"Apocalisse Z" di Manuel Loureiro
Fu George Romero a introdurre nell'horror cinematografico, nell'ormai lontano 1968, la figura dello zombie con il film La notte dei morti viventi: lo zombie, figura presente nella cultura etnica di Haiti per indicare un morto che non aveva pace, diventava su grande schermo un defunto per cause naturali o più spesso in seguito all'esperimento di turno che si risvegliava e diventava una inarrestabile macchina di morte, senza il fascino dei vampiri, che andava fermato perché altrimenti uccideva e contaminava con il suo morso. Una figura per l'orrore contemporaneo, specchio e metafora della paura della catastrofe nucleare, ma anche dell'omologazione a tutti i costi.
Da Romero in poi ci sono state molte storie di zombie, soprattutto al cinema, tutte improntate però allo stesso meccanismo di vicenda, il manipolo di superstiti che lotta contro l'esercito di morti viventi resi tale dall'esperimento governativo di turno, impegnati a non soccombere all'orda senza freni, come avviene anche in una delle più recenti variazioni sul tema, quella della serie televisiva The walking dead. Una critica che si può quindi fare, e che molti fanno, alle storie di zombie, è proprio quella di essere un genere molto legato a schemi predefiniti, incapace di inserire altre tematiche e variazioni sul tema, come è avvenuto, con risultati magari non sempre eclatanti, per vampiri, fantasmi e lupi mannari. Lo zombie è una macchina di morte e basta, il suo scopo sarà quello di contaminare e rendere più persone possibili come se stesso.
Detto questo, comunque, si può costruire una storia che funziona, e proporre, magari sempre negli schemi predefiniti di una storia di zombie, qualcosa di comunque avvincente, lavorando non tanto sulla trama ma sugli elementi aggiunti ad essa.
Nato come romanzo d'appendice elettronico sulle pagine di un blog, Apocalisse Z, del galiziano Manuel Loureiro, è raccontato in prima persona dalla voce narrante di un avvocato della regione spagnola meno mediterranea e meno nota: l'eroe suo malgrado della storia, tutto lavoro e casa con il gatto Lucullo, assiste pian piano al disfacimento del mondo attorno a sé, mentre la vicenda non risparmia colpi di scena, azione, suspense, paura. E la parola scritta, più efficace e più discreta dell'immagine visiva, dove spesso prevale l'effettaccio splatter a tutti i costi, risulta essere ben più avvincente di un film, a reinterpretare certo una storia forse già sentita, ma trattata in maniera originale e non scontata.
Mescolando le paure dell'oggi, a cominciare dalla mai risolta e spesso dimenticata questione cecena, all'ansia di sopravvivere ma anche di continuare a vivere senza perdere la propria umanità, e alla capacità di saper costruire un colpo di scena dopo l'altro, come facevano i grandi della letteratura popolare, Apocalisse Z è senz'altro avvincente per chi ama l'horror (magari non più solo in mano ai soliti numi tutelari) ma anche godibile anche per chi non è particolarmente appassionato, e cerca però una lettura d'evasione ma non scontata.
E il protagonista, molto umano nella sua solitudine e nel suo amore per il gatto, al quale sarà risparmiato il solito ruolo tragico che hanno nei film horror, non è un eroe ammazzasette, non è il solito cavaliere solitario pronto al sacrificio, ma è molto umano e molto reale. Come chiunque dei lettori, se si trovasse in una situazione del genere.
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