Antonio Gramsci: «Odio gli indifferenti»
A 125 anni dalla nascita, che ricorre oggi, Antonio Gramsci rappresenta tuttora uno dei pochi politici italiani che ha saputo parlare (e continua a farlo) alla coscienza della nazione.
Iniziamo questo speciale dedicato alla sua figura di intellettuale e politico con un estratto da Odio gli indifferenti, pubblicato da Chiarelettere e a cura di Davide Bidussa.
Odio gli indifferenti
Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.
L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costrutti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo.
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Politici inetti
Se l’uomo politico sbaglia nella sua ipotesi, è la vita degli uomini che corre pericolo, è la fame, è la rivolta, è la rivoluzione per non morire di fame. Nella vita politica l’attività fantastica deve essere illuminata da una forza morale: la simpatia umana; ed è aduggiata dal dilettantismo, così come fra gli scienziati. Dilettantismo che è in questo caso mancanza di profondità spirituale, mancanza di sentimento, mancanza di simpatia umana. Perché si provveda adeguatamente ai bisogni degli uomini di una città, di una regione, di una nazione, è necessario sentire questi bisogni; è necessario potersi rappresentare concretamente nella fantasia questi uomini in quanto vivono, in quanto operano quotidianamente, rappresentarsi le loro sofferenze, i loro dolori, le tristezze della vita che sono costretti a vivere. Se non si possiede questa forza di drammatizzazione della vita, non si possono intuire i provvedimenti generali e particolari che armonizzino le necessità della vita con le disponibilità dello Stato. Si scaglia un’azione nella vita: bisogna saper prevedere la reazione che essa sveglierà, i contraccolpi che essa avrà. Un uomo politico è grande in misura della sua forza di previsione: un partito politico è forte in misura del numero di uomini di tal forza di cui dispone.
***
Tutto va bene [Illusionisti e illusi]
Quanti illusionisti in questo mondo:
Illusionisti quei diplomatici i quali, soltanto perché prendono grandi arie, lasciano capire che fanno grandi cose.
Illusionisti quei politicanti i quali, come cantava Figaro, fingono d’ignorare quel che sanno e di sapere quel che ignorano, si chiudono a doppie porte per meditare sul giornale, si atteggiano a profondi quando non sono che vuoti, pagano dei traditori o intercettano delle lettere, cercando poi di nascondere le bassezze dei mezzi sotto la nobiltà dei fini.
Illusionisti quegli strateghi di salotto e di redazione, i quali si dicono soldati perché hanno sempre vissuto lontano dal fronte.
Illusionisti quei censori governativi i quali credono di sopprimere i fatti perché ne imbiancano l’espressione.
Illusionisti quegli imbottitori di crani i quali gridano che tutto va bene, anche quando gli affari vanno male.
Illusionisti quei mercanti di sciovinismo i quali si battono eroicamente nelle trincee del più sicuro retrofronte e poi dicono noi parlando dei veri soldati.
Illusionisti quei reazionari democratici i quali credono di sopprimere l’azione socialista con un decreto legge e somigliano a quel mentecatto che s’illudeva di punire il mare frustandolo.
Segui il nostro speciale Antonio Gramsci, a 125 anni dalla nascita.
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