Berlin, una saga di romanzi per ragazzi. Intervista agli autori
Si è da poco conclusa con l’uscita del sesto volume L’isola degli dei (Mondadori, 2018) la saga di romanzi per ragazzi Berlin, scritta a quattro mani da Fabio Geda e Marco Magnone e pubblicata a partire dal 2015 con cadenza semestrale. La saga è ambientata in una surreale Berlino degli anni Settanta, dove un virus misterioso ha decimato la popolazione adulta, lasciando la città in rovina, isolata dal resto del mondo per evitare la diffusione dell’epidemia e abitata solo da bambini e adolescenti, che cercano di sopravvivere dopo essersi raggruppati in bande che entrano periodicamente in conflitto tra loro. Su tutti loro, però, aleggia il pensiero della morte, perché sanno di essere destinati a morire alle soglie dell’età adulta.
Alla pubblicazione dei romanzi è stato affiancato un sito interattivo, che nel corso degli anni ha fornito ai lettori numerosi contenuti extra.
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Avevamo incontrato gli autori alla presentazione del primo volume della saga nel 2015 e siamo tornati a fare loro qualche domanda per tracciare un bilancio dell’esperienza appena conclusa.
Vi ho intervistato in occasione dell'uscita del primo volume di Berlin e oggi siamo qui a parlare della chiusura della saga. Come vi sentite, dopo aver visto stampato anche questo sesto e ultimo volume?
Potremmo dire soddisfatti e storditi. Scrivere Berlin è stata per entrambi una straordinaria palestra: nessuno di noi aveva mai scritto niente di così lungo e complesso. Berlin è un progetto che, tra una cosa e l’altra, ci ha tenuti prigionieri per quasi cinque anni; una felicissima prigionia. Siamo soddisfatti per come sono andare le cose, per la diffusione dei libri, per l’entusiasmo dei lettori e per l’interesse suscitato dalla saga sia nel nostro ambiente, quello dell’editoria per ragazzi, sia fuori: in Italia è in fase di sviluppo un gioco di ruolo e in Germania è in fase di sviluppo una serie televisiva. Tanta carne al fuoco, quindi. Vediamo che succede. Soddisfatti e storditi, dicevamo. Storditi perché chiuso Berlin ci aspettano nuove storie e la nostra testa è già immersa in nuovi progetti. Siamo due entusiasti senza bisogno di assumere sostanze per esserlo, e quella macchina creatrice di storie che il destino ci ha impiantato nella testa è sempre accesa.
Durante il nostro primo incontro avevate dichiarato di avere già in mente tutto il piano dell'opera, ma che incontrando di volta in volta i lettori avreste anche tenuto conto dei loro suggerimenti e delle loro proposte per la stesura dei volumi successivi. Questi suggerimenti sono stati significativi? Quanto avete effettivamente modificato della storia iniziale in questi anni?
Alla fine, a essere onesti, non abbiamo modificato granché la struttura principale della storia. Piccole cose. È stata più una questione di accenti e di sfumature. Ci siamo resi conto di avere già noi un’idea abbastanza chiara di ciò che volevamo fare e che proseguire la storia, sia esplorandola durante la scrittura, sia alimentandola attraverso il confronto costante tra di noi, ecco, già questo forniva suggestioni sufficienti. E se noi eravamo felici e soddisfatti, se riuscivamo a stupire noi stessi, allora avremmo soddisfatto e stupito anche i nostri lettori. Il contatto con i lettori è stato utile perché notando la loro attenzione nel cogliere i più minimi particolari ci siamo sentiti sfidati a non dare nulla per scontato e a curare ogni dettaglio.
Come siete riusciti a tenere le fila di tante storie e tanti personaggi diversi: avete usato un metodo particolare, come schemi e schede precompilate per non confondere o dimenticare i dettagli dei singoli personaggi?
Per quanto riguarda i personaggi, sì, all’inizio abbiamo fatto delle schede: dettagli fisici, provenienza sociale, passioni, fragilità. Ma poi ce le siamo dimenticate e siamo semplicemente cresciuti insieme a loro. Li abbiamo visti dire cose, fare cose, prendere decisioni, e a volte trasformarsi in modi che non avremmo immaginato. Hanno vissuto con noi. Li abbiamo covati e coccolati. Li trovavamo dentro i libri degli altri. Per quanto riguarda la storia, è andata in modo simile: avevamo uno scheletro della vicenda, ma poi la scrittura stessa ci ha condotto in luoghi e situazioni che non avevamo preventivato; luoghi e situazioni da cui si sono sviluppati alcuni degli snodi di cui siamo più orgogliosi. E poi vabbè, ovviamente la scrittura di un nuovo libro partiva da una rilettura complessiva dei libri vecchi. Niente bacchette magiche, quindi: solo passione, mestiere, dedizione.
Siete soddisfatti dell'esperimento riguardante il sito interattivo www.berlin-libro.it e i suoi numerosi contenuti extra?
In parte. Avremmo voluto fare di più. In futuro forse riprenderemo idee e intuizioni che non siamo riusciti a concretizzare con Berlin.
Le scritture a quattro mani incuriosiscono in modo particolare i lettori. Ci si chiede sempre come si dividano i compiti due autori e quali siano i problemi che possono nascere in una collaborazione così stretta come può essere quella che vi ha portato a scrivere ben sei libri insieme. Oggi ne siete soddisfatti? Cosa ha funzionato e cosa sarebbe potuto andare meglio in questa esperienza?
È stato tutto molto naturale. È una collaborazione che ha superato le nostre più rosee aspettative. Il metodo di lavoro è stato piuttosto semplice: insieme progettavamo ogni dettaglio della storia e poi uno di noi si dedicava a scrivere un libro o una parte di esso, a volte una certa linea narrativa. Fatto questo, il testo veniva passato di mano, editato, rivisto, e poi rimandato indietro. E via così. Fino a non ricordarsi più esattamente chi aveva scritto cosa e a chi era venuta una certa idea. Siamo così soddisfatti di questa esperienza che andremo avanti a scrivere libri a quattro mani. Non subito però. Ora abbiamo bisogno di immergerci nei nostri immaginari privati.
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Lei, Geda, che in precedenza ha scritto libri per adulti, è contento di questa lunga incursione nel mondo della letteratura per ragazzi, che oggi è senz'altro un settore in forte crescita?
Sì. Molto soddisfatto. Al punto da dire che quella di Berlin non resterà un’incursione: la letteratura per ragazzi è ormai casa mia tanto quanto quella per adulti. Per me sono parti diverse di un tutto organico: adulti e ragazzi, fiction e non fiction mi appartengono e le curerò con lo stesso entusiasmo. Detto questo, mi lasci condividere un pensiero su quello che lei giustamente definisce un settore in crescita. È vero, lo è a livello di mercato, ma non per il numero di scrittori che scelgono di dedicarcisi. Tra i libri per ragazzi e giovani adulti candidati al premio Andersen quest’anno c’era un solo autore italiano (il bravissimo Guido Sgardoli). Tra quelli candidati al premio Mare di Libri neppure uno. E il premio Strega Ragazzi e Ragazze, a differenza di quello per adulti, ha sentito il bisogno di aprirsi agli autori stranieri, come a dire: in Italia non troveremmo abbastanza libri da candidare. Ma davvero? Ma perché? È un problema di quantità o di qualità? Ci sarebbe da discuterne a lungo. Io so solo che quando sento qualcuno che dice: Oh, a me piace scrivere! Mi viene subito da dirgli: Ma hai mai provato a scrivere per ragazzi? È difficile, è vero. Ma se ci riesci: che meraviglia!
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Per la prima foto, copyright: Ben White.
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