“Cade la terra” di Carmen Pellegrino: la speranza dalla desolazione
Cade la terra di Carmen Pellegrino, pubblicato da Giunti, è la storia di Alento, borgo che vive nella fantasia dell'autrice (anche se richiama Roscigno Vecchia nel Cilento), ma che attraverso le storie dei suoi abitanti assume concretezza nella mente del lettore. È quasi una sorta di Antologia di Spoon River, con ogni capitolo dedicato a un personaggio – il cui nome costituisce il titolo del capitolo stesso –, di cui viene raccontato un frammento di quotidianità, quell'esatto attimo in cui compaiono l'isolamento, la solitudine, in alcuni casi addirittura la morte, che condannano i protagonisti a un futuro incerto e di dolore.
Il romanzo deve il suo titolo ad Autunno di Rainer Maria Rilke, in particolare a «lungo le notti, la terra, pesante, cade, dagli astri, nella solitudine. Tutti. Cadiamo»: cadute metaforiche che tutti sperimentiamo, prima o poi, nella vita, dolori che ci annientano ma che ci rendono anche più forti e consapevoli. C'è chi non ce la fa; altri, invece, si rialzano e proseguono, pur con qualche cicatrice in più.
Cade la terra non è un libro triste, semmai nostalgico, dedicato al passato e ai sogni infranti, che comportano il disfacimento fisico e spirituale delle persone, a cui si accompagna quello progressivo delle strade e delle case di Alento. Tuttavia, nel crollo generale qualcosa sopravvive («Ma uno spirito v'è, che questo immenso universo cadere, entro le mani, con insonne pietà, regge ed eterna», citando nuovamente Rilke), una fiducia nei confronti di chi resiste alle tempeste.
Il filo conduttore della narrazione è rappresentato da Estella, legata a Marcello da sentimenti contrastanti, che la portano ad allontanarlo, pur provando rimorso quando è ormai troppo tardi («[...] in questo giorno tremendo in cui sarei finalmente pronta, so di esserlo anche per morire»). Nei suoi ricordi trovano spazio una serie di altri caratteri, dalle storie più o meno malinconiche.
C'è la famiglia Forti: Cola Forti è un idealista, le cui utopie vengono un giorno distrutte. La figlia, Libera, subisce lo stesso annientamento, ma per ragioni diverse: sposata con un uomo che dice di non amare, madre di un figlio che afferma di non volere, Libera trascorre gli anni immersa in quel disprezzo, finché al marito e al figlio non accade davvero qualcosa di grave. Eppure, quando i suoi desideri prendono forma, la donna, a dispetto del nome, libera non lo sarà mai davvero.
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Ci sono poi i Parisi, la cui storia è legata a quella di una lampadina. Essi perdono la figlia Mariuccia – che è anche il nome di un'enigmatica anziana che compare nel testo – poiché il medico sbaglia a farle un'iniezione, scambiando un flacone con un altro. La giustificazione è che in quella casa non c'era abbastanza luce, per cui l'errore era inevitabile. Eppure, quando verrà installata, la luce elettrica non sarà un progresso in casa Parisi: l'altra figlia, Lucia, un giorno rompe la lampadina. Il padre la riempie di botte, ma lei trova un espediente per sfuggire alle percosse, perché sa che in paese l'aspetta Tonino. Ma quando giunge all'appuntamento, nemmeno lui la vuole più. Così Lucia prende una terribile decisione.
Cade la terra dedica pagine anche a Giacinto e a Maccabeo, il commerciante con due figli, per i quali sogna un futuro brillante e che gli vengono strappati dalla Grande Guerra: «poche volte in vita sua Maccabeo aveva pronunciato la parola Italia e mai gli era riuscito di sentirsene parte» e ora proprio alla patria deve sacrificare tutto ciò per cui ha sempre lottato.
Nella nota finale, l'autrice confida di aver vissuto a sua volta in una grande casa in rovina, «negli anni informi in cui si hanno tutte le possibilità davanti, oppure non se ne ha nessuna». Entrando in un luogo abbandonato, immaginava il ritorno di quanti l'avevano abitato, cambiando di volta in volta i loro destini.
C'è un po' di Carmen Pellegrino in Estella e ve ne accorgerete leggendo il libro: «la vita continuò perché la vita continua, e il tempo passò, perché il tempo passa» (Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata), eppure per le strade del paese qualcosa resta, gli spiriti di chi lì visse e rimase, nonostante il mondo intero si fosse dimenticato di Alento e di altrettanti luoghi belli e suggestivi sparsi per l'Italia e di cui nessuno ha più memoria.
Dalle macerie, dalla desolazione e dalla morte deve nascere una nuova speranza, ci dev'essere per forza qualcuno che si salva, se non qui in un altro universo, dove vita e morte si confondono: è un pensiero che forse un libro come Cade la terra di Carmen Pellegrino può ricordarci.
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