Biobibliografia dell’India. Tra Guido Gozzano e Almeida Faria
Autore: Marcello SaccoDom, 01/07/2012 - 20:00

Gozzano, che per raggiungere Goa si stacca dalla comitiva dei compagni di viaggio, trova una terra in piena decadenza che gli stuzzica una “curiosità morbosa” per le “pietre morte” (parole sue). «Da due ore m’aggiro per la più strana, la più triste delle città morte», scrive. Certo la decadenza non è solo lì. Ma mentre nel resto dell’India è qualcosa che trascende la memoria storica di ogni europeo, perché risale indietro di millenni, nel disfacimento di Goa Gozzano intravede lo “spettro di cose nostre”, di una strada della Roma barocca o una piazza umbra, e non è difficile immaginare quanto un poeta “crepuscolare” possa aver amato la sensazione di essere entrato in una città abitata solo da guardiani di chiese sfatte e di una salma intatta, quella del missionario san Francesco Saverio, che i portoghesi avrebbero nominato, da defunto, Vicerè delle Indie («Il vero governatore che giungeva dal Portogallo doveva chiedere il permesso alla salma idolizzata»).
Mi ha fatto ripensare a Gozzano la lettura del recente (inedito in Italia) Il mormorio del mondo, breve diario di un viaggio in India che rappresenta anche il ritorno in libreria dopo tanto tempo – se non proprio di silenzio assoluto, certo di “mormorii” sporadici – di uno scrittore tra i più emblematici della letteratura portoghese degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, Almeida Faria, anche lui, a suo modo, occultamente influente in patria. Tutti quei giovani che negli ultimi anni hanno scritto martoriando la punteggiatura, in fondo, non facevano altro che bissare l’esordio iconoclasta di Rumore bianco, romanzo enigmatico che un ragazzo neanche ventenne aveva pubblicato nel ’62, scandalizzando l’ambiente letterario di casa sua. E tutti quegli scrittori, non solo tra i giovanissimi, che ancora oggi sono faulkneriani più o meno consapevoli, saranno probabilmente inconsapevoli di rivisitare uno stile che nella loro lingua trovò la prima espressione matura in un altro romanzo di quegli anni, La passione (edito in Italia da Passigli).

Va aggiunto, se mai ve ne fosse il bisogno, che la rivisitazione non ha nulla di nostalgico, nel senso politico che soprattutto in certe lingue può assumere la nostalgia. L’approccio di Almeida Faria è sempre erudito e razionale anche quando sfiora il registro onirico, forse perché l’esotico è il luogo reale dei nostri migliori o peggiori sogni.
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