Aprimi con cura – Lettere di Emily Dickinson
I destinatari delle lettere di Emily Dickinson qui riportate (tratte da www.sappho.com e Classroom Electric) sono Susan Huntington e Thomas Wentoworth Higginson.
Susan Huntigton, successivamente Susan Dickinson dopo il matrimonio con Austin, fratello di Emily, fu una donna intellettualmente molto vivace, da cui Emily Dickinson trasse enorme ispirazione. La loro relazione si espresse soprattutto tramite un intensissimo rapporto epistolare visto da molti come una storia d’amore non avvenuta nella realtà. Le lettere di Susan a Emily furono distrutte dopo la sua morte e sopravvivono solo quelle di Emily.
Thomas Higginson era un colonnello, uomo di intelletto, abolizionista, difensore dei diritti delle donne, giornalista, fu il primo a leggere le poesie di Emily. Le giudicò molto belle e la incoraggiò a continuare, nonostante ravvisasse dettagli da ridefinire. Emily aveva scritto già centinaia di poesie ma non le aveva mai stampate. Non amava uscire di casa. Non incontrò mai Higginson nonostante questi la invitò caldamente a una sua lettura pubblica a Boston. Emily aveva 31 anni quando trovò il coraggio di chiedergli un parere.
***
Lettere a Susan Huntington
INIZIO DI GIUGNO, 1852
Stanno pulendo casa, oggi, Susie, e mi sono ritirata alla velocità del volo nella mia piccola camera dove trascorrerò con affetto, e con te, questa preziosa ora, la più preziosa delle ore che costellano i miei giorni svolazzanti, e a me così cara che darei qualunque cosa per riviverla.. Una volta andata, già singhiozzo perché ritorni nuovamente.
Non riesco a credere, cara Susie, di essere rimasta quasi un intero anno senza di te; a volte il tempo sembra breve, e il pensiero di te è ancora così caldo che sembra te ne sia andata ieri. E poi di nuovo, anche se anni e anni avessero percorso silenti il loro tragitto, il tempo sembrerebbe meno lungo. E adesso dovrei averti così presto, stringerti tra le mie braccia, perdonerai le lacrime, Susie, son così contente di uscire che non ho cuore di reprimerle e rimandarle a casa. Non so perché è così, ma c’è qualcosa nel tuo nome, adesso che sei stata portata via, che riempie così tanto il mio cuore e i miei occhi. Farne menzione non mi affligge, oh no, Susie, ma ripenso a ogni “posto al sole” in cui ci siamo sedute assieme, e temo che non ci saranno più momenti così. Credo che sia questo a far arrivare le lacrime. Mattie era qui ieri sera, e ci siamo seduti sullo scalino della porta d’ingresso, abbiamo parlato di vita e di amore, e ci siamo sussurrati le nostre fantasie da bambini riguardo cose colme di gioia. La sera è presto trascorsa, abbiamo camminato verso casa sotto la luna silente e abbiamo espresso desideri per te, e per il paradiso. Tu non sei arrivata, mia carissima, ma un pezzo di paradiso sì, o almeno così ci è sembrato, mentre camminavamo fianco a fianco, chiedendoci se tale beatitudine, che forse un giorno potrà essere nostra, può esserci in parte concessa adesso. Queste unioni, mia cara Susie, nelle quali due vite sono una, questa adozione tenerissima e bizzarra che possiamo solo osservare e non esserne ancora ammessi, oh, come può riempirci il cuore, e farlo battere all’unisono selvaggiamente. Oh, come ci travolgerà tutto questo un giorno, e ci farà di sua proprietà, e noi non scapperemo, ma saremo fermi e saremo felici.
11 GIUGNO 1852
Ho solo un pensiero, Susie, in questo pomeriggio di giugno, ed è il pensiero di te, e ho una preghiera, una sola: cara Susie, per te. La preghiera che tu ed io, per mano e “per cuore”, possiamo vagare come bimbe nei boschi e nei prati e dimenticare tutti questi anni, e queste preoccupazioni dolorose, e ognuna di noi diventare una bambina di nuovo. Io lo diventerei, Susie, e quando mi guardo attorno e mi vedo sola, sospiro per te di nuovo: un piccolo sospiro, un inutile sospiro, che non ti riporterà a casa.
Ho sempre più bisogno di te, il mondo diventa grande sempre di più, e quelli amati sempre di meno. Ogni giorno lontana da te mi manca il mio cuore più grande. Il mio cuore gironzola e chiama Susie. Gli amici sono troppo cari per separarcene, oh, ce ne sono talmente pochi, e manca così poco prima che se ne andranno via, dove noi non li potremo trovare. Non farci dimenticare queste cose, poiché il loro ricordo adesso ci risparmierà il tormento quando sarà troppo tardi amarli! Susie, perdonami Cara, per ogni parola che dico, il mio cuore è pieno di te, nessun altro che te è nei miei pensieri, tuttavia quando cerco di dirti qualcosa che non sia per il mondo, mi mancano le parole. Se tu fossi qui, oh se lo fossi, mia Susie, non avremmo bisogno di parlare affatto, i nostri occhi sussurrerebbero per noi. E la tua mano intrecciata con la mia, non chiederemmo di parlare un’altra lingua. Cerco di portarti più vicina, allontano le settimane finché se ne sono andate definitivamente, e mi immagino che tu arrivi, ed io sto venendo attraverso la verde via ad incontrarti, e il mio cuore corre da tutte le parti che ci vuole un trambusto tale per riportarlo al suo posto. Imparo a essere paziente finché quel giorno arriverà, Susie. Tre settimane non possono durare per sempre, per certo devono andare nella loro lunga casa a ovest assieme ai fratellini e alle sorelline.
Dovrei diventare sempre più impaziente finché arriverà quel giorno poiché finora sono stata solo in lutto per te; adesso inizio a sperare per te.
Cara Susie, ho seriamente cercato di pensare quello che ameresti io ti mandassi. Potrebbero essere le mie Violette, esse mi hanno implorato di lasciarle andare, perciò eccole, e assieme a loro in veste di Maestro, un po’ di erba cavalleresca che pure mi ha chiesto il favore di accompagnarle. Non sono esattamente piccole, Susie, e temo che non siano più profumate adesso, ma ti parleranno del calore dei cuori nella casa, e di qualcosa di fedele che mai si assopisce. Tienile accanto al tuo cuscino, Susie, ti faranno sognare cieli azzurri, la casa, e la “sacra nazione”! Io e te passeremo un’ora con “Edward” e “Ellen Middleton” quando sarai a casa, dobbiamo scoprire se laggiù ci sono cose vere e se ci sono, oh, quello che scopriremo!
Adesso ti devo salutare Susie, Vinnie ti manda i suoi saluti con affetto, e così la mamma, e io in aggiunta ti mando un bacio, timido, per paura che ci possa essere qualcuno! Non lasciare che vedano, lo farai Susie?
Emily
Perché non posso essere un delegato della grande convenzione dei Whig? Non so tutto di Daniel Webster, delle Tariffe e della Legge? Così, Susie, potrei vederti nella pause della sessione. Ma questo Paese non mi piace per niente, e non dovrei restare più qui! Delenda est America, il Massachussets, e tutto quanto!
Aprimi con cura
METÀ DEL 1860
Devi lasciare che io vada per prima, Susie, perché io abito nel Mare, sempre, e conosco la Strada. Sarei annegata due volte pur di non averti fatto affondare, mia cara. E se solo avessi potuto coprire i tuoi Occhi, così che non avresti mai visto l’Acqua.
1876, PIÙ O MENO
Susan, ti ho sognata la notte scorsa, e mando un Garofano per mostrare quanto è stato vero. Sorella da Ofir. Ah Perù! È così impercettibile il prezzo che ti può comprare.
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Lettere a Thomas Wentoworth Higginson
15 APRILE 1862
Mr Higginson,
è troppo occupato per potermi dire se i miei Versi sono vivi?
La mia Mente sta così attaccata a sé stessa, non è in grado di vedere, ed io non ho nessuno a cui chiedere.
In caso pensasse che essi hanno respirato, e se Lei avrà il tempo per dirmelo, io sentirò immediata gratitudine.
Se ho fatto degli errori, e lei avrà il coraggio di dirmelo, ciò susciterà un onore ancora più sincero nei Suoi confronti.
Le allego il mio nome, chiedendole, Signore, se potesse dirmi la verità. Se potesse non tradirmi. Non serve chiederlo, poiché nell’Onore dimora, il suo stesso pegno.
25 APRILE 1862
Mr Higginson,
la Sua gentilezza richiedeva una gratitudine più rapida, ma ero malata, e scrivo oggi dal mio cuscino.
Grazie per l’intervento chirurgico, non è stato così doloroso come supponevo. Gliene porto degli altri, come ha chiesto, sebbene probabilmente non sono così differenti.
Quando il mio pensiero è spogliato posso farne una distinzione, ma quando li metto in un Vestito, sembrano tutti uguali, e tutti intorpiditi.
Ha chiesto quanti anni ho? Non li ho messi in versi, ma ne ho uno o due, fino a questo inverno, Signore.
Mi ha colto un terrore, lo scorso settembre, e non potevo dirlo a nessuno, e perciò io canto, come il Ragazzo fa accanto alla sepoltura, perché io ho paura. Chiede dei mie Libri, dei Poeti ho Keats e il Signor e la Signora Browning. Per la Prosa, il Signor Ruskin, Sir Thomas Browne e le Rivelazioni. Sono andata a scuola, ma secondo il Suo modo di intendere la frase, non ho ricevuto un’educazione. Da Ragazzina avevo un amico che mi ha insegnato che sono mortale, ma arrischiandomi andandogli troppo vicino, non è più tornato. Poco dopo, il mio Tutore è morto, e per molti anni le Parole sono state le mie sole compagne. Poi ne ho trovato un altro, ma non gli piaceva che fossi la sua discepola perciò ha lasciato la Terra.
Signore, lei mi chiede delle mie Compagne le Colline, del Tramonto e di un Cane, grande quanto me, che mio padre mi ha comprato. Sono migliori degli Esseri Viventi perché sanno ma non dicono, e il rumore nella Pozza, a Mezzogiorno, rende il mio Pianoforte eccellente. Ho un Fratello e una Sorella. Mia Madre non si cura del Pensiero, e mio Padre è troppo occupato con le sue Direttive per notare quello che facciamo. Mi compra molti Libri, ma mi prega di non leggerli perché teme che diano un sussulto alla Mente. Loro sono religiosi, io no, e ogni mattina si rivolgono a un’Eclisse che chiamano “Padre”. Ma temo che la mia storia possa stancarla. Mi piacerebbe imparare. Mi potrebbe dire come crescere o non si può esprimere, come la Melodia e la Stregoneria?
Lei parla del Signor Whitman, non ho mai letto il suo Libro, ma mi hanno detto che è stato un uomo scandaloso.
Ho letto Circostanza della signorina Prescott, ma mi ha seguita nel buio. Perciò l’ho evitata.
Due Direttori di Giornali sono venuti nella Casa di mio Padre, questo inverno. E mi hanno chiesto di mostrar loro la mia Mente, e quando io ho chiesto «Perché?» mi hanno detto che ero così gretta, e avrebbero usato questo per dirlo al Mondo.
Non potevo pesarmi, pesare me stessa.
La mia dimensione mi sembra minuscola. Ho letto i suoi Capitoli nell’«Atlantic», e ho sperimentato onore per lei, ero certa che non avrebbe respinto una domanda piena di fiducia.
Era questo, signore, quello che mi aveva chiesto di dirle?
La sua amica,
E. Dickinson
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