serietà delle case editrici a pagamento, quelle che, in parte, secondo l’AIE, dovrebbero far parte di un «moderno mercato editoriale».
Errore di misurazione o paradigma prevedibile
Qualcuno potrebbe dire: hai scelto i titoli sbagliati, la casa editrice ha altri titoli. Una critica che avevo già pensato e così ho chiesto ai miei collaboratori di porre la seguente domanda nei casi di NON presenza di un titolo: «Ha mai avuto in libreria qualche titolo di questa casa editrice?». La risposta è stata negativa nell’ordine del 98% dei casi. Penso che non vi sia altro da aggiungere poiché il quadro è chiaro, anzi chiarissimo.
Le case editrici a pagamento sono interessate a far firmare il contratto agli autori ma poi non distribuiscono il libro.
Premi organizzati dalle case editrici a pagamento per donarsi autorevolezza
Tema su cui ho fatto alcune ricerche, anche se non approfondite. Non sono poche le case editrici a pagamento che organizzano concorsi e premi letterari, efficace modalità per darsi un tono e per far credere ai polli di avere l’autorevolezza critica in ambito editoriale.
Ho scoperto 14 delle 151 case editrici a pagamento coinvolte in tali operazioni, non posso sapere se altre del gruppo abbiano pratiche simili, la ricerca non è facile da compiere. Ci sono sempre un premio in denaro e una serie di attività che conducono alla casa editrice.
Conclusioni
Il paragone con il tumore di cui vi parlavo all’inizio, con grandissimo rispetto per i malati di tumore, sia chiaro, vi sembra ora azzardato? Migliaia e migliaia di aspiranti scrittori illusi da editori a pagamento, una valanga di soldi che mantiene un sistema, dall’associazione di categoria alle fiere editoriali, oltre ai singoli editori, un business dai contorni poco chiari che spero questo articolo sia riuscito, per taluni aspetti, a mostrare.
Sto preparando per il blog di Sul Romanzo una serie di articoli dedicati ai contratti editoriali, esistono voci di contratto da esplorare con attenzione e ho deciso di parlarne, da un lato, perché comincio a essere stanco di scrittori che mi contattano per chiedermi un’opinione su documenti che hanno firmato, dall’altro lato, perché in futuro vorrei indirizzare gli aspiranti scrittori verso una sezione del sito nella quale trovare tante informazioni utili per rapportarsi con gli editori.
Ultima cosa: non pensate, dopo avere letto fino a qui, che io divida gli editori in puri ed EAP, perché commettereste un errore di valutazione, pure fra i puri non mancano le delusioni. Per ora mi limito a chiedervi di far conoscere l’articolo ai vostri amici aspiranti scrittori, in futuro proverò a raccontarvi altri lati del bellissimo e bizzarro mondo dell’editoria.
Attenti agli editori a pagamento, sono case editrici serie?!
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