“Augustus” di John Williams, un imperatore tra Roma antica e tempi moderni
Augustus è il romanzo dello scrittore americano John Williams, scritto nel 1972, e che l'anno successivo ricevette il National Book Award.
Di recente è stato di nuovo pubblicato da Fazi Editore con la traduzione di Stefano Tummolini.
L'immaginazione al servizio della storia
Williams, pur basandosi su fatti realmente accaduti, ci dice chiaramente di aver invertito l'ordine di qualche evento e di aver inventato dei personaggi. Tutto questo non solo per colmare alcune lacune storiche, ma anche per poter creare una trama rispondente alle sue esigenze.
L'immaginazione, quindi, è messa al servizio della storia, facendo di questo romanzo (un mix tra l'epistolare e lo storico) non un mero elenco di date e avvenimenti, ma un testo in cui il lettore riesce a calarsi appieno in ciò che viene raccontato.
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L'intento dell'autore, infatti, era quello di rappresentare un imperatore, Ottaviano Augusto, in modo diverso da quello che oggi potremmo intendere. Possiamo senz'altro affermare che, accanto agli aspetti legati al potere, all'autorità che da questo scaturisce e al rango sociale elevato di cui egli faceva parte, ci sono sempre quelli legati alla psicologia del personaggio.
Lo scrittore dà una visione personale di tutto ciò, e riesce per questo a darci quel qualcosa in più, tanto che il semplice resoconto dei fatti non avrebbe sortito lo stesso effetto.
I dialoghi e i pensieri dei protagonisti sembrano così reali e calati nell'epoca in cui vivono che ci portano a pensare che si siano svolti davvero come l'autore ce li presenta.
Anche chi non è appassionato del genere, o del periodo della Roma imperiale, può sicuramente trovare dei punti d'interesse, se spinto dalla curiosità.
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La vicenda è ambientata in una Roma dominata dal potere di Giulio Cesare, ma in un periodo particolare della Repubblica, segnato da scontri e transizioni verso una forma di governo più accentratrice.
Siamo nel 45 a.C. e di lì a poco Giulio Cesare verrà assassinato per mano di un gruppo di senatori conservatori che non approvavano le sue idee di cambiamento (si tratta, come sappiamo, di Bruto, Cassio e Decimo).
La trama si sviluppa attraverso una serie di lettere scritte dai personaggi vissuti realmente in quegli anni, ognuno dei quali esprime il proprio punto di vista sulla politica, le guerre e l'ascesa al potere di Ottaviano Augusto, pronipote e figlio adottivo di Giulio Cesare.
Ne risulta un romanzo piuttosto corale, dove le singole identità e voci riescono a caratterizzare bene gli amici e i nemici di questo giovane sovrano.
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L'autore offre molto spazio ai fedeli di Ottaviano, come Mecenate e Marco Agrippa, quest'ultimo il punto di forza del suo esercito e del futuro impero.
All'inizio del romanzo è molto presente anche l'influenza della madre che, preoccupata dopo l'uccisione di Cesare, vorrebbe allontanare il figlio dai tumulti di Roma.
Questa prima parte ci presenta, però, un Ottaviano diverso da quello che gli altri si aspettano. I nemici di sempre, Marco Antonio, Bruto, Decimo, Cassio e i senatori della Repubblica lo considerano quasi uno sprovveduto, un giovane alle prime armi non all'altezza di guidare una città come Roma.
Attraverso la stima e la solidarietà dei suoi amici, però, Ottaviano riesce a stupire tutti dando prova di grande saggezza e furbizia, dimostrando di saperne in fatto di strategia, sia politica che militare.
Le vicende si susseguono poi tra scontri, morti, nascita di figli e matrimoni, fino al declino del celebre imperatore.
Quello che ne risulta è uno sguardo approfondito su Ottaviano-persona, l'uomo prima di tutto e non il sovrano: un giovane trovatosi presto ad avere un grande potere in mano, ma anche grandi responsabilità (politiche e familiari).
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Il suo percorso di ascesa va di pari passo con il carattere di uomo determinato, ma presenta dei momenti non rari di solitudine, apprensione e umanità che forse veramente sono appartenuti all'imperatore.
Il lettore non potrà che rimanere positivamente colpito dalla trama tessuta da John Williams, per tutto quanto fin qui descritto e anche per quei piccoli episodi di normalità e leggerezza inusuali per un “Augustus”.
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