Applichiamo i principi cristiani all'omosessualità, ecco cosa accade
L’omofobia è una trappola. E non lo è nel senso che ti irretisce in una tagliola ferendoti a morte, ma perché dice di te più di quanto tu possa credere e desiderare.
E non dice solo che hai paura dell’omosessuale che c’è in te e che reprimi – spiegazione che, sebbene corretta in alcuni casi, risente di un’impostazione infantile della discussione; l’omofobia è una trappola perché ti chiude in un mondo dal quale non hai più via d’uscita, il mondo sorretto da argomentazioni sostenute con la forza lapalissiana di chi è convinto di avere dalla sua Dio (uno qualunque, non per forza quello cristiano, che poi è uguale a tutti gli altri, solo che ha avuto la furbizia di redimersi con il Nuovo Testamento) o la Natura, cioè un altro Dio a uso e consumo di chi dimentica che il primo passaggio per uscire dallo stato di minorità è proprio l’allontanamento dalla natura attraverso la civiltà perché, se oggi fossimo ancora in uno stato di natura (e non di diritto), l’omicidio di Melania Rea non sarebbe un omicidio, ma una tradizione.
I principi sono affermazioni fondative e se ci si appella alla natura senza calcolarne i rischi o si è ingenui o si è in mala fede. In entrambi i casi, questa sì che sarebbe una sconfitta dell’umanità, e non il via libera ai matrimoni tra persone dello stesso sesso arrivato dal referendum irlandese del 23 maggio scorso. No, in gioco qui non c’è l’umanità intesa in senso universale, come principio che, in quanto tale, esiste come la cavallinità rispetto ai cavalli, cioè una mera astrazione a uso e consumo di chi ama l’umanità ma non perderebbe tempo a cavillare se si dovesse organizzare una nuova crociata contro qualcuno (o chiunque), perché il fascino di un nemico titilla le coscienze clericali verso l’unità più della misericordia e dell’amore per i poveri.
Il riferimento ovviamente è a questa dichiarazione del cardinale Parolin, attuale Segretario di Stato di Papa Francesco I:
«Credo che non si può parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani, ma di una sconfitta dell’umanità».
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La trappola scatta proprio nel momento stesso in cui si apre la strada alla lamentatio e al disegno di futuri scenari potenzialmente distruttivi per l’umanità, perché parlare di sconfitta dei principi cristiani in Irlanda e ad opera degli Irlandesi è un po’ come giocare con la storia sperando che nessuno conservi memoria dei fatti.
Sostenere che quanto accaduto in Irlanda pochi giorni fa abbia decretato la fine dei principi cristiani equivale a dire che prima del 23 maggio 2015 tali principi erano vivi e ben piantati nel suolo irlandese, nonostante:
- 91 casi di abusi su minori perpetrati dal sacerdote cattolico Brendan Smyth;
- 2.500 casi di violenza negli istituti religiosi cattolici registrati tra il 1940 e il 1980;
- 100 accuse di abusi sessuali commessi da preti cattolici a danno di bambini tra il 1962e il 2002 a Ferns (Rapporto Ferns, 2005);
- 100 casi di bambini e bambine abusati da 26 sacerdoti cattolici irlandesi (riportati da Sex Crimes and Vatican, documentario della BBC);
- Il Rapporto Ryan (20 maggio 2009) abbia chiarito che «Violenze corporali e psicologiche e incuria erano tratti consueti delle istituzioni. In molte di esse, specialmente in quelle maschili, avvenivano violenze sessuali. Le scuole erano dirette in modo rigido e militaresco, imponendo ai bambini e persino al personale una disciplina irragionevole e oppressiva»;
- Il Rapporto Murphy (novembre 2009) abbia chiarito il ruolo della Chiesa irlandese nella copertura degli abusi;
- Il Rapporto Cloyne (13 luglio 2011) abbia rilevato che «due terzi delle denunce di violenze sessuali, commesse da religiosi a danno di minori nella diocesi, presentate alla Chiesa cattolica tra il 1996 e il 2009, non erano state inoltrate alla polizia irlandese, an garda síochána, come richiesto dalle linee guida della Chiesa del 1996» (Rapporto annuale 2012 – Amnesty International, Irlanda, edito da Fandango Libri).
Se tutto questo è vero, come effettivamente è risultato essere, e se è vero che i principi cristiani prima del 23 maggio 2015 erano ancora ben saldi in Irlanda, non possiamo che concludere che abusi e violenze rientrino tra i principi cristiani come sostenuti dalla Chiesa cattolica.
Questa è la trappola dell’omofobia, una gabbia che rinchiude il cardinale Parolin dentro le maglie della sua dichiarazione e ne svela la ragione ultima: nascondere il fatto che il voto in Irlanda è una reazione alla politica clericale di affossamento di principi cristiani condotto sistematicamente per 60 anni.
Se il gregge viene tradito dal pastore, allora è più che legittimo, oltre che lecito, attendersi che si rifiuti anche di ascoltarlo avendo questi perso credibilità.
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