Aprirsi con coraggio alla vita. “La misura imperfetta del tempo” di Monica Coppola
La misura imperfettadel tempo (Las Vegas Edizioni) è l’ultimo romanzo della scrittrice torinese Monica Coppola, dopo il brillante esordio del 2015 con il libro Viola, Vertigini e Vaniglia (BookSalad).
Una storia dove al centro ci sono ancora una volta le donne ma, a differenza del primo volume, i toni sembrano essere più cupi, come suggerisce anche il sottotitolo Tutto invecchia, tranne la verità.
Un romanzo al femminile, dunque, tre protagoniste con età e abitudini differenti, compromesse però da uno stretto legame di parentela che non possono ignorare: Zita, Lara e Mia sono rispettivamente madre, figlia e nipote.
I rapporti fra loro, tuttavia, sembrano essere deteriorati da un segreto molto importante, che si nasconde dietro la nascita di Mia e che ha modellato il passato e il presente di tutte. Proprio per questo nessuna delle tre ha il coraggio di rivelarsi fino in fondo all’altra né tantomeno di affrontarne le conseguenze.
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Lara, la figlia di Zita, è una fredda quarantenne all’apice della carriera lavorativa, che, subito dopo la nascita della sua bambina, si è allontanata dalla famiglia per inseguire i suoi sogni. Mia, sua figlia, è una complicata ragazza che preferisce la solitudine del suo piccolo appartamento a qualsiasi rapporto umano, compreso quello con la madre, che è stata assente per tutta la sua esistenza. Zita è la nonna che ha cresciuto entrambe: con la figlia Lara il rapporto è di pura circostanza, mentre con la nipote Mia è caratterizzato da un affetto quasi morboso.
Tre voci diverse e affascinanti, delicate e potenti, che l’autrice fronteggia molto bene, rendendole verosimili, reali, talmente vicine al lettore che si prova subito la sensazione di conoscerle da sempre.
«La nonna starà benissimo» puntualizzò, osservando le creme schierate sulla mensola. «Ti stai preoccupando per niente.»
«Sai, penso che nella vita ho avuto una grande fortuna» disse sua figlia nello stesso istante in cui lei sceglieva l’hamamelis. «Non ti somiglio per niente.»
Fine della telefonata.
Lara svitò il tappo e iniziò il massaggio con movimenti circolari sempre dal basso verso l’alto. La crema le scivolò addosso, densa come il silenzio. »
Il punto di vista di Lara descrive in pieno la crisi della maturità, quel momento in cui si è riusciti a ottenere molto dalla vita, ma altrettanto ci si ferma a pensare se quel molto rappresenta davvero quello che era importante ottenere. Mia rappresenta invece il disagio giovanile nelle sue sfaccettature, una ragazza che a soli ventidue anni ha smarrito ogni fiducia nel genere umano, che vorrebbe dare una sferzata alla sua esistenza ma è come se viaggiasse costantemente con il freno a mano tirato. Il punto di vista di Zita ritrae invece la nonna che tutti vorremmo avere, con la sua pacatezza, la sua ironia, ma anche una persona che, nonostante i problemi, non ha perso la voglia di vivere.
Tre donne che incarnano benissimo le difficoltà di gran parte del popolo femminile della stessa età, e nelle quali è molto facile identificarsi.
Ma non sono solo le protagoniste che fanno di questo romanzo di Monica Coppola davvero un buon libro da leggere: i dialoghi funzionano benissimo, rappresentano il muro portante della storia, così come le ambientazioni, una Torino di periferia descritta in pochi abili tratti, e anche il dialetto depositato qua e là, le manie, le abitudini dei protagonisti che scandiscono il tempo, come ad esempio il Colonello che in TV dà le previsioni del tempo, un continuo gancio con il mondo reale che rende verosimile la storia.
Andando avanti con la lettura, presto si capisce che il vero tema di questo romanzo è quello di riuscire ad aprirsi nuovamente alla vita, dopo avere provato un grande dolore.
Le tre donne infatti, sebbene in maniera diversa, sono chiuse nel loro guscio di incertezze e di sofferenza che le mette in relazione e le allontana allo stesso tempo, e che fa loro vivere una vita a metà, priva di quel guizzo vitale scomparso da qualche parte durante il cammino.
Le dinamiche familiari sono affrontate sempre con molta sensibilità e a volte con un’ironia depositata lì, al momento giusto, come succede anche nella vita reale.
«Però aspetta, adesso fammi trovare prima le ciabatte, dove diavolo sono finite di nuovo. Dannate, che non le trovo mai. Si nascondono come le parole. Che pure quelle non trovo mai».
La consapevolezza, come l’ironia, sembra anch’essa presentarsi nei momenti più inaspettati. Zita, infatti, troverà un nuovo amore, che metterà in subbuglio sia la sua esistenza che quella della figlia e della nipote.
È la prima delle tre protagoniste ad aprirsi al cambiamento, a darne il via, e lo fa con immediatezza, con quella singolare capacità che hanno le persone anziane di lasciarsi tutto alle spalle, in un istante.
«[Zita] ripensava al messaggio che le aveva mandato sua nipote, se l’era fatto leggere da Lisetta perché quando comparivano ’ste bustine sul telefono lei non ci capiva niente. Ma invece Lisetta con la santa pazienza, pure se stava servendo il pandoro, aveva premuto di qua e di là, si era asciugata una lacrima prima che guastasse la crema e glielo aveva fatto leggere.
“Zita, perché non provi a chiamarla?”
Lo aveva fatto. Si erano parlate, un po’ impacciate tutte e due. E poi, una parola a metà dopo l’altra, erano andate avanti. Piano piano.
È così difficile dire ti voglio bene. Infatti non se l’erano detto.»
Monica Coppola ha scritto un libro che si fa leggere, che funziona, che arriva al cuore delle cose.
L’autrice è davvero brava a mostrare come sia importante porgere l’altra guancia alla vita, e lo fa senza mai tradire la caratterizzazione dei suoi personaggi: il loro cambiamento è graduale, credibile, verosimile.
E infine dimostra come una metamorfosi può anche risultare dolce, un peso che si può condividere con il prossimo: affidarsi agli altri può aiutare a superare ostacoli enormi.
Ecco che, dopo lo sconvolgimento iniziale, Zita ritrova un nuovo equilibrio, Mia riscopre l’amicizia, e la vita di Lara diventa più leggera grazie a un improbabile gruppo di terapia.
Le protagoniste, in maniera diversa, impareranno a fare un passo oltre le loro paure. Una decisione che prenderanno singolarmente, ma che le aiuterà a riavvicinarsi come madri e figlie, e riscoprirsi come donne, come esseri umani. Questo parallelismo a più voci, che l’autrice mostra senza mai cadere nel banale, dona al volume profondità ed emozione, e prova come a volte sia sufficiente un piccolo passo, perché la vita in automatico si predisponga bene nei nostri confronti.
«Si erano augurate buonanotte, l’abbraccio incerto di chi vorrebbe stringere di più, ma non lo fa perché ciò che è fragile va maneggiato con cura. La porta della camera da letto si era chiusa come un sipario: fine del loro primo atto insieme.
Mia si era stesa sul divano, i piedi a penzoloni, i pensieri anche. Un passato sottovuoto da lasciare chiuso o da scartare come un regalo per fare entrare ossigeno e trasformarlo in presente. Un futuro con finale a sorpresa.»
Allora tutto diventa possibile, e si scopre che l’anello mancante per raggiungere la felicità era sempre stato lì, occorreva solo un punto di vista diverso per scoprirlo.
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Un libro che si legge velocemente, che non ha paura di mostrare sentimenti, nel bene e nel male, che va fino in fondo restando fedele ai personaggi. Per tutti coloro che amano le storie famigliari, e che, anche nei momenti meno opportuni e favorevoli, hanno ancora voglia di aprirsi con coraggio alla vita.
Per la prima foto, copyright: Kelsey Chance su Unsplash.
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