Campiello Opera Prima 2017 – Intervista a Francesca Manfredi
Una raccolta di racconti, Un buon posto dove stare (edito da La nave di Teseo), segna il debutto della giovane dell’emiliana Francesca Manfredi, ex allieva della Scuola Holden di Torino, dove ora insegna. Il libro, vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2017, raccoglie undici racconti, per altrettanti frammenti di vite umane dove le cose e le persone non sono mai quello che sembrano.
Un bagno in piscina, un viaggio dall’America all’Italia, i giochi nella casa della nonna sono momenti di vita quotidiana, sotto i quali si cela – e lì sembra volverci stare – una profonda inquietudine del vivere, del non detto e del non fatto. Per saperne di più sull’opera ne abbiamo parlato con l’autrice.
Come è nata l’idea di scrivere racconti?
Da un certo punto di vista credo sia più facile cominciare con il racconto, almeno nel mio caso è stato un gesto naturale. Da lettrice ho cominciato fin da piccola leggendo racconti e poi ho continuato a leggerne e scriverne. Tra le mie letture di racconti ci sono stati quelli di Calvino, di Hemingway. Se pensiamo ai bambini, i racconti sono una delle prime forme di approccio alla storia narrata, come le storie che i genitori raccontano prima di andare a letto. Dal mio punto di vista il racconto è una forma comunicativa splendida, legata all’infanzia, molto coinvolgente che richiede al lettore la massima attenzione per poter percepire ogni singolo dettaglio. Con il racconto ho la possibilità di creare più storie che sì, possono avere elementi in comune, ma possono essere lette separatamente, come mondi a sé stanti. Dal punto di vista della scrittura il racconto è una forma breve con la quale in poche pagine puoi andare a scavare in fondo della psiche dei personaggi. Inoltre la cura che ci metti nello scegliere le parole da usare è una vera e propria ricerca certosina, perché ognuna di esse è importante per il senso della storia. Direi che il racconto è un forma narrativa dove ogni termine usato è rilevante, un po’ come accade per la poesia. Anzi il racconto è molto vicino alla poesia.
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In Un buon posto dove stare, edito da La nave di Teso ci sono undici racconti di vita. Da dove trae ispirazione per le storie che scrive?
Mi ispiro alla vita di ogni giorno, prendo spunto da quello che mi accade attorno e cerco di captare ispirazione da quello che vedo o che mi raccontano le persone che conosco. Ogni piccolo gesto del quotidiano, nella sua ripetitività, può essere l’input per lo sviluppo di una storia. Pe esempio a me piace molto anche raccontare di luoghi, e le case sono una fonte molto importante per me, perché molte delle storie che ho scritto sono sorte proprio dall’osservazione di ambienti dove sono stata.
Una delle caratteristiche che tornano un po’ in tutti i racconti è un senso di inquietudine presente nei personaggi. Cosa scatena questa sensazione in loro?
L’inquietudine è un aspetto del carattere umano molto interessante da studiare, perché si manifesta in modo differente in ogni persona. L’inquietudine è fondamentale, perché interrompe la quotidianità nella quale i personaggi vivono. Ogni racconto è caratterizzato da uno stato di calma iniziale che viene bruscamente interrotto da qualcosa che scatena tormento e agitazione nei personaggi, perché interrompe e mette in crisi il loro equilibrio. Ammetto che l’inquietudine è anche qualcosa di mio personale, del mio vissuto, nel senso che credo sia giusto non accontentarsi mai di quello che si ha, perché si deve andare avanti e trovare quello che si cerca e desidera. Inoltre, l’inquietudine è anche una delle altre cose che ho ereditato della lettura di libri horror e gotici, di certo Raymond Carver è stato una fonte molto importante per questo elemento.
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Quindi secondo lei la vita quotidiana può avere in sé qualcosa di straordinario da raccontare?
La quotidianità è fonte fondamentale di ispirazione, poiché in essa si nascondono tante piccole cose che sono vera poesia. Per esempio è proprio dal quotidiano che si scatena quell’inquietudine presente un po’ in tutti i personaggi dei miei racconti e che li porta a vivere vite tormentate. Di recente ho visto un film, Paterson è il titolo, e per me è un capolavoro che narra il quotidiano. Il protagonista è un autista di pullman che ama scrivere poesie e la pellicola racconta questo: il fare l’autista e lo scrivere poesie. Sono i piccoli gesti di ogni giorno a diventare grandi. È vero: sono ripetitivi, ma ricchi di profonda bellezza e per tale ragione diventano i veri protagonisti. Oltre alla realtà di ogni giorno, per me è stata importante la lettura delle opere di Steinbeck, Faulkner, Caldwell, Williams, Hemingway.
Cosa rappresenta “il buon posto dove stare” per i protagonisti dei racconti?
Il posto giusto dove stare è qualcosa che i personaggi cercano. È l’obiettivo delle loro esistenze, il traguardo al quale mirano e che non è detto che riescano a raggiungere. A volte è la cosa giusta da fare che i personaggi principali non riescono a fare, perché c’è qualcuno dei comprimari della narrazione che li mette in condizioni di inferiorità. I protagonisti hanno qualcosa da mettere in atto ma non sempre ci riescono, perché incontrano qualcuno che agisce inducendoli a credere di non saper fare, oppure hanno qualcosa che vogliono tenere segreto e questo scatena in loro ansia e tormento.
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In questo momento quale è il racconto di Un buon posto dove stare che apprezza di più?
Ora come ora direi Quel che rimane, perché è quello che arrivati alla fine lascia una maggiore possibilità alla speranza di uscita da un momento cupo, ma devo ammettere che amo molto anche quei finali di racconto dove si percepisce quel senso di inquietudine che i personaggi credevano di aver cacciato.
Come ci si sente ad avere come agente letterario Andrew Wylie, uno dei più importanti rappresentanti del settore a livello mondiale?
Per me è un grande onore avere come agente Andrew Wylie. Essere rappresentata da lui però è un pregio e una forte emozione. In realtà, l’ho visto una volta sola, a una lezione. Io sono in maggiore contatto con la sede di Londra della The Wylie Agency e devo dire che tutti coloro con i quali ho avuto modo di interagire fino ad ora sono molto competenti, bravi e professionali e il loro sostegno è molto importante.
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È al lavoro con una nuova scrittura?
Sì, sto provando a scrivere un romanzo. Mi piace sperimentare qualcosa di nuovo e ammetto che questa nuova esperienza è molto coinvolgente. Tema centrale della storia sarà sempre la quotidianità e quello che accade in una grande casa di campagna.
Come si sta preparando per la serata finale del Premio Campiello?
Ammetto che l’emozione è tanta… anche se so già l’esito del premio, sarò di certo emozionata. Il tutto si terrà il 9 settembre, il mio sarà un breve intervento all’interno della serata, ma il fatto di essere in diretta su Rai 1 sarà davvero bello. Per me è qualcosa di completamente nuovo e sono davvero felice di poter provare emozioni così forti.
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Per la prima foto, copyright: Toa Hetfiba.
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