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Aspettando l'Oscar: intervista a Giusi Merli interprete della Santa ne “La grande bellezza”

La grande bellezza, Paolo Sorrentino«Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non ci è riuscito: dovrei riuscirci io?» confessa, nel bel mezzo di una festa, Jep Gambardella, il protagonista de La grande bellezza del regista Paolo Sorrentino.

La grande bellezza è un film sulla crisi di identità, sulla ricerca delle proprie radici. E la Santa apre una porta al protagonista e quindi al racconto cinematografico. Il personaggio, seppur secondario, guida le sequenze che portano alla risoluzione del conflitto drammatico impostato fin dall'inizio. In due parole il personaggio della Santa impreziosisce il film; anche perché ben costruito e ottimamente interpretato da una brava Giusi Merli, che Sul Romanzo ha intervistato.

Come è avvenuto l'incontro con Paolo Sorrentino?
È stato fin dall'inizio molto bello. Ero tranquilla: né piena di bramosia, né con ansia da prestazione. Ero già contenta di conoscerlo e forse proprio per questo è andata bene.
Mi chiese più volte di ripetere una battuta, quella che la Santa dice a Dadina nella scena della cena. Continuava a chiedermi di essere stanchissima, sempre più stanca e io lo facevo. Poi disse di girarmi e guardarlo lucida e consapevole, mentre lui mi riprendeva con una piccola telecamera. A quel punto fece un sonoro sospiro, come quando una cosa ti colpisce fortemente; e così mi fu chiaro che gli piacevo.
Una corrente di simpatia immediata, anche con la casting, Annamaria Sambucco, che era presente. Quando voleva che facessi qualcosa, mi diceva:«Signora, posso chiederle di ...» e io rispondevo: «tutto quello che vuole». Questo per almeno tre volte, alla quarta mi disse: «Signora non mi dica più così altrimenti le chiedo soldi». Io ho steso le braccia sul tavolo (ero seduta a una scrivania davanti a lui) e ho aperto le palme voltate in su, lui ha capito l'invito ed ha appoggiato le sue mani sulle mie, io gliele ho strette. E mi è venuto spontaneo di dire: «Questo film sarà bellissimo e avrà tanta fortuna sopratutto se prende me, perché, vede, io sono buddista, e pratico per sostenere la vita e se lei sostiene me, la vita sosterrà lei». Pensavo che mi avrebbe presa per matta, invece molto seriamente ha detto: «Grazie, non conosco il buddismo».

Vi siete incontrati di nuovo dopo quel primo provino?
Sì, perché pensava che fossi troppo giovane per il ruolo. Mi ha voluto vedere altre due volte, alla terza mi ha fatto fare un trucco che è durato quasi cinque ore: a quel punto disse che ero brava e perfetta con il trucco, ma la voce era ancora troppo giovane. Mi chiese di lavorare sulla voce e alla fine – da delizioso giocherellone che è  – concluse «Via bisognerà che ti dia la parte, se proprio la vuoi!»
È stato bellissimo lavorare con lui e anche con tutta la troupe:un gruppo di uomini e donne innamorati del lavoro, di quel lavoro.

Quali emozioni ti ha evocato il ruolo della Santa?
Ero contenta di fare un personaggio così fuori dal comune. Paolo mi disse che la Santa, ovvero Suor Maria, era un tipo di persona che sta nel suo mondo e che può dire cose profondissime senza quasi rendersene conto.
Questo mi fece pensare a un racconto di Dino Buzzati, La boutique del mistero, nel quale si parla di un Santo, San Gancillo, ingenuo e vicino agli animali, proprio come Suor Maria. Quindi sono andata a cercare dentro di me queste cose: il mio puer interiore le conosce bene.

Quale lavoro attoriale c'è stato per interpretarla?
Dietro i suggerimenti semplici e precisi di Paolo ho tirato fuori il sorriso durante il soffio che fa volar via tutti gli uccelli, di cui la Santa conosceva i nomi di battesimo.
Per stare tutta rattrappita e un po' bambina, che dondola i piedi seduta sulla grande poltrona, pensavo a mia madre negli ultimi anni della sua vita.
Per la salita della Scala Santa devo dire che il dolore era un po' vero, perché salire con le ginocchia nude mi faceva male veramente e allora pensavo a cosa avrei potuto fare se avessi avuto un grande scopo e il mio corpo non rispondesse; così ho usato tutto il mio corpo, testa compresa… mani che sollevano le gambe, un respiro che viene dalle viscere, come un animale che lotta per la vita, fino alla fine: in questo mi ha aiutato tanto Paolo che mi diceva di non fare una voce da bambina, ma più profonda come un animale.
In quanto alla voce, la specie di dentiera che avevo, mi ha aiutato molto a creare una voce più interna e che esce con difficoltà.

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Giusi MerliNon è la prima volta che interpreti un ruolo che ha una forte impronta spirituale e che permette al personaggio principale una crescita…
Devo dire che non ho interpretato altri ruoli di monache o di religiose, posso solo affermare che la presenza di suor Maria e le sue parole sulle radici e sulla povertà hanno fatto fare un salto di qualità a Jep Gambardella.
La Santa è stata portatrice di trasformazione e rinascita, un po' come il personaggio de La Barbona che ho interpretato nel film di Giuseppe Bonito, Pulce non c'è, tratto dal libro di Gaia Rayneri.
Lì questa barbona me la sono vissuta come una specie di angelo annunciatore di buona novella nei confronti della giovanissima protagonista.
Anche in questo caso, faccio un sorriso particolare come una luce che viene dal buio, che appare e subito ritorna nel buio.
Posso anche dire che interpretare esseri che sono come delle levatrici di trasformazione mi piace molto, è quello che tento di fare nella vita quando riesco a parlare a qualcuno della mia pratica buddista, che è un pratica di grande trasformazione interiore.

Essere stati a Cannes e oggi addirittura si può pensare a un Oscar
I giorni del Festival Cannes sono stati molto divertenti e piacevoli.
Molto emozionante … vedere il film per la prima volta lì nella grande sala Lumière … poi i nove minuti di applausi con la gente in piedi … non li dimenticherò certamente!
Al photo call mi son proprio divertita con i fotografi che come matti urlavano i nomi di Carlo, Tony, Paolo, Sabrina per farli girare.
Il mio nome no, naturalmente, ma era cosi folle il tutto, un po' la fiera delle vanità.
Sul red carpet, poi, mi sembrava di essere Alice nel paese delle Meraviglie.
Non so se sarò portata a Hollywood. Ma auguro a Paolo tanta fortuna. Sarei dovuta andare a fare la madrina del film a Berlino perché è stato premiato dall'EFA, ma con mio sommo dispiacere proprio in quel giorno, il 7 dicembre, sarò a Pistoia con il Re Lear di Shakespeare… il mio regista è stato irremovibile: non poteva rinunciare a me, ha puntato sul fatto che Re Lear è interpretato da una donna e quindi …


Ringraziamo e salutiamo Giusi Merli, augurando a lei e a Sorrentino che un film, che cerca le radici di una vita, possa guidare gli spettatori nei meandri più riposti di se stessi.

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