Bari, dove solo il popolino è colpevole
Può il popolo essere colpevole e non chi lo governa, quando in ballo c’è la tenuta legale di una città?
Ci poniamo questa domanda dopo che la arci famosa festa patronale barese, dedicata a San Nicola patrono di tutte le chiese ortodosse, è stata funestata, nell’ordine, da un tentato omicidio in centro e da un’ambigua rivolta da parte dei venditori abusivi e ambulanti di carne arrostita.
Fuori dalla Puglia, Bari è difficilmente accostata a città a densità criminale storica come Napoli, Catania e Palermo. Eppure, grazie ai fatti delle ultime due settimane il capoluogo pugliese assurge agli onori delle cronache camorristiche nazionali e il presidente del consiglio Matteo Renzi si spende per indirizzare un lungo messaggio di solidarietà al suo sindaco barese.
Detta così, la vicenda può essere rubricata come una delle tante storie di illegalità meridionale, quando invece il dibattito cittadino, quello politico e quello culturale, ha dell’inverosimile. Dove non si è spesa, o quasi, una parola l’anno passato sugli undici omicidi che hanno reso Bari seconda soltanto a Napoli per assassini di mafia nel 2015, il perbenismo cittadino pretende unità nel considerare il sottoproletariato piccolo e microcriminale il nemico numero uno, il capro espiatorio.
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L’amministrazione ne denuncia l’aggressività dopo averne però esaltato le doti culturali in una campagna elettorale orientata a guadagnare popolarità negli ambienti culturalmente più bassi, e dopo aver regalato loro, si fa per dire, un concertone di Gigi D’Alessio a fine anno.
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È emblematico di tale brutta fase barese questo modo di fare, tipico dei luoghi in cui il voto dei più poveri – che sono anche i più corruttibili – è necessario a tenere in piedi maggioranze che dicono di muovere guerra alle mafie ma che cavalcano le abitudini sottoculturali pur di non parlare di fatti criminali ben più gravi.
Tanto è vero che la concreta battaglia politica antimafia barese – e pugliese in genere – s’è appiattita sulla ricerca di una destinazione d’uso per i beni confiscati alle cosche, cosa ancora più grave a Bari dove l’assessore con delega agli immobili confiscati viene da una lista civica dove era candidato Francesco Laraspata, figlio di un capoclan liquidato col piombo anni fa.
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E allora ecco che, a discapito della ragione, ad aver torto su tutto è solo il popolino irregolare, lo stesso che delinque ogni santo giorno alla luce del sole ma che viene considerato un insulto al decoro cittadino soltanto quando deve passare la statua del Santo Patrono.
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